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Visualizza Versione Completa : Wild west By Ronfo (What else?)



Ronfo
11-08-2016, 13:45
Report lunghetto ma 12 giorni così sono intensi ... e veramente indimenticabili.

Il giro si svolge partendo e arrivando in Colorado, attorno al Wyoming, toccando Utah, Idaho, Montana e South Dakota per un totale di circa 3600 km in 12 giorni di sella.
Ho fatto ovviamente una montagna di foto e ne ho selezionate un po’ ma mi rendo conto che possono dare solo un’idea molto ristretta degli spazi vastissimi che abbiamo attraversato.
Il gruppo era composto da 10 moto e 19 persone provenienti dalla Francia, Svizzera e Italia (solo io e mia moglie) più una guida con pickup per il bagaglio grosso.
Tre dei francesi provenivano dalla Réunion, isoletta sperduta nell'Oceano Indiano nei pressi del Madagascar e si sono dimostrati ottimi motociclisti.
Cinque Ultra Limited, una Softail Heritage Classic e tre Road King tra cui il nostro.
La mappa è indicativa e le strade realmente percorse sono riportate giorno per giorno.
Il periodo è stato dal 23 luglio al 6 agosto 2016.

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Giorno 1
Dopo un lungo volo con due scali, uno a Parigi e uno a Charlotte, arriviamo a Denver, città di notevoli dimensioni con un’ aeroporto moderno e affollatissimo.
Denver è situata ai piedi delle Montagne Rocciose a ben 1600 m e ha oltre 600.000 abitanti.
L’area urbana supera i 3 milioni di abitanti e questo la dice lunga sul fatto che usciti dalla zona abitata ci si senta molto isolati.
Il Colorado infatti ha circa 5 milioni di abitanti su di un territorio poco inferiore all’Italia e più di metà vivono qui a Denver.
Il l nostro pensiero è già a domani quando ci consegneranno le moto.

Giorno 2
Dopo un briefing con la guida arriviamo in navetta al concessionario Harley Davidson Mile High.
La guida ci fa ancora mille raccomandazioni sui comportamenti da tenere, gli speed limit, gli strani stop a precedenza del chi primo arriva.
Ci raccomanda insomma di non fare gli asini e di evitare di farsi venire a prelevare nella cella dello sceriffo della contea di turno.
Il viaggio si svolgerà senza una guida vera e propria e senza navigatore.
Le tappe saranno di circa 70 miglia.
La guida disegnerà su di una lavagnetta lo schema del percorso con numeri delle strade, miglia approssimative agli incroci e punti interessanti, poi via, in gruppo oppure ognuno per sé.
Ci vengono consegnate le moto.
Avevo chiesto un’Ultra come la mia per non avere sorprese ma mi viene assegnato un Road King che accetto come una esperienza interessante e un’occasione di conoscere più a fondo un altro tipo di Harley.
Viste le zone ventose che attraverseremo faccio smontare il parabrezza che, a parte la condizione di vento frontale o posteriore, rende la moto piuttosto imprecisa quando il vento è laterale.
Anche le gocce di pioggia che si fermano su di un parabrezza così alto, rendono la guida difficile e comportano la necessità di pulizie varie.
Un parabrezza più basso non me lo vogliono montare per ragioni di sicurezza-protezione e me lo smontano solo perché lo chiedo io espressamente.
Magari prenderò un po’ d’acqua in faccia ma siamo in estate e non sarà un problema.
Lo verificherò molto spesso sugli altri RK con parabrezza che con vento laterale avranno una traiettoria piuttosto oscillante e imprecisa.
Monto in sella e subito riprovo la sensazione delle mie prime moto senza schermi o bat.
Nonostante sia convinto dell’utilità del bat devo dire che la vista è stupenda: un vero ampio schermo ad alta definizione e il grosso faro cromato che spunta come la testa di un grosso insetto.
Bellissimo.
La tappa di oggi è breve, 220 km, un po’ di strade trafficate come la 72West, e poi tuffo quasi immediato nell’universo verde del Rocky Mountains National Park attraverso la 36West e la mitica Route 34 che sale in mille curve sulle Montagne Rocciose e attraversa l’Iceberg Pass, quello che dovrebbe essere il colle più alto degli USA a 3700 m di quota.
Non fa freddo come mi aspettavo pur se il tempo non è bellissimo e alterna schiarite a piccole piogge.
La guida ci dice che è normale e proprio lassù arriviamo alla Rainbow Curve con immancabile arcobaleno.
Per chiamare così una curva bisogna che in effetti piova spesso.
Alcuni scoiattolini vengono a chiedere un po’ di cibo ma è vietato dargliene.
La strada è bellissima, senza i nostri orrendi guardrail, il fondo ottimo e la velocità ridotta.
Il panorama è immenso con valli larghissime e cime innevate a perdita d’occhio ma non così belle come le nostre Alpi
Scendiamo tra magnifiche foreste e valloni a Grand Lake incontrando anche un grosso cervo maschio e numerose femmine.
Grand Lake è un paesotto di montagna a 2600 m con circa 500 abitanti ma offre molti Lodge tra i quali il nostro Gateway Inn.
Passiamo la serata con il solito hamburger, patate fritte e birra ascoltando un gruppetto country che ulula alla luna sul terrazzo.

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Parco delle Montagne Rocciose, la Rainbow Courbe
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Giorno 3
Durante la notte, sotto la nostra finestra al piano terra, un orso ha rovesciato un bidone facendo un chiasso infernale.
Quando ho sollevato la tapparella pensando a qualche cane è scappato.
Il mattino dopo il gestore del lodge ha alzato gli occhi al cielo dicendo tra i denti “piece of crap” indirizzato all’orso con il quale deve avere da tempo rapporti piuttosto tesi.
Oggi non si scherza, tappa lunga oltre 400 km tra zone desertiche e qualche colle di montagna, come il Rabbit Pass a 3000 m, sulla route 40 che ci porterà anche domani fino a Salt Lake City.
Facciamo una sosta nella caratteristica cittadina di Steamboat con una via centrale molto western in cui si trovano molti negozi e locali bar.
L’origine del nome Steamboat in una zona senza grandi corsi d’acqua si fa risalire ad un paio di esploratori un po’ tontoloni che dalle montagne videro nella valle una colonna di vapore e pensarono di essere giunti al Mississippi con i suoi battelli.
L’ambiente si fa sempre più desertico man mano che ci avviciniamo allo Utah e la strada è una sequenza di rettilinei e curvoni senza fine tipici dei film on the road americani
Il caldo comincia a farsi pesante e il vento del deserto soffia contrario e fastidioso.Viaggiamo sulle 70 miglia orarie che con il vento contrario diventano 80 e la spinta aerodinamica su braccia e casco per tempi così lunghi mi fa rimpiangere il bat o il parabrezza.
Entriamo nello Utah e, in fine, prendiamo una strada secondaria, la 149, che ci porta ad un sito molto interessante, il Dinosaur National Monument.
In questa zona tal professor Douglas nel 1909 scoprì che in tempi lontani milioni di anni, un fiume aveva avuto una piena colossale e aveva trascinato per centinaia di chilometri animali vivi e morti seppellendoli tutti in una specie di enorme lago di fango.
Iniziò a scavare e un po’ per esperienza e un pò per chiulo trovò il sito di Vernal dove vennero selezionate oltre 500 specie di dinosauri.
Una vera miniera e mi immagino il sorriso a 36 denti dello scienziato.
La nostra meta è Vernal una cittadina di circa 10.000 abitanti posta ad una quota di 1600 m dove potremo riposare allo Springhill Suites.
Con mia sorpresa continuiamo a viaggiare ad una quota considerevole e questo aiuta a contenere la calura.

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Un magazzino di abbigliamento western a Steamboat
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Il Prof. Douglass
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Giorno 4
Oggi tappa media di circa 300 km. Raggiungeremo Salt Lake City, la capitale dello Utah.
Il tempo sembra essersi messo al bello già da ieri e cerchiamo di approfittare del fresco del mattino.
La Route 40 si inerpica nuovamente in montagna e attraversa boschi e valli salendo al Creek Pass a 2900 m.
In una sosta facciamo quattro chiacchiere con un gruppetto di motociclisti americani, tutti senza casco.
Stanno facendo un giro lunghissimo verso il sud.
Vengo a sapere che uno di loro, tal Allan Wolford, di Providence (Utah), è un preparatore di Big Twin e che se gli mando la mia moto con uno stage 9 o 10 me la porta a 130 o 140 HP e posso così entrare nel club 130 o 140 di cui lui porta la patch cucita sul gillet.
Quando ci separiamo fa una partenza con la sua Ultra scaricando i 140 HP e sembra un dragster.
Discesi dalla zona montana lasciamo la Route 40 e per la 35 superiamo Tabiona poi con la 34 costeggiamo il Lago di Jordanelle verso Park City e quindi per la 80 raggiungiamo finalmente Salt Lake City in un caldo infernale da liquefarsi ai semafori.
Ora ringrazio il RK tutto aperto!
Ci fermiamo presso la locale concessionaria Harley dove posso ammirare una bellissima Duo Glide degli anni 60 perfettamente restaurata.
Ci rilassiamo finalmente nel bell’Hotel Little America e abbiamo tempo di fare un giro in città.
La bella sorpresa è che proprio davanti all’hotel passa una linea di tram gratuita che attraversa tutta la città.
Salt Lake city, 200.000 abitanti e posta a 1300m, è la capitale dello Utah e dei Mormoni, protagonisti della leggendaria migrazione religiosa.
Qui tutto è straordinariamente pulito ed efficiente ma si respira un’aria da religione spinta un po’ opprimente.
Il tempio dei Mormoni è una costruzione di fine 800, austera, che ricorda una cattedrale vagamente gotica.
Contrariamente a quanto ci si potrebbe aspettare il tempio non è una chiesa per funzioni tradizionali che si svolgono invece in altri siti, ma un fabbricato che contiene, su più piani, sale di riunione, fonte battesimale e anche alloggi per funzionari vari.
Nel tempio si svolgono la vita politica e religiosa che per i mormoni coincidono.
In un’ edificio adiacente si può consultare un data base immenso che fornisce notizie sulle persone immigrate anche risalenti di varie generazioni.
Ceniamo in un ristorante brasiliano dove la carne fatta allo spiedo è distribuita senza sosta da camerieri che girano con lo spiedo in mano e la birra scorre.

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Il club 140 HP
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Il tempio dei Mormoni
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Il monumento a Joseph S fondatore dei Mormonimith
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Giorno 5
La tappa di oggi è bella tosta e ci porterà in 430 km fino a Jackson Hole alle porte dei grandi parchi di Grand Teton e Yellowstone.
Per uscire da Salt Lake City percorriamo un tratto della US39, autostrada a 4 corsie affollatissima dove tutti vanno allegramente oltre le 80 miglia e mi trovo spesso incastrato tra camion giganteschi che vanno come pazzi e sorpassano anche sulla destra: infernale!
Fortunatamente ne percorriamo solo 40 miglia e poi usciamo su di una strada panoramica molto bella la 39Est verso Huntsville e poi in direzione Montecristo (!) su di un tratto segnalato come Scenic Road che sale fino a 2600 m.
Scendiamo poi in un paesaggio che ridiventa sconfinato arido e desertico con infiniti rettilinei.
Tramite la 16N entriamo nell’Idaho e ci fermiamo a pranzare in un saloon a Paris, al Café de Paris, un buco dove con 20 motociclisti vanno in palla e quasi nessuno riesce ad avere quello che ha ordinato!
Sembra di essere in Francia perché ci dirigiamo verso Montpellier sulla bella 89Nord che sale tra curve e boschi lungo il tortuoso Snake River a Jackson Hole, la meta di oggi nel Wyoming.
E’ terra di Cowboys e il paese, a forte vocazione turistica vacanziera, risponde in modo a volte esagerato a tutti i cliché del Far West con vari saloon e magazzini che vendono di tutto, dagli speroni agli amuleti indiani ai cappelloni.
La cosa più kitch sono i monumenti fatti con corna di cervi.
Jackson Hole, città di origine di Harrison Ford e Sandra Bullock , ha una popolazione di circa 10.000 abitanti ed è situata a 1900 m.
La temperatura ora è molto più piacevole anche se dalle nostre parti l’aria dei 1900 m è decisamente più fresca.
Mangiamo da un Messicano, che, come la maggior parte dei piccoli punti di ristoro, non serve alcolici quindi solo Coca Cola e passiamo la notte all’ Elk Country Inn.

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Jackson Hole
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Giorno 6
Oggi tappa di 210 km più riposante e panoramica verso Yellowstone.
Entriamo subito nel Grand Teton National Park e dirigiamo sul magnifico Jenny Lake nel quale si riflettono cime aguzze e innevate.
La strada si snoda tra boschi di conifere e radure e periodicamente incontriamo segnali di attenzione agli orsi.
Il tempo continua ad essere splendido e anche la guida ci dice che abbiamo fortuna perché con le grandi pianure calde e la presenza di alte montagne sono generalmente probabili forti temporali (Storming).
Incrociamo le dita e ci godiamo il massiccio montagnoso del Grand Teton che si specchia nel Jenny Lake e svetta dai suoi 4200 m.
Sempre su strade bellissime raggiungiamo e costeggiamo il vasto Jackson Lake e raggiungiamo il Parco di Yellowstone dove all’ora di pranzo è prevista una eruzione del grande geiser Old Faithfull, nome che si è meritato in quanto lancia i suoi getti di acqua e vapore ad intervalli di poco più di un’ora chissà da qunti millenni.
Arriviamo nei pressi del geiser dove è stata realizzata ad inizio secolo una gigantesca e austera costruzione in legno scuro e massiccio, l’Old Faithfull Inn, che funge da hotel, da ristorante e da rifornimento sandwitch per le folle di turisti che si avvicendano attorno al geiser.
Visti i prezzi propendiamo per i sandwitch e ci accomodiamo sulle panche disposte intorno al geiser a distanza di sicurezza.
Lo spettacolo è impressionante.
Nel giro di qualche minuto vengono sparate in alto a circa 40 metri di altezza 35 tonnellate d’acqua bollente e vapore.
Proseguiamo visitando altri siti con laghetti bollenti e altre amenità del genere e ci dirigiamo su West Yellowsone, appena fuori dal parco, nel Montana, per passare le notte al Gray Wolf Inn dove staremo 2 notti..
West Yellowstone è un centro nato in funzione del parco e dell’attività turistica con 1300 abitanti e a 2000 m di quota.

Parco del Gran Teton (4200 m) e Jenny Lake

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Jackson Lake
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La saletta bar dell' Od Faithfull Inn
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West Yellowstone, qualche miglio nel Montana
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Giorno 7
Oggi abbiamo un giorno libero e la guida ci fornisce solo delle cartine del parco ma non ci accompagnerà quindi starà a noi scegliere l’itinerario che preferiamo.
Ovviamente ci dà delle dritte sulle cose più interessanti da vedere ma poi ognuno per sè alla ventura.
E’ molto facile girare per il parco dato che è attraversato da pochissime strade e i centri abitati sono solo due o tre e piccolissimi.
Vogliamo anche riposarci così decidiamo di stare un giorno da soli mia moglie ed io.
Dirgiamo sul Midway Geiser Basin e Fire Hole River dove visitiamo a piedi alcuni laghetti colorati con acque calde e fumanti i cui emissari si buttano in modo spettacolare nel vicino Firehole River.
Facciamo poi rotta su Canyon Village dove percorriamo a piedi alcuni sentieri per vedere il Canyon e alcune spettacolari cascate sul fiume Yellowstone..
Su di un picco del Canyon vediamo e fotografiamo anche un nido di un rapace con un grosso pulcino.
Il colore giallo delle pareti del canyon ci rendono ragione del nome del fiume Yellowstone e del parco.
Nel tragitto di ritorno ci fermiamo a fotografare gruppi di cervi che pascolano e bevono ai torrenti e pranziamo al sacco in un’area pic nic sempre tenendo d’occhio che non arrivi Yogi per rubarci il cestino della merenda dato che nell’area siamo soli e solo qualche macchina passa sulla strada poco più in là
Alla sera faccio il conto e per essere un giorno di riposo abbiamo fatto 170 km ma non ce ne siamo accorti tanto era bello e maestoso l’ambiente.

Il Fire Hole River
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Yellowstone River
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Lui abita lì e dovrà anche imparare a volare ...
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Le pareti gialle del canyon che danno il nome allo Yellowstone River e al Parco
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Giorno 8
Oggi usciamo da Yellowstone e ci dirigiamo su Cody famosa per essere la città di Bufalo Bill, città che ancora oggi vive sulla leggenda del famoso cacciatore dalla mira infallibile.
Tappa medio corta da 250 km.
Riattraversiamo il parco verso est su di un tratto della 89Nord che nei giorni scorsi non abbiamo percorso ma la abbandoniamo presto per la 212Est direzione Coke City.
Il paesaggio muta radicalmente da residui abbozzi di canyon erosi in una pianura ondulata con radi boschetti e corsi d’acqua pianeggianti.
La terra tipica del bisonte.
Pensavamo di vederne qualcuno invece ne vediamo a centinaia in, in lontananza e vicini alla strada.
Anzi anche troppo vicini.
Ci eravamo fermati a fare qualche foto e avevamo spento il motore che a detta della guida irrita i maschi.
Di colpo sento un rumore di ******i e vedo un gran polverone sulla collinetta alla mia destra.
La macchina che era davanti a me parte, accelera e si sposta avanti di un centinaio di metri mentre io, con il motre spento, resto lì come un bamba.
Ci allontaniamo un po’ dalla moto pensando di poterci riparare dietro alle macchine che seguono.
Il gruppo di bestioni è passato una decina di metri davanti alla mia ruota e di sicuro ero ben più emozionato di quando in Valle d’Aosta incontro una mandria di mucche.
Decisamente impressionante.
Proseguiamo sempre tra queste grandi pianure con bisonti ovunque, sito dove hanno girato molte scene di Balla coi Lupi.
Uno del gruppo vede un’orso ma solo lui è così rapido nel vederlo e fotografarlo e ha promesso che ci manderà le immagini.
Il paesaggio diviene sempre più aspro e montagnoso e prima di Cody attraversiamo la Dead Indian Hill Road (route 120) e Pass, regione in cui fu confinato il capo indiano Sitting Bull.
La strada sale con ampi e divertenti tornanti fino ai 2600 m del colle dal quale si gode di un panorama amplissimo.
Il tempo continua a favorirci.
Scendiamo a Cody, 10.000 abitanti e una quota di 1.500 m.
Tutto parla di Bufalo Bill e passiamo la serata in un saloon, Irma Saloon, fondato da una parente di Bufalo Bill.
Altri, meno stanchi di noi vecchietti, vanno a vedere il Rodeo mentre noi ci accontentiamo di un paio di birre in compagnia di un gruppo di motociclisti Canadesi e una giovane coppia dell’Alabama già belli pienotti.
Un anziano cantante country con chitarra suona e canta molto bene e ci tratteniamo fino a quando una, credo del gruppo canadese, rotola sotto il tavolo, il cantante se ne và, la festa è finita e ci lasciamo tra abbracci e strette di mano come se ci conoscessimo da sempre.
Ormai siamo sulla via di Sturgis e le moto e l’atmosfera brother cominciano ad essere ovunque.

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Emozionante
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Death Indian Hills e Pass che portano a Cody
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Cody 100% Bufalo Bill
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Irma Saloon
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Piuttosto bravo il nonnetto all'Irma Saloon
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Giorno 9
La nostra meta di oggi è Buffalo, 320 km in un territorio quasi disabitato.
La strada, la 16E, attraversa zone montuose e foreste e incontra rari piccoli centri abitati con nomi curiosi come Worland o Ten Sleep.
Attraversiamo la National Forest di Big Horn, il Colle di Little Big Horn e l’alto colle del Powder River Pass a 2900 m di quota.
Little Big Horn ci ricorda la disfatta del Generale Custer poco più a Nord nel Montana, sconfitta subita ad opera di Toro Seduto (Tatanka), Cavallo Pazzo e Nuvola Rossa, capi della coalizione di Sioux, Cheyenne e Arapaho.
Incredibile che nella battaglia ci fossero almeno dieci italiani e che uno solo sopravvisse al massacro.
In uno store acquistiamo l’occorrente per un pic nic vista la natura selvaggia del territorio disabitato e la guida ci porterà al Meadow Lake dove pranzeremo.
Per raggiungere il lago dobbiamo fare qualche chilometro di sterrato ma ne vale la pena.
E’ un’America selvaggia dimenticata dal turismo e proprio per questo più vera e affascinante.
Il programma prevede di pernottare in un ranch e non a Buffalo che sembra non offrire grandi attrattive.
Percorriamo molte miglia nella campagna di un giallo secco dovuto al fatto che si tratta di immensi campi di cereali già mietuti.
Ci viene detto, con nostra grande sorpresa, di fare attenzione alle antilopi.
Queste saltano all’impazzata e piombano nelle strade in modo molto pericoloso.
Cominciamo a vederne alcune letteralmente disintegrate lungo la strada.
Usciamo dalla 16Est per imboccare la 196 Sud e poi un lungo tratto di sterrato che ci porta al T.A. Ranch, anche questa stradina popolata di antilopi al contorno.
Un boschetto di grandi alberi, attraversato da un torrentello che arriva chissà da dove in questa pianura, fa ombra ad un gruppetto di costruzioni in legno che ospitano le camere dei clienti, quelle dei cowboy, il refettorio con le cucine e altri edifici come fienili e depositi.
Poco più in là ci sono recinti con cavalli e cowboy che lavorano.
Un carro trainato da cavalli attraversa la scena.
Molto caratteristico.
Ci viene assegnata la camera Butch Cassidy con tanto di foto al muro.
E’ incredibile come negli USA feroci criminali vengano trasformati in eroi nazionali.
Le camere sono senza chiave, così come se fossimo ospiti in una casa privata.
La cena a base di carne è ottima e la musica country di un cantante locale con chitarra è veramente pregevole tanto che ne acquisto un cd e lo faccio autografare.
Dopo cena è ancora chiaro e usciamo. Nulla a perdita d’occhio , una distesa ininterrotta che termina ai piedi di una catena montuosa lontanissima.Il senso di isolamento è notevole.

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Sulla strada per Buffalo un rigattiere che vendeva di tutto
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Pic nic sul Meadow Lake
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Arrivo al T.A. Ranch a Buffalo
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Giorno 10
La tappa di oggi è bella tosta, 420 km.
Dirigiamo su Gillette e Morcroft sulla 90E attraversando pianure immense e basse colline con rade fattorie, ciuffi di alberi e qualche zona quasi desertica.
La prima meta interessante è, passata Morcroft, la Devil Tower resa famosa dal film “Incontri ravvicinati del terzo tipo” e raggiungibile per la 14 da Sundance.
In effetti è impressionante anche se non è molto alta, 386 m rispetto al terreno circostante, la piana che si trova a 1500 m slm.
E’ un monolito di basalto a forma di tronco di cono ed è il centro di un antichissimo vulcano dove la lava si è solidificata nell’uscita.
L’erosione dei millenni ha asportato i detriti esterni lasciando solo la torre di basalto.
Riprendiamo la 90Est e cominciamo a vedere le indicazioni per Sturgis, ormai siamo in South Dakota.
Già dalla zona della Devil Tower sembra di essere in un’ alveare di Harley e Indian.
Praticamente tutti senza casco.
Sturgis, una settimana prima del grande raduno, è già a pieno ritmo con negozi, bancarelle e saloon affollati.
Non oso immaginare cosa sarà la settimana prossima.
La guida ha prenotato già da giorni i nostri tavoli al Knukle Saloon dove ci sbaffiamo una bella bistecca.
Giriamo per negozi e bancarelle, facciamo visita al concessionario locale e poi andiamo a vedere il museo della moto con pezzi antichi pregevoli sia Harley che Indian, una mastodontica Vincent e un’altrettanto imponente ACE 4 cilindri del 1922 fanno bella mostra di sé.
Qualche ora di Sturgis per noi che non siamo particolarmente appassionati delle grandi concentrazioni, è sufficiente e ci avviamo, per la 14°, a Deadwood una cittadina molto caratteristica e vivace dove ci installiamo all’Holiday Inn proprio in centro.
Anche qui c’è l’episodio criminale trasformato in attrazione turistica.
Nel Saloon Number 10 fu stecchito Wild Bill Hickok, uomo di dubbia moralità, ex conducente di carri e scout per l’esercito, giocatore d’azzardo ed energico sceriffo pistolero infallibile.
La via centrale tipica di queste cittadine del West è un brulicare di moto, le auto sono veramente pochissime e tutto un lato dello stradone è un lunghissimo parcheggio a pettine di moto, prevalentemente Harley ma anche di altre marche.
Passiamo la serata ovviamente al Saloon di Wild Bill che ha come maniglie alla porta due Colt e all’interno una vetrinetta di armi.
Sicuramente 6Galloni le avrebbe riconosciute al volo.

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Devil Tower
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Sturgis, il famoso Knucle Saloon
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Arrivo a Deadwood
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Il Saloon n 10 di Wild Bill
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Wild Bill ci attende al Saloon
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Giorno 11
Oggi è il classico giorno libero in cui si rischia di stancarsi ancora di più invece di riposarsi.
Le mete possibili sono di tornare a Sturgis, il Monte Rushmore, le Black Hills e le Bad Lands.
Con altre tre moto decidiamo per il Monte Rushmore e le Black Hills.
Scendiamo per la 385 e poi per la 16 tra divertenti saliscendi e curvoni in mezzo ai boschi.
Entriamo nel Parco in una confusione turistica notevole e riusciamo a trovare parcheggio rapidamente solo perché abbiamo le moto e le imbuchiamo qua e là.
Una breve passeggiata e ci troviamo di fronte a questo immenso monumento di dubbio gusto, espressione di ricchezza e potere.
Basta pensare che il monte Rushmore era la montagna sacra dei nativi della zona e loro ci hanno fatto il mega monumento ai presidenti.
Per lo meno indelicato!
Il giro prosegue per stradine nel Parco realizzate a solo fine turistico , stradine tortuose tipo la 244, la 87 e soprattutto la bellissima panoramica 16A.
Bisognerebbe fermarsi a fare foto ogni 100 metri.
In alcuni tratti sembra di essere in un fantasioso plastico di un trenino elettrico
Ci dirigiamo poi verso il Crazy Horse Memorial tornado sulla 385 che afine giornata ci riporterà a Deadwood.
Per cercare di placare un po’ la coscienza, l’amministrazione Americana decise negli anni 40 di realizzare un mega monumento anche per gli indiani strapazzati e genocidizzati.
Per ora solo la testa di Crazy Horse è stata sbalzata dalla roccia e i lavori vanno a rilento.
Magari nel tempo si trasformerà per mancanza di fondi nel classico ”peggio il taccone del buso”.
I progetti sono degli anni 40 e i lavori iniziarono nel 1948.
Il monumento dovrebbe misurare finito 195 m di lunghezza e 178 di altezza (!), una cosa enorme se si pensa che i faccioni Rushmore sono alti una ventina di metri.
Il monumento dovrà raffigurare Crazy Horse a cavallo che indica l’orizzonte ma per ora c’è solo il faccione e non si hanno previsioni per la fine.
Ci fermiamo a pranzo in una magnifica costruzione in legno, la Game State Lodge, già residenza estiva del Presidente Roosvelt e oggi trasformata in albergo e ristorante.
Con nostra grande sorpresa ci chiedono la carta di identità, e la annotano pure, per servirci una birra.
Eppure siamo tutti tra i 40 e i 70 ma la legge vuole così e ci facciamo una bella risata.
Mi sbaffo un bel trancio di salmone affumicato ai ferri accompagnato da blocchetti di formaggio fresco e la quotazione della cucina americana risale un po’.
Il giudizio sulla cucina USA , fatta eccezione per bisteccone, hamburger, trota e salmone, è pessimo, ovviamente a nostro giudizio.
Troppo sale, troppo fritto, troppe salse, troppi grassi.
Apprezzo molto il bicchierone di acqua e ghiaccio che compare su ogni tavola appena ci si siede, molto ospitale e non meschinamente ricattatorio come qui che ti spingono aordinare subito per placare la sete.
Rientriamo a Deadwood per passare un’altra serata al saloon e a guardare un po’ di moto.

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Rushmore
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Black Hills e Iron Hills
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Il Crazy Horse Memorial
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Giorno 12
Ci aspetta il tappone più lungo del tour, 480 km che, usciti dalle boscose Black Hills, si svolgerà su strade piatte e diritte in ambiente arido, soggetto però a improvvisi e violenti temporali.
Mi pento di non avere il parabrezza ma non sarà una lavata estiva in più a peggiorare il mio curriculum.
In questa tappa si ha veramente la sensazione di quanto siano vasti gli States.
Rientriamo nel Wyoming e seguiamo la 85Sud con brevissime soste per acquistare l’occorrente per un pic nic e per pranzare ai bordi dello sperduto Guernsey Lake,
lago e annesso piccolo canyon,che raggiungiamo per una strada secondaria impestata e piena di asperità.
La differenza tra la sella passeggero dell’Ultra e quella del RK si manifesta in modo evidente e devo dire di non aver mai sentito mia moglie parlare in modo così sguaiato ad ogni sobbalzo!
Riprendiamo la 85Sud fino a Fort Laramie, uno di quei nomi che si sentono nei film western.
Il Fort Laramie, oggi solo attrazione turistica, è stato sede di fanteria e cavalleria durante le guerre indiane di fine 800 ed è una struttura piuttosto vasta ora non più circondata da muri o palizzate visto che per l’ultimo periodo di vita era stata acquistata da compagnie che commerciavano in pellicce.
Fu anche tappa del Pony Express vista la pericolosità dei luoghi e i molti corrieri uccisi dagli indiani tanto che in quel tratto venivano arruolati solo corrieri orfani per creare il meno possibile problemi famigliari in caso di morte.
Rimangono la palazzina ufficiali, le camerate della cavalleria, qulche cannoncino e un centro visitatori dove sono esposti cimeli indiani, armi e si proiettano film sulla storia del forte.
Il caldo è notevole e ripartiamo verso Cheyenne, meta della giornata, dove pernotteremo all’Hotel Cheyenne, guarda che fantasia.
Speravo fino all’ultimo di non prendere acqua in un territorio praticamente desertico ma mai dire mai.
Di colpo, con il sole, si è alzato un vento furioso e ha cominciato a scendere acqua a catinelle tanto che in meno di dieci secondi eravamo zuppi.
Quindi ho tirato dritto dentro lo storming.
Chi aveva parabrezza o bat alti si fermava a pulire il vetro ma si bagnava di meno, si fa per dire.
Sentivo l’acqua fredda giù per la schiena e il vento laterale spostava di fianco i getti di goccioline sollevati da camion e auto.
Poi di colpo di nuovo sole pieno, aria calma e gran caldo tanto che mezz’ora dopo all’arrivo in albergo ero praticamente asciutto.

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Pic Nic al Guernsey Lake
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Fort Laramie
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Monumento al Pony Express
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Piccolissime realtà commerciali immerse nel nulla
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Giorno 13
Oggi tappa di maggior riposo, 200 km da fare sulla solita 85Sud.
Rientriamo nel Colorado verso Denver.
E’ prevista una sola sosta a Loveland dove visitiamo il concessionario Harley più grande che io abbia mai visto.
Un addetto mi dice che sono presenti mediamente 500 moto e in effetti ce ne sono a bizzeffe all’interno e all’esterno.
Su dei soppalchi, in alto, sono esposte moto d’epoca tra cui una nostra Aermacchi 350.
Passiamo poi ad un mega magazzino di outdoor dove ci sono anche dei settori di caccia e pesca con grandi riproduzioni di ambienti naturali con parecchie varietà di animali e pesci imbalsamati e anche un aquario.
Sembra che vogliamo tirare in lungo per non consegnare le moto.
Prendiamo un’autostrada, la 25Sud, con il solito traffico forsennato e pericoloso.
Devo uscire alla exit 285 ma resto imbottigliato nella corsia a destra e non mi fido a scartare per proseguire diritto.
Purtroppo alcune di queste uscite sono diverse dalle nostre e una volta nella corsia di destra non si riesce più ad evitare di uscire.
Pensavo di avere solo più pochi minuti per arrivare a consegnare la moto e invece ci troviamo sparati nella campagna di Denver verso l’Aeroporto e senza navigatore.
Fortunatamente trovo un’uscita dopo qualche km e un po’ a naso e con molto chiulo riesco a ritrovare la 40th strada e quindi a scalare la 32th strada dove sta il concessionario.
Meno male che gli americani usano spesso numerare le strade se no chissà dove finivo.
Farsi venire a recuperare dalla guida sarebbe stato un bel mesto finale…
Riconsegno la moto e andiamo in albergo, The Curtis, proprio in centro a Denver dove abbiamo possibilità di girare la grande zona pedonale e usufruire del tram navetta gratuito.
Bel centro vivace con molti giovani, probabilmente studenti universitari, tanti locali.
Domani ci aspetta il viaggio di ritorno, Denver-Filadelfia-Parigi-Torino con le sue tante lunghe attese, i controlli elettronici e i chilometri a piedi, magari di corsa trascinando il valigione, per raggiungere i gate di imbarco.
Sarà una gran palla.

Cheyenne, tempo grigio
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Il grande concessionario di Loveland
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Un mega magazzino di Outdoor con animali e pesci imbalsamati ovunque
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Due passi per il centro di Denver
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gru-nt
17-08-2016, 17:08
Godetevi il Viaggio della vita.....:happy3::happy3: