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Visualizza Versione Completa : Era ora,ma alla fine doveva da ricapità porca vacca ! !



TonyTheDuke
21-10-2010, 17:16
In passato ho spesso raccontato e condiviso con voi le mie emozioni,lascio da parte il perché,lo sapete bene,dunque anche ora mi accingo a farlo con molta serenità.
Beh,inutile rivangare la storia dei miei problemi culi…...nari (na battuta ce la vò) di questi ultimi mesi,ma certo avere la moto rotta (sensore della temperatura dell aria) dalla vigilia di ferragosto mi ha come dire,fatto sicuramente in****are molto di meno,ve lo immaginate che sarebbe accaduto se fosse stata a posto e non potevo usarla ?
Orca vacca,fino a 3 / 4 settimane fa avevo diificoltà a stare seduto (pure in auto e in ufficio) per un po’ di tempo dato che mi faceva male e potete comprendere come me la sarei presa avendo il bestione (e uno) a posto in garage e non poterlo usare.
Ora tutto è passato,tant è che sabato e domenica sono praticamente stato sempre seduto,tra il viaggio andata e ritorno,pranzo (due,con la ulteriore magnata de pesce tet a tet di domenica con Amadus) e la cena della sera prima.

Beh,credo di avere scritto che lavorativamente dopo l entusiasmo di circa un anno fa,non stò passando un buon momento,anzi,per come sono sempre stato,è davvero un disastro e stò cercando una nuova e duratura fonte di reddito,ma sia chiaro,non sono abbattuto,troppo ce ne vole pe fregamme e famme stà male,co tutto quello che ho passato,poi capi,mi rimbocco le maniche e ricomincio daccapo con il solito ottimismo.
Bah,sono cosciente e sò bene che se non avessi questo carattere forse non sarei cosi,ma non mi sono mai fermato dietro a nessun ostacolo e ne sono sempre venuto fuori alla grande.

Lunedi mattina,ho portato la piccola (questo è un termine che non ho mai usato,m è venuto ora spontaneo) dal meccanico e l ho fatta riparare e vi dirò che quando la sera l ho presa per riportarla in garage pareva che mi diceva “brutto scemotto era ora…….e che ***** ! ” (ce la vò,chiedo scusa)
Beh,ho scritto credo diverse volte che nella mia vita la moto oltre ad essere la mia unica immensa passione,a volte ha rappresentato una sorta di valvola di sfogo quando vivevo delle situazioni particolari,una grandissima passione,ma anche se raramente (per il carattere mattoide e follemente sempre ottimista che ho,mai mi abbatto,al piu per un secondo ho avuto un leggerissimo scoramento,ma so stati una decina in quasi 53 anni,ve lo garantisco) prendevo,salivo,partivo e non pensavo piu a nulla per un po’,perché da sognatore quale sono,mi immaginavo (lo faccio e lo farò ancora,sia chiaro) di essere ovunque e con chiunque nel mondo.

Beh,me sa che stò scrivendo un pistolotto,mi perdonerete,poi il Barbiere riassumerà.

Insomma,stamattina dovevo andare sotto Ascoli e …….vista la Ultra a posto,visto il “retrotreno” personale sistemato,potete capire,me so coperto bene e viaaaaaaa.
Certo non era na temperatura estiva,11 gradi (poi capi,ho viaggiato anche con temperature sotto zero),ma mi sono sempre saputo attrezzare bene e freddo non ne sento mai,tranne un tantino sul viso visto che dopo l apertura della capoccia non posso portare l integrale e uso il Vemar con la visiera,ma me so messo foular sulla faccia e uno intorno al collo,dunque ok cosi.

Se vi dovessi scrivere tutte l emozioni che mi hanno pervaso nei 150 km tra andata e ritorno starei qua fino a domattina,ve lo risparmio,però è bello riprendere a girare sulla moto dopo 3 mesi,sentire l arietta fresca che ti entra nella visiera e la sensazione strana di freschetto intorno agli occhi (e porto pure gli occhiali),unica parte del mio corpo dove posso sentire freddo perché il resto,manco portassi una tuta da astronauta,giuro.
Alle mani non ho freddo,perché sul manubrio ho i manicotti con l interno in lanetta ed anzi stamattina come mi è capitato spesso,guidavo a mani nude.

Me la sono goduta,potete capirmi,ed ho fatto quasi tutta statale,senza manco accendere la radio,perché oggi piu che mai ascoltare il suono della moto,mi dava davvero una sorta di piacevole sensazione e ……beh,lo devo dire,quando passavo dentro i paesi dove la strada si stringeva un pochetto,na sgasatella leggera la davo,ahhhaaaaaa che godimento (scemo eh?)
Ve lascio immaginà la faccia del cliente dove sono andato,che pur conoscendomi mi ha visto arrivare in salopette e giacca HD in cordura e pure gli stivali invernali comprati nel 97 sono in cordura dentro.
E questo è niente,non avevo voglia di spogliarmi e stavo talmente “calletto” (dialetto,significa calduccio) che ho preso la 24 ore dal TourPack e sono entrato cosi nel suo ufficio e cosi ci ho parlato,penso che la sua segretaria stia ancora valutando se chiamare la neuro.

Ostia quanto ho scritto ! !
Ve beh,vi risparmio le emozioni la gioia e le sensazioni che ho vissuto,tanto come di certo scriverà qualcuno,basta andare a leggere qualche altro mio post e siete a posto.
Chiudo riportandomi al titolo del mio post,non so se capita pure a voi,ma specialmente questo anno,non aver potuto usare il…..…Transatlantico (e vai,l ho detti tutti? Bho?) con i tempi degli ultimi 3 mesi,mi ha fatto un tantino,ma solo un tantino (ho già spiegato perchè) girare le cose….come se chiamano…le scatole…no…..i…..(quelli)…no…sono una persona a modo,dirò semplicemente ….le palle (ce le ho,non sono mai stato a Casablanca) e dunque oggi me la so goduta particolarmente.

Certo,dopo l intervento di revisione,non riuscita,(anzi proprio fallita) alla capoccia,non posso (onestamente ammetto che sono io a non sentirmela) usare piu la Ultra qualsiasi mese dell anno (epica la mia partenza con 30 cm di neve a Fermo per andare a Rimini per l Hog Inverno,credo nel 97 o 98),ma non dispero,in fondo solo 3 anni fa non sapevo nemmeno se avrei piu potuto guidarla e invece quarda te come so ridotto,so bene di poterla usare e sono io che me ……(va beh,passatemela) …cago sotto (in termine buono),ma tanto alla fine me levo pure sta fissa,aivoglia se me la levo.
Perdonatemi,la “leggera lungaggine” (mo non me ne dite de tutti i colori che poi ce armango male) considerate che erano mesi che non lo facevo.
Tony



BARBIEREEEEEEEEE te tocca ! !

Fuzdyna
21-10-2010, 17:19
"dunque oggi me la so goduta particolarmente"

Nipo
21-10-2010, 17:21
Chi riassume por favor??

Fuzdyna
21-10-2010, 17:22
"è bello riprendere a girare sulla moto dopo 3 mesi"

moxa
21-10-2010, 17:24
Riassunto? Finché il culo tiene botta me la spasso ancora alla grande!

London dude
21-10-2010, 17:26
Chi riassume por favor??

E' andato a fare una commissione in moto.

double m
21-10-2010, 17:26
sei un grande...non mollare mai!!!:ok:

asydark
21-10-2010, 17:27
http://www.immaginidivertenti.net/bambini/bimbo-assonnato.jpg

alberto-66
21-10-2010, 17:35
barbiere? dove sei?:mm:


ciao:happy5:

alberto

DorianGray
21-10-2010, 17:42
Soffro di insonnia.
Grazie Tony.
Per stasera ho risolto.

belavecio
21-10-2010, 17:48
In passato ho spesso raccontato e condiviso con voi le mie emozioni,lascio da parte il perché,lo sapete bene,dunque anche ora mi accingo a farlo con molta serenità.
Beh,inutile rivangare la storia dei miei problemi culi…...nari (na battuta ce la vò) di questi ultimi mesi,ma certo avere la moto rotta (sensore della temperatura dell aria) dalla vigilia di ferragosto mi ha come dire,fatto sicuramente in****are molto di meno,ve lo immaginate che sarebbe accaduto se fosse stata a posto e non potevo usarla ?
Orca vacca,fino a 3 / 4 settimane fa avevo diificoltà a stare seduto (pure in auto e in ufficio) per un po’ di tempo dato che mi faceva male e potete comprendere come me la sarei presa avendo il bestione (e uno) a posto in garage e non poterlo usare.
Ora tutto è passato,tant è che sabato e domenica sono praticamente stato sempre seduto,tra il viaggio andata e ritorno,pranzo (due,con la ulteriore magnata de pesce tet a tet di domenica con Amadus) e la cena della sera prima.

Beh,credo di avere scritto che lavorativamente dopo l entusiasmo di circa un anno fa,non stò passando un buon momento,anzi,per come sono sempre stato,è davvero un disastro e stò cercando una nuova e duratura fonte di reddito,ma sia chiaro,non sono abbattuto,troppo ce ne vole pe fregamme e famme stà male,co tutto quello che ho passato,poi capi,mi rimbocco le maniche e ricomincio daccapo con il solito ottimismo.
Bah,sono cosciente e sò bene che se non avessi questo carattere forse non sarei cosi,ma non mi sono mai fermato dietro a nessun ostacolo e ne sono sempre venuto fuori alla grande.

Lunedi mattina,ho portato la piccola (questo è un termine che non ho mai usato,m è venuto ora spontaneo) dal meccanico e l ho fatta riparare e vi dirò che quando la sera l ho presa per riportarla in garage pareva che mi diceva “brutto scemotto era ora…….e che ***** ! ” (ce la vò,chiedo scusa)
Beh,ho scritto credo diverse volte che nella mia vita la moto oltre ad essere la mia unica immensa passione,a volte ha rappresentato una sorta di valvola di sfogo quando vivevo delle situazioni particolari,una grandissima passione,ma anche se raramente (per il carattere mattoide e follemente sempre ottimista che ho,mai mi abbatto,al piu per un secondo ho avuto un leggerissimo scoramento,ma so stati una decina in quasi 53 anni,ve lo garantisco) prendevo,salivo,partivo e non pensavo piu a nulla per un po’,perché da sognatore quale sono,mi immaginavo (lo faccio e lo farò ancora,sia chiaro) di essere ovunque e con chiunque nel mondo.

Beh,me sa che stò scrivendo un pistolotto,mi perdonerete,poi il Barbiere riassumerà.

Insomma,stamattina dovevo andare sotto Ascoli e …….vista la Ultra a posto,visto il “retrotreno” personale sistemato,potete capire,me so coperto bene e viaaaaaaa.
Certo non era na temperatura estiva,11 gradi (poi capi,ho viaggiato anche con temperature sotto zero),ma mi sono sempre saputo attrezzare bene e freddo non ne sento mai,tranne un tantino sul viso visto che dopo l apertura della capoccia non posso portare l integrale e uso il Vemar con la visiera,ma me so messo foular sulla faccia e uno intorno al collo,dunque ok cosi.

Se vi dovessi scrivere tutte l emozioni che mi hanno pervaso nei 150 km tra andata e ritorno starei qua fino a domattina,ve lo risparmio,però è bello riprendere a girare sulla moto dopo 3 mesi,sentire l arietta fresca che ti entra nella visiera e la sensazione strana di freschetto intorno agli occhi (e porto pure gli occhiali),unica parte del mio corpo dove posso sentire freddo perché il resto,manco portassi una tuta da astronauta,giuro.
Alle mani non ho freddo,perché sul manubrio ho i manicotti con l interno in lanetta ed anzi stamattina come mi è capitato spesso,guidavo a mani nude.

Me la sono goduta,potete capirmi,ed ho fatto quasi tutta statale,senza manco accendere la radio,perché oggi piu che mai ascoltare il suono della moto,mi dava davvero una sorta di piacevole sensazione e ……beh,lo devo dire,quando passavo dentro i paesi dove la strada si stringeva un pochetto,na sgasatella leggera la davo,ahhhaaaaaa che godimento (scemo eh?)
Ve lascio immaginà la faccia del cliente dove sono andato,che pur conoscendomi mi ha visto arrivare in salopette e giacca HD in cordura e pure gli stivali invernali comprati nel 97 sono in cordura dentro.
E questo è niente,non avevo voglia di spogliarmi e stavo talmente “calletto” (dialetto,significa calduccio) che ho preso la 24 ore dal TourPack e sono entrato cosi nel suo ufficio e cosi ci ho parlato,penso che la sua segretaria stia ancora valutando se chiamare la neuro.

Ostia quanto ho scritto ! !
Ve beh,vi risparmio le emozioni la gioia e le sensazioni che ho vissuto,tanto come di certo scriverà qualcuno,basta andare a leggere qualche altro mio post e siete a posto.
Chiudo riportandomi al titolo del mio post,non so se capita pure a voi,ma specialmente questo anno,non aver potuto usare il…..…Transatlantico (e vai,l ho detti tutti? Bho?) con i tempi degli ultimi 3 mesi,mi ha fatto un tantino,ma solo un tantino (ho già spiegato perchè) girare le cose….come se chiamano…le scatole…no…..i…..(quelli)…no…sono una persona a modo,dirò semplicemente ….le palle (ce le ho,non sono mai stato a Casablanca) e dunque oggi me la so goduta particolarmente.

Certo,dopo l intervento di revisione,non riuscita,(anzi proprio fallita) alla capoccia,non posso (onestamente ammetto che sono io a non sentirmela) usare piu la Ultra qualsiasi mese dell anno (epica la mia partenza con 30 cm di neve a Fermo per andare a Rimini per l Hog Inverno,credo nel 97 o 98),ma non dispero,in fondo solo 3 anni fa non sapevo nemmeno se avrei piu potuto guidarla e invece quarda te come so ridotto,so bene di poterla usare e sono io che me ……(va beh,passatemela) …cago sotto (in termine buono),ma tanto alla fine me levo pure sta fissa,aivoglia se me la levo.Perdonatemi,la “leggera lungaggine” (mo non me ne dite de tutti i colori che poi ce armango male) considerate che erano mesi che non lo facevo.Tony



:vhappy1::vhappy1::vhappy1:

gru-nt
21-10-2010, 17:54
:vhappy1::vhappy1::vhappy1:

Non essendoci il barbiere provo io:
Giretto in moto con clamorosa bugia nel finale..:happy7:

:ok::ok::ok:
:tongue3:

TonyTheDuke
21-10-2010, 17:59
Non essendoci il barbiere provo io:
Giretto in moto con clamorosa bugia nel finale..:happy7:

:ok::ok::ok:
:tongue3:

Ne vvero fetente,:smashfreakb::beer::happy4: se guardi indietro è davvero un bel pò che non scrivo cosi "lungamente" e pensa che pure oggi me sò trattenuto.:happy6::happy4::ok:
Tony

=AmaduS=
21-10-2010, 18:05
:smashfreakb::smashfreakb::smashfreakb:

Si Tony ma dicci di più.....:help::help::help:...
p.s. non ho capito che moto????

VERZINO
21-10-2010, 18:09
.....interessante.....:happy4:

gru-nt
21-10-2010, 18:17
.... e pensa che pure oggi me sò trattenuto.:happy6::happy4::ok:
Tony

Azz..pure la retro hai usato??
:all_coholic::all_coholic:

Alesesto Roma
21-10-2010, 18:23
Grazie Tony condivido e comprendo le tue emozioni, sempre in gamba eh!!!!!!!!!:happy6::happy6::happy6:

VERZINO
21-10-2010, 18:23
Grazie Tony condivido e comprendo le tue emozioni, sempre in gamba eh!!!!!!!!!:happy6::happy6::happy6:



...ok ok da oggi allora Tony mandi solo pm ad Alesesto grazie..:happy4::ok:

ZEZ
21-10-2010, 18:31
...ok ok da oggi allora Tony mandi solo pm ad Alesesto grazie..:happy4::ok:
:talk1::talk1::talk1:
io lovvo quest'uomo:ok:

6galloni
21-10-2010, 18:47
Sono felice per il "te" ......................ritrovato!!! :happy5: :beer:

Demonghouls
21-10-2010, 18:48
:smashfreakb::smashfreakb::smashfreakb:

Si Tony ma dicci di più.....:help::help::help:...
p.s. non ho capito che moto????

io lovvo questo qua!!! :happy7::happy4::happy7::vhappy1:

dalailama75
21-10-2010, 18:57
Ne vvero fetente,:smashfreakb::beer::happy4: se guardi indietro è davvero un bel pò che non scrivo cosi "lungamente" e pensa che pure oggi me sò trattenuto.:happy6::happy4::ok:
Tony

in effetti due giorni sono davvero un bel pò...:happy4::happy4:

http://www.webchapter.it/forum/showpost.php?p=1051845&postcount=41

gru-nt
21-10-2010, 19:00
quale miglior occasione per cambiare la firma??

Bart
21-10-2010, 19:06
Caro Tony

Distinti webchapterini,

Molti che come me hanno avuto il privilegio di essere testimoni di quell’emozionante giorno, vivono ancora; altri sono ormai morti; la stragrande maggioranza dei presenti oggi in questa sede avevano meno di dieci anni, o non erano ancora nati il 1º gennaio 1959.

I nostri obiettivi non sono mai stati la ricerca della gloria, né il conseguimento di onori o di riconoscimenti individuali o collettivi. Ciononostante coloro che come me vantano il legittimo orgoglio di chiamarsi rivoluzionari cubani sono stati costretti a scrivere una pagina senza precedenti nella storia. In disaccordo con la situazione politica e sociale del nostro paese, semplicemente eravamo decisi a trasformarla. Ciò non era nuovo a Cuba, infatti era successo tante volte durante quasi un secolo.

Credevamo nei diritti dei popoli, tra cui nel diritto all’indipendenza e a ribellarsi contro la tirannia. Dell’esercizio di tali diritti in questo emisfero, conquistato a sangue e a fuoco dalle potenze europee –comprese le uccisioni massive degli aborigeni e la schiavitù di milioni di africani--, emersero un insieme di nazioni indipendenti, tra cui gli Stati Uniti d’America.

Quando la Rivoluzione cubana combatté la prima battaglia il 26 luglio 1953 contro un regime illegale, corrotto e sanguinoso, non erano ancora trascorsi 8 anni dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, sferrata dal fascismo nel 1939, e la quale causò la morte di oltre 50 milioni di persone nonché la distruzione dell’economia di quasi tutti i paesi industrializzati di allora, a eccezione degli Stati Uniti, situati fuori dalla portata delle bombe e dei cannoni nemici.

Le idee del fascismo che diedero origine a una così colossale contesa erano in assoluta contraddizione con i principi proclamati nella Dichiarazione d’Indipendenza delle 13 antiche colonie inglesi di Nordamerica, del 4 luglio del 1776. Nella suddetta dichiarazione si affermava testualmente: "Sosteniamo quali evidenti verità che tutti gli uomini nascono uguali; che il Creatore conferisce a tutti certi diritti inalienabili tra cui la vita, la libertà e il conseguimento della felicità […] che sempre che ci sia una forma di governo che tenda a distruggere questi fini, il popolo ha il diritto di riformarla o di abolirla, e di istituire un nuovo governo fondato sui suddetti principi e che organizzi i poteri nel modo che a loro giudizio garantisca meglio la sicurezza e la felicità."

La Dichiarazione Francese dei Diritti dell’Uomo, nata durante la Rivoluzione del 1789, fu oltre su questo tema e proclamò: "Quando il governo trasgredisce i diritti del popolo, l’insurrezione è per questi il più sacro dei diritti e il più imperioso dei doveri."

Le idee fasciste si scontravano inoltre con i principi stabiliti nella Carta delle Nazioni Unite dopo la gigantesca battaglia della Seconda Guerra Mondiale, che proclamavano quale prerogativa essenziale dell’ordine politico mondiale il rispetto al diritto dei popoli alla sovranità e all’indipendenza.

In realtà, i diritti dei popoli non sono mai stati rispettati durante la breve storia conosciuta dell’umanità, piena di guerre di conquiste, di imperi e delle più svariate forme di saccheggio e sfruttamento di alcuni esseri umani da altri. Tuttavia, in quel momento dello sviluppo storico e malgrado il fatto reale che le potenze vittoriose imposero un ordine politico mondiale con privilegi sempre più irritanti per un minuscolo gruppo di Stati più potenti, molte nazioni, istituzioni e persone concepirono la speranza dell’inizio una nuova e promettente tappa dell’umanità. Oltre 100 nazioni o gruppi di nazioni, anche gruppi umani che non avevano ancora raggiunto un sentimento nazionale, ricevettero il riconoscimento formale in quanto Stati indipendenti. Fu un’epoca in estremo propizia all’illusione e all’inganno.

Il numeroso gruppo di paesi che ricevettero formalmente lo status di Stati indipendenti era costituito, nella stragrande maggioranza, da ex colonie, domini, protettorati e da altre forme di sottomissione e di controllo dei paesi imposte durante secoli dalle potenze più forti.

La loro dipendenza dalle ex metropoli era quasi totale; la loro lotta per raggiungere e agire con maggiore sovranità è stata difficile e non poche volte eroica. Lo dimostrano le terribili pressioni a cui vengono sottoposti i diplomatici di tali paesi a Ginevra affinché appoggino i progetti degli Stati Uniti o si astengano almeno di votare. Risulta ammirevole il comportamento di questi Stati all’Assemblea delle Nazioni Unite, che si riflette nel crescente e quasi unanime appoggio a Cuba contro il blocco.

La cosa peggiore era che non pochi dei paesi che prima della suddetta guerra erano ipoteticamente indipendenti, ignoravano fino a che grado mancavano d’indipendenza, e mi riferisco anche a Cuba. Quasi tutti i paesi latinoamericani erano compresi nel triste elenco, e ciò sarebbe stato dimostrato. Appena il nostro eroico popolo raggiunse una vera e propria indipendenza, quasi tutte le élite governative dei paesi latinoamericani si unirono agli Stati Uniti per distruggere la Rivoluzione e impedire le conquiste politiche e sociali che rapidamente stavamo realizzando.

Dallo stesso anno 1959 sono cominciate le aggressioni con l’impiego di tutti i mezzi economici e politici, compresa la violenza, il terrorismo e la minaccia dell’uso massivo della forza militare degli Stati Uniti.

Quanto successo a Cuba contribuì a dimostrare quanto c’era d’illusione e d’inganno negli eleganti testi sui principi e sui diritti proclamati dall’Organizzazione delle Nazioni Unite.

La forza e non il diritto, com’è accaduto durante millenni, è sempre stato il fattore fondamentale nella vita dell’umanità.

Quanto successo fino ad oggi, a partire dai primi elementi storici di cui disponiamo, è stato il frutto di un’evoluzione naturale e spontanea, torpida e disordinata, della società umana. A nessuno si potrebbe attribuire la colpa della diversità di sistemi politici, economici e sociale che si sono susseguiti durante cinquemila anni.

Le diverse civiltà nate nelle più sperdute regioni del mondo: nella Cina, nell’India, nel Medio Oriente, nel Mediterraneo, nel Centro e nel Sud America, ovviamente in maggior o minor grado, si ignoravano fra loro, erano indipendenti, sebbene in molti casi evidenziarono uno straordinario sviluppo delle conoscenze. Alcune ci meravigliano, ad esempio la cosiddetta civiltà greca: l’arte, la filosofia, la letteratura, le conoscenze di storia, di fisica, delle matematiche, dell’astronomia e in altri campi.

Si conosce sempre di più sui mayas e su altre civiltà che precedettero quella degli incas, il che dimostra che l’essere umano, anche se separato da decine di migliaia di anni nel tempo e da decine di migliaia di chilometri nello spazio, era già allora creatore e capace di portare a termine straordinarie opere; ma in tutte le civiltà precedenti, così come in quella attuale, in un modo o in un altro, ci sono stati e ci sono imperi, guerre di conquista, forme di schiavitù e di feudalesimo, ricchi e poveri, classi sociali privilegiate dominanti e classi sfruttate, emarginate ed escluse. Non saperlo sarebbe ignoranza estrema.

Devo dare ragione a Marx rispetto all’idea secondo cui quando ci fosse stato sulla terra un regime sociale veramente razionale, giusto ed equo, l’essere umano sarebbe uscito dalla preistoria.

Se tutto lo sviluppo della società umana è stato inevitabilmente caotico, disordinato, imprevedibile e in estremo crudele e ingiusto, la lotta per creare un altro mondo diverso, veramente razionale, degno dell’intelligenza della nostra specie, costituisce in questo momento della storia, che non assomiglia per niente a nessun’altra tappa previa dell’umanità, qualcosa che non era possibile e nemmeno immaginabile in altre circostanze: un tentativo di far sì che gli esseri umani programmino per la prima volta il loro destino.

Sognare con cose impossibili si chiama utopia; lottare per obiettivi non solo raggiungibili, ma anche imprescindibili per la sopravvivenza della specie, si chiama realismo.

Sarebbe erroneo supporre che tale obiettivo ubbidirebbe semplicemente a motivi ideologici. Si tratta di qualcosa che va ben oltre i nobili e ben giustificati sentimenti di giustizia e i profondi desideri che tutti gli esseri umani possano raggiungere una vita degna e libera; si tratta della sopravvivenza della specie.

La grande differenza tra l’epoca della Grecia e quella odierna non è nella capacità intellettuale della nostra specie; è nello sviluppo esponenziale e apparentemente infinito della scienza e della tecnologia che è avvenuto negli ultimi 150 anni, il quale supera assolutamente l’esigua e ridicola capacità politica dimostrata per affrontare i rischi di perire come specie che minacciano veramente l’umanità.

Meno di 60 anni fa si è fatto evidente, quand’è esploso su Hiroshima il primo ordigno nucleare equivalente a 20 mila tonnellate di TNT, che la tecnologia aveva creato uno strumento il cui sviluppo poteva porre fine all’esistenza della vita umana sul pianeta. Da allora non si è fermato nemmeno un giorno lo sviluppo di nuove, svariate e centinaia di volte più potenti ed efficaci armi e sistemi nucleari. Oggi ce ne sono decine di migliaia, molto poche sono state eliminate in virtù di ingannevoli e limitati accordi.

Un ridotto gruppo di paesi di quelli che monopolizzano tali armi si attribuiscono il diritto esclusivo di produrle e migliorarle. Le contraddizioni e gli interessi dei loro membri subiscono cambiamenti, e l’umanità si sviluppa sotto la minaccia delle armi nucleari. Qualcuno potrebbe fare un’affermazione simile a quella fatta da un imperatore persa che avvicinandosi con un enorme esercito ai 300 spartani che difendevano le Termopili: "I nostri missili nucleari oscureranno il Sole."

Le vite di miliardi di esseri umani che abitano il pianeta dipendono da ciò che pensino, credano e decidano poche persone. La cosa più grave è che coloro che possiedo tanto straordinario potere non ricorrono a psichiatri. Non potiamo rassegnarci. Abbiamo diritto a denunciare, domandare ed esigere cambiamenti e la cessazione di tanto assurda ed insolita situazione, che ci trasforma tutti in ostaggi. Nessuno deve possedere simili poteri, in caso contrario nessuno al mondo potrà mai tornare a parlare di civiltà.

A ciò si aggiunge un altro problema letale: appena 40 anni fa alcuni cominciarono ad esprimere preoccupazione sul cosiddetto ambiente, a partire da una civiltà barbara che distruggeva le condizioni naturali di vita. Per la prima volta si discuteva sul delicatissimo tema. Non pochi pensarono che si trattava di persone allarmiste ed esagerate, di un neomalthusianismo allo stile degli scorsi secoli.

Erano in realtà persone ben informate e intelligenti che iniziavano il compito di rendere consapevole l’opinione pubblica riguardo al tema, a volte con la angoscia che fosse troppo tardi per adottare le misure pertinenti. Coloro che per le alte responsabilità politiche dovevano mostrare la maggior preoccupazione, non mostravano altro che ignoranza e disprezzo.

Sono passati più di dieci anni dal Vertice di Rio di Janeiro convocato dalle Nazioni Unite, e malgrado la solita proliferazione di discorsi, di impegni e di promesse, molto poco è stato fatto. Tuttavia, la coscienza del pericolo mortale cresce. Deve crescere e crescerà la lotta. Non c’è alternativa.

Poco tempo fa c’è stato all’Avana un incontro su desertificazione e cambiamenti climatici convocato ugualmente dalle Nazioni Unite, un importante sforzo d’informazione, sensibilizzazione e di appello alla lotta.

A Rio sono stato testimone della preoccupazione e del timore dei rappresentanti delle piccole isole del Pacifico e di altri paesi minacciati dal rischio di essere sepolti dalle acque in modo parziale o totale a causa del cambiamento climatico. E’ triste. I primi a soffrire le conseguenze dei danni all’ambiente sono i poveri. Non hanno automobili, né condizionatori d’aria, possibilmente non hanno nemmeno mobili, se per caso dispongono di abitazione. Su di loro ricadono più direttamente gli effetti delle grandi emanazioni di CO2 che causano il riscaldamento dell’atmosfera e l’effetto pernicioso dei raggi ultravioletta che attraversano il deteriorato filtro dell’ozono. Quando si ammalano, si sa bene che non c’è per loro né per i loro familiari ospedali, medici né medicine.

Terzo problema: secondo il calcolo più conservatore possibile, la popolazione mondiale ha impiegato non meno di 50 mila anni per raggiungere la cifra di un miliardo di abitanti. Ciò avvenne nel 1800 circa, agli inizi del XIX secolo. Raggiunse i due miliardi 130 anni dopo, nel 1930, XX secolo. I tre miliardi sono stati raggiunti nel 1960, trent’anni dopo; quattro miliardi nel 1974, passati quattordici anni; cinque miliardi nel 1987, dopo tredici anni; sei miliardi nel 1999, soltanto dodici anni dopo. Oggi conta 6,37 miliardi.

E’ veramente sorprendente che in soltanto 204 anni la popolazione mondiale si sia moltiplicata ben 6,4 volte a partire dalla cifra di un miliardo raggiunta nel 1800, dopo non meno di 50 mila anni, calcolati in modo relativamente arbitrario e conservatore per avere un punto di partenza che dovrà essere considerato ulteriormente. Potrebbero essere molti più anni, se ci limitiamo al tempo in cui raggiunse la capacità attuale.

A quale ritmo cresce in questo momento?

Anno 1999: popolazione, 6 002 milioni di abitanti; crescita 77 milioni.

Anno 2000: popolazione 6 079 milioni; crescita 75 milioni.

Anno 2001: popolazione 6 154 milioni; crescita 74 milioni.

Anno 2002: popolazione 6 228 milioni; crescita 72 milioni.

Anno 2003: popolazione 6 300 milioni; crescita 74 milioni.

Anno 2004: popolazione stimata 6 374 milioni; crescita 74 milioni.

Quale sarà la popolazione mondiale nel 2050?

I calcoli più ridotti affermano che sarà di 7 409 milioni; i calcoli più elevati assicurano che raggiungerà la cifra di 10 633 milioni. Secondo il criterio di molti esperti, la cifra sarà circa 9 miliardi di abitanti. La grande allarma provocata da questa colossale esplosione demografica, unita all’accelerata degradazione delle condizioni naturali elementari per la sopravvivenza della specie ha causato costernazione in molti paesi, poiché il 100% delle suddette crescite avranno luogo nei paesi del Terzo Mondo.

Conoscendo il crescente deterioramento e la riduzione delle risorse di terra e d’acqua, la fame che si soffre in molti paesi, l’indifferenza e lo spreco delle società di consumo, nonché i problemi d’istruzione e sanitari della popolazione mondiale, a meno che vengano risolti, è da immaginare una specie umana i cui membri si divoreranno tra loro.

Sarebbe conveniente domandare ai campioni olimpici dei diritti umani nel mondo occidentale se qualche volta hanno dedicato almeno un minuto a pensare in queste realtà, che in altissimo grado sono conseguenza del sistema economico e sociale; cosa pensano di un sistema che, invece di educare le masse come elemento fondamentale per avanzare con l’appoggio della scienza, della tecnica e della cultura alla ricerca di soluzioni fattibili e urgenti; spende un miliardo di dollari ogni anno in propaganda alienante e consumistica? Con quanto si spende in un solo anno per diffondere questo singolare veleno, si potrebbe alfabetizzare tutti gli analfabeti ed elevare il livello fino alla terza media di tutti i seminalfabeti del mondo in meno di dieci anni, e nessun bambino povero mancherebbe d’istruzione. Senza istruzione e senza altri servizi sociali, il delitto e il consumo di droga non potranno mai essere ridotti quasi fino all’eliminazione.

Lo affermiamo da Cuba, il paese bloccato durante 45 anni, accusato e condannato non poche volte a Ginevra dagli Stati Uniti e dai loro incondizionati soci, che è sul punto di raggiungere servizi di sanità, d’istruzione e di formazione culturale con livelli di qualità mai sognati dall’Occidente sviluppato e ricco, i quali sono inoltre assolutamente gratuiti per tutti i cittadini senza alcuna eccezione.

La globalizzazione neoliberale imposta al mondo, disegnata per conseguire un maggiore saccheggio delle risorse naturali del pianeta, ha portato la maggioranza dei paesi del Terzo Mondo, e in modo speciale quelli dell’America Latina, dopo il fatidico "Consenso di Washington", a una situazione disperata e insostenibile.

Il primo frutto della funesta politica è stato il "decennio perduto" del 1980, in cui la crescita della regione si è limitata all’1%; tra il 1990 e il 1998 cresce fino al 2,7%, molto al di sotto delle false illusioni e delle urgenti necessità, per scendere ancora fino all’1% tra il 1998 e il 2004.

Il debito estero che nel 1985, anno del vergognoso "consenso", era di 3 miliardi, è oggi superiore ai 7,5 miliardi di dollari.

Le privatizzazioni hanno alienato per centinaia di miliardi di dollari beni nazionali che sono stati creati durante molti anni, i quali si sono evaporati alla stessa velocità con cui si produce la fuga di capitali verso gli Stati Uniti o l’Europa.

La disoccupazione ha raggiunto cifre record. Ottantadue su cento nuovi posti lavoro creatisi sono del cosiddetto "settore informale", che comprende una lunga lista di persone che si guadagnano da vivere in qualsiasi modo, senza alcuna protezione sociale e legale.

La povertà è cresciuta in modo allarmante, soprattutto la povertà estrema: 12,8 % fino a raggiungere il 44% della popolazione. Lo sviluppo si paralizza e i servizi sociali sono sempre peggiori, infatti, com’era da aspettarsi, soprattutto nell’istruzione e nella sanità, tra altri, la globalizzazione neoliberale ha cagionato un vero e proprio disastro.

Se a ciò si aggiungono vecchie e nuove forme di saccheggio come lo scambio disuguale, la fuga incessante e forzata di capitali, il furto di cervelli, il protezionismo, i sussidi e gli ukase della WTO, nessuno dovrebbe meravigliarsi delle crisi e degli avvenimenti che hanno luogo in Sud America.

L’America Latina è stata la regione del mondo dove con maggiore rigore ed esigenza è stata applicata la globalizzazione neoliberale. Adesso affronta la sfida dell’ALCA, che spazzerebbe via le industrie nazionali e trasformerebbe il MERCOSUR e il Patto Andino in appendici dell’economia statunitense: un assalto finale contro lo sviluppo economico, contro l’unità e l’indipendenza dei popoli latinoamericani.

Ma se questo tentativo di annessione fosse portato a termine, tale ordine economico continuerebbe ad essere insostenibile sia per i popoli di America Latina sia per lo stesso popolo statunitense, che vede minacciati i propri impieghi da un’abbondante mano d’opera a basso prezzo, reclutata dalle maquiladoras tra coloro a cui la povertà, il disastro educativo e la disoccupazione hanno impedito di ottenere un’adeguata qualifica. Mano d’opera a basso prezzo e non qualificata è qualcosa che possono offrire in modo massiccio le oligarchie latinoamericane.

La sintesi di quanto ho detto esprime la profonda convinzione che la nostra specie, e con essa ognuno dei nostri popoli, si trova in un momento decisivo della storia: o cambia il corso degli avvenimenti o non potrà sopravvivere. Non c’è un altro pianeta dove poter trasferirci. In Marte non c’è atmosfera, né aria, né acqua. Non c’è nemmeno una linea di trasporto che ci porti in massa fin là. Quindi, o salviamo ciò che abbiamo o dovranno trascorrere molti milioni di anni prima che nasca, forse, un’altra specie intelligente che possa ricominciare l’avventura vissuta dalla nostra. Il Papa Giovanni Paolo II ha già spiegato che la teoria dell’evoluzione non era inconciliabile con la dottrina della creazione.

Devo concludere le mie parole. Non è poco il lavoro che ci attende nel 2004.

Voglio congratularmi con il popolo cubano per tutto quanto ha fatto durante questi anni, per il suo eroismo, per il suo patriottismo, per lo spirito di lotta, la sua lealtà e il suo fervore rivoluzionario.

Faccio complimenti speciali in questo 45º anniversario a coloro che hanno saputo compiere le gloriose missioni internazionaliste, di cui è simbolo attuale l’esemplare condotta dei Cinque Eroi Prigionieri dell’Impero, che con impressionante dignità affrontano le ingiuste, vendicative e crudeli azioni dei nemici della loro Patria e del loro popolo, e i quindicimila medici che con enorme sacrificio, sfidando rischi e pericoli, compiono il loro dovere internazionalisti in qualunque posto sperduto di oltre 64 paesi, prodezza umana che non potrebbero mai realizzare gli Stati Uniti e l’Europa poiché mancano di capitale umano che dimostri quali sono i diritti umani che in realtà difendono.

Nessuno potrà impedire la condotta solidale del nostro popolo e il coraggio dei suoi figli con minacce né aggressioni contro i nostri medici, maestri, istruttori di sport o contro qualunque altro collaboratore, perché ce ne sono molti disposti a ricevere l’onore di occupare i posti di coloro che perdano la vita, vittime di azioni terroriste incoraggiate e spinte da funzionari estremisti del governo degli Stati Uniti.

Faccio i complimenti a tutti coloro che lottano, a quelli che non sin arrendono mai di fronte alla difficoltà; a coloro che credono nelle capacità umane per creare, seminare e coltivare valori e idee; a coloro che scommettono sull’umanità; a tutti coloro che condividono la bellissima convinzione che un mondo migliore è possibile!

Lotteremo insieme a loro e vinceremo!

Alesesto Roma
21-10-2010, 19:08
questi se so coalizzati!!!!!!

gru-nt
21-10-2010, 19:17
Caro Tony

Distinti webchapterini,

(omissis..)

Lotteremo insieme a loro e vinceremo!

IN FOSSA !! IN FOSSA!!

:all_coholic::all_coholic:

doctor harley
21-10-2010, 19:24
Caro Tony

Distinti webchapterini,

....omissis.....

Lotteremo insieme a loro e vinceremo!

Al rigo 3 del 25mo capoverso hai commesso un errore di battuta (VERO!!):smashfreakb:

Quindi.......

RISCRIVI TUTTO!!!!!!!!!

:happy4::happy4::happy4:

:happy5:

Cava
21-10-2010, 19:50
Ciao Tony,



Come Andrea, anche io voglio dire la mia e collaborare......

Ringrazio vivamente per le calde parole di saluto che hai rivolto a nome della comunità in questo incontro per me e, sono certo, anche per voi tanto significativo. Sono venuto molto volentieri tra voi per manifestarvi l’affetto e la stima che nutro per il vostro Ordine e per ricordare, altresì, nel IX centenario della sua fondazione, gli stretti legami che esso intrattiene con la Sede Apostolica fin dalle sue origini, quando a San Bruno e ai suoi primi discepoli vennero affidate alcune missioni dal mio venerato predecessore Urbano II. Per la data giubilare ho inviato al padre André Poisson, Ministro Generale dell’Ordine, una mia Lettera nella quale, richiamando il carisma della vostra benemerita istituzione, rilevavo che, pur nel dovuto e giusto adattamento ai tempi, «bisogna che voi, rifacendovi continuamente allo spirito originario del vostro Ordine, restiate saldi con volontà incrollabile nella vostra vocazione».
Ora che la Provvidenza ha permesso questa sosta, vorrei riprendere il discorso in essa avviato, meditando con voi sul ruolo che avete nella Chiesa e sulle attese del Popolo di Dio nei vostri confronti.
A voi è dato di vivere la vocazione contemplativa in questa oasi di pace e di preghiera, che già San Bruno, scrivendo all’amico Rodolfo il Verde così descriveva:
«Abito in un deserto situato in Calabria e da ogni parte abbastanza discosto dall’abitato; mi trovo in compagnia di confratelli religiosi, di cui alcuni molto eruditi, i quali, perseverando in una santa vigilanza, attendono il ritorno del Signore per aprirgli appena avrà picchiato.
Come adeguatamente parlare dell’amenità di detto luogo, della mitezza e salubrità del clima o dell’ampia e bella pianura che si estende lontano tra i monti e racchiude praterie verdeggianti e pascoli smaltati di fiori? Come descriverti l’aspetto delle colline che dolcemente si elevano all’intorno ed il recesso delle valli ombrose con l’incanto dei numerosi fiumi, dei ruscelli e delle fonti?».
È necessario che voi, odierni seguaci di quel grande uomo di Dio, ne raccogliate gli esempi, impegnandovi ad attuare lo spirito di amore a Dio nella solitudine, nel silenzio e nella preghiera, come coloro che «aspettano il padrone, per aprirgli subito appena arriva e bussa». Voi, infatti, siete chiamati a vivere come per anticipazione quella vita divina che San Paolo descrive nella 1a Lettera ai Corinzi, quando osserva: «Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia; ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch’io sono conosciuto».
2. Il Fondatore vi invita a riflettere sul senso profondo della vita contemplativa, alla quale Dio chiama in ogni epoca della storia anime generose. Lo spirito della Certosa è per uomini forti: già San Bruno notava come l’impegno contemplativo fosse riservato a pochi («i figli della contemplazione sono infatti meno numerosi dei figli dell’azione»). Ma questi pochi sono chiamati a formare una sorta di «scorta avanzata» nella Chiesa. Il lavorio sul carattere, l’apertura alla grazia divina, l’assidua preghiera, tutto serve per forgiare nel certosino uno spirito nuovo, temprato nella solitudine a vivere per Iddio in atteggiamento di disponibilità totale. Alla Certosa ci si impegna ad ottenere il pieno superamento di se stessi e a coltivare i germi di ogni virtù, nutrendosi copiosamente dei frutti celesti. V’è in ciò tutto un programma di vita interiore, a cui allude San Bruno quando scrive: «Qui si acquista quello sguardo pieno di serenità che ferisce d’amore lo Sposo celeste, quell’occhio puro e luminoso che vede Dio. Qui il riposo è unito al lavoro, l’attività è senza turbamento».
L’uomo contemplativo è costantemente proteso verso Dio e può a ragione esprimere l’anelito del Salmista: «quando verrò e vedrò il volto di Dio?» (Sal. 41,3). Egli vede il mondo e le sue realtà in modo assai diverso da chi in esso vive: la «quies» è cercata solo in Dio e San Bruno a più riprese invita i suoi discepoli a fuggire «le molestie e le miserie» di questo mondo e a trasferirsi «da questo mondo tempestoso nella sicura e tranquilla quiete del porto». Nella pace e nel silenzio del monastero si trova la gioia di lodare Dio, di vivere in lui, di lui e per lui. S. Bruno, che è vissuto in questo monastero per circa dieci anni, scrivendo ai suoi Fratelli della Comunità di Certosa, apre il suo animo traboccante di gioia e senza retorica alcuna li sprona a godere del loro stato contemplativo: «Godete, fratelli miei dilettissimi, della vostra felice sorte e dell’abbondanza di grazie che Dio vi prodiga. Godete di essere scampati ai molteplici pericoli e naufragi di questo mondo agitato. Godete d’essere giunti al tranquillo e sicuro riposo di un porto ben riparato».
3. Questa vostra specifica ed eroica vocazione non vi pone, tuttavia, ai margini della Chiesa; essa vi colloca anzi nel cuore stesso di essa. La vostra presenza è un richiamo costante alla preghiera, che è il presupposto di ogni autentico apostolato. Come ho avuto modo di scrivervi, il «sacrificio di lode»… ha bisogno della vostra pia sollecitudine, con cui quotidianamente «persistete nelle veglie divine» (Cf. San Bruno). La Chiesa vi stima, conta molto sulla vostra testimonianza, confida sulle vostre preghiere. Anch’io affido a voi il mio ministero apostolico di Pastore della Chiesa universale.
Date con la vita testimonianza del vostro amore a Dio. Il mondo vi guarda e, forse inconsapevolmente, molto si attende dalla vostra vita contemplativa. Continuate a porre sotto i suoi occhi la «provocazione» di un modo di vivere che, pur intriso di sofferenza, di solitudine e di silenzio, fa zampillare in voi la sorgente di una gioia sempre nuova. Non scrive forse il vostro Fondatore:
« Quanta utilità e gioia divina apportino la solitudine e il silenzio dell’eremo a coloro che li amano, lo sanno solo quelli che ne hanno fatto l’esperienza»? Che questa sia anche la vostra esperienza lo si può dedurre dall’entusiasmo con cui perseverate nella strada intrapresa. Dai vostri volti si vede come Iddio doni la pace e la gioia dello Spirito quale mercede a chi ha abbandonato ogni cosa per vivere di Lui e cantare in eterno la sua lode.
4. L’attualità del vostro carisma è dinanzi alla Chiesa e mi auguro che tante anime generose vi seguano nella vita contemplativa. La vostra è una via evangelica di sequela di Cristo. Essa esige la donazione totale nella segregazione dal mondo, come conseguenza di una scelta coraggiosa che ha alla sua origine la sola chiamata di Gesù. È lui che vi ha rivolto questo invito di amicizia e di amore a seguirlo sul monte, per restare con lui.
Il mio augurio è che da questo luogo parta un messaggio verso il mondo e raggiunga specialmente i giovani, aprendo dinanzi ai loro occhi la prospettiva della vocazione contemplativa come dono di Dio. I giovani, oggi, sono animati da grandi idealità e se vedono uomini coerenti, testimoni del Vangelo li seguono con entusiasmo. Proporre al mondo di oggi di praticare una «vita nascosta con Cristo» (Cf. Col. 3,3), significa ribadire il valore dell’umiltà, della povertà, della libertà interiore. Il mondo, che in fondo ha sete di queste virtù, vuole vedere degli uomini retti che le praticano con eroismo quotidiano, mossi dalla coscienza di amare e di servire con questa testimonianza i fratelli.
Voi da questo monastero siete chiamati ad essere lampade che illuminano la via su cui camminano tanti fratelli e sorelle sparsi nel mondo; sappiate sempre aiutare chi ha bisogno della vostra preghiera e della vostra serenità. Pur nella felice condizione di aver scelto con la sorella di Marta, Maria, «la parte migliore che non le sarà tolta» (Lc 10,42), non siete posti al di fuori delle situazioni dei fratelli, che bussano al vostro luogo di solitudine. Essi portano a voi i loro problemi, le loro sofferenze, le difficoltà che accompagnano questa vita: voi – pur nel rispetto delle esigenze della vostra vita contemplativa – date loro la gioia di Dio, assicurandoli che pregherete per loro, che offrirete la vostra ascesi, perché anche loro attingano forza e coraggio alla fonte della vita, che è Cristo. Essi vi offrono l’inquietudine dell’umanità; voi fate loro scoprire che Dio è la sorgente della vera pace. Infatti, per usare ancora questa espressione di San Bruno, «Vi può essere qualcosa di più buono che Dio? Anzi qual altro bene può esservi fuori di Dio solo?».
5. Ho voluto con voi leggere alcuni pensieri del vostro Fondatore per rivivere in questo luogo, testimone della sua intensa vita eremitica, lo spirito che lo animava. Qui egli volle, dopo un lungo servizio alla Chiesa, chiudere la sua esistenza terrena. Qui voi restate per mantenere viva la lampada che egli accese nove secoli or sono.
Io porto con me, in questa Visita pastorale alla Calabria, l’esperienza di un momento di pace e di gioia, che mi ha recato profondo conforto. La natura, il silenzio, la vostra preghiera rimangono scolpite nel mio animo: continuate la vostra missione. A conforto del vostro impegno imparto a ciascuno la Benedizione Apostolica, propiziatrice dei doni che vengono da Dio, fonte di ogni consolazione.


E con questo ho detto tutto!!!.........

basman
21-10-2010, 20:08
Io aggiungerei...

Signor presidente, signori delegati,
la delegazione di Cuba a questa Assemblea ha il piacere di adempiere, in primo luogo, al grato dovere di salutare l'ingresso di tre nuove nazioni nel novero di quelle che qui discutono i problemi del mondo. Salutiamo cioè, nelle persone dei loro Presidenti e Primi Ministri, i popoli della Zambia, del Malawi e di Malta e facciamo voti perché questi paesi entrino a far parte fin dal primo momento del gruppo di nazioni non allineate che lottano contro l'imperialismo, il colonialismo e il neocolonialismo.
. Facciamo pervenire i nostri rallegramenti anche al Presidente di questa Assemblea, la cui investitura ad una così alta carica ha un singolare significato, poiché essa è il riflesso di questa nuova fase storica di straordinari trionfi per i popoli dell'Africa, fino a ieri soggetti al sistema coloniale dell'imperialismo e che oggi, nella loro immensa maggioranza, nell'esercizio legittimo della loro libera determinazione, si sono costituiti in stati sovrani. È suonata ormai l'ultima ora del colonialismo e milioni di abitanti d'Africa, Asia e America latina si sollevano per conquistare una nuova vita ed impongono il loro insopprimibile diritto all'autodeterminazione e allo sviluppo indipendente delle loro nazioni. Le auguriamo, signor Presidente, il migliore successo nel compito che le è stato affidato dai paesi membri.
Cuba viene ad esporre la sua posizione sui punti più importanti di controversia e lo farà con tutto il senso di responsabilità che comporta il far uso di questa tribuna, ma al tempo stesso rispondendo al dovere imprescindibile di parlare con piena franchezza e chiarezza.

Esprimiamo il desiderio di vedere questa Assemblea mettersi alacremente al lavoro e andare avanti; vorremmo che le Commissioni iniziassero il loro lavoro senza doversi arrestare al primo confronto. L'imperialismo vuole trasformare questa riunione in una vana tribuna oratoria, e non vuole che vengano risolti i gravi problemi del mondo; dobbiamo impedirlo. Questa Assemblea non dovrebbe essere ricordata in futuro soltanto per il numero IX che la contraddistingue. Al raggiungimento di questo fine sono tesi i nostri sforzi.
Riteniamo che sia nostro diritto e nostro dovere agire in questo modo, dato che il nostro paese è uno dei punti di costante frizione, uno dei posti in cui i princìpi che sono a sostegno dei diritti dei piccoli paesi alla loro sovranità sono messi alla prova giorno per giorno e minuto per minuto e, il tempo stesso, è una delle trincee della libertà del mondo, una trincea a pochi passi dall'imperialismo nordamericano, e che mostra con la sua azione, con il suo esempio quotidiano, che i popoli possono liberarsi e possono mantenersi liberi nelle attuali condizioni dell'umanità. Indubbiamente oggi esiste un campo socialista sempre più forte, provvisto di armi di dissuasione sempre più potenti. Ma per sopravvivere sono necessarie anche altre condizioni: mantenere la coesione interna, avere fede nel proprio destino e possedere una decisione irriducibile di lottare fino alla morte in difesa del paese e della rivoluzione. A Cuba queste condizioni ci sono, signori delegati.

Fra tutti i problemi scottanti che debbono essere trattati da questa Assemblea, uno di quelli che per noi hanno maggior significato e di cui crediamo sia necessario dire una definizione che non lasci dubbi in nessuno, è quello della consistenza pacifica fra stati con diversi regimi economico-sociali. Notevoli sono i passi in avanti compiuti dal mondo in questo campo; tuttavia l'imperialismo - soprattutto quello nordamericano - ha la pretesa di far credere che la consistenza pacifica sia di uso esclusivo delle grandi potenze della terra. Noi esprimiamo qui la stessa posizione sostenuta dal nostro Presidente al Cairo e che doveva poi essere alla base della Dichiarazione della Seconda Conferenza dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi non Allineati: e cioè che la consistenza pacifica non deve essere limitata soltanto ai potenti, se si vuole garantire la pace del mondo. La coesistenza pacifica deve essere praticata fra tutti gli stati, indipendentemente dalla loro importanza, dalle relazioni storiche che li legavano in precedenza e dai problemi sorti fra alcuni di essi in un momento dato.

Attualmente, il tipo di coesistenza pacifica alla quale noi aspiriamo non viene rispettata in un gran numero di casi. Il regno di Cambogia, semplicemente perché ha una posizione neutrale e non ha voluto piegarsi alle macchinazioni dell'imperialismo nordamericano, è stato oggetto di ogni tipo di attacchi proditori e brutali lanciati dalle basi che gli yankee hanno nel Vietnam del Sud. Il Laos, paese diviso, è stato anch'esso oggetto di aggressioni imperialiste di ogni tipo; il suo popolo, massacrato dal cielo; gli accordi firmati a Ginevra, violati, e una parte del territorio in costante pericolo di essere attaccato impunemente dalle forze imperialiste. La Repubblica Democratica del Vietnam, che conosce tutte queste storie di aggressione come pochi popoli sulla terra, ha visto ancora una volta violate le sue frontiere, ha visto come gli aerei da bombardamento e da caccia nemici sparavano contro le sue installazioni, come le navi da guerra nordamericane, violando le acque territoriali, attaccavano i suoi porti. In questo momento, sulla Repubblica Democratica del Vietnam pesa la minaccia dei guerrafondai nordamericani estendano apertamente sul suo territorio e sul suo popolo la guerra che da diversi anni stanno conducendo contro il popolo del Vietnam del Sud. L'Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese hanno seriamente ammonito gli Stati Uniti. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui è in pericolo la pace del mondo; non solo, la vita di milioni di esseri di tutta questa zona dell'Asia è costantemente minacciata, poiché dipende dai capricci dell'invasore nordamericano.
La coesistenza pacifica, inoltre, è stata messa a dura prova anche a Cipro, a seguito delle pressioni del governo turco e della NATO, che hanno costretto il popolo e il governo ciprioti ad una eroica ed energica difesa della loro sovranità.
In tutti questi paesi l'imperialismo cerca di imporre la sua versione della coesistenza pacifica: sono i popoli oppressi, in alleanza con il campo socialista, che debbono dire quale sia la vera coesistenza, ed è obbligo delle Nazioni Unite appoggiarli.
Bisogna anche chiarire che il concetto di consistenza pacifica deve essere ben definito, non soltanto per quanto riguarda i rapporti fra stati sovrani. In quanto marxisti, abbiamo sempre sostenuto che la coesistenza pacifica fra le nazioni non comporta la coesistenza fra sfruttatori e sfruttati, fra oppressori ed oppressi. Il diritto alla piena indipendenza, contro ogni forma di oppressione coloniale, è, inoltre, un principio proclamato in seno a questa Organizzazione. Per questo esprimiamo la nostra solidarietà ai popoli, ancora oggi soggetti al dominio coloniale, della Guinea detta portoghese, dell'Angola e del Mozambico, massacrati per il delitto di chiedere la propria libertà, e siamo disposti ad aiutarli nella misura delle nostre forze, coerentemente con la Dichiarazione del Cairo.

Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo di Portorico e il suo leader, Pedro Albizu Campos che, con un ennesimo atto di ipocrisia, à stato rimesso in libertà all'età di 72 anni, privo quasi della parola, paralitico, dopo aver trascorso in carcere tutta la vita. Albizu Campos è il simbolo dell'America ancora irredenta e indomita. Anni e anni di prigione, pressioni quasi insopportabili nel carcere, torture mentali, la solitudine, il totale isolamento dal suo popolo e dalla sua famiglia, l'insolenza del conquistatore e dei suoi lacchè nella terra che lo vide nascere: nulla riuscì a piegare la sua volontà. La Delegazione di Cuba, a nome del suo popolo, tributa un omaggio di ammirazione e di gratitudine ad un patriota che dà lustro e dignità alla nostra America.

I nordamericani si sono ostinati per anni a voler trasformare Portorico in una vetrina di cultura ibrida; lingua spagnola con inflessioni inglesi, lingua spagnola con cerniera sul dorso per piegarla davanti al soldato yankee. Soldati portoricani sono stati utilizzati come carne da cannone nelle guerre dell'impero, come in Corea, e addirittura per sparare contro i propri fratelli, come nel massacro perpetrato dall'esercito nordamericano, alcuni mesi fa, contro il popolo inerme di Panama, uno dei più recenti crimini dell'imperialismo yankee.
Eppure, nonostante questa tremenda violazione della sua volontà e del suo destino storico, il popolo di Portorico ha conservato la sua cultura, il suo carattere latino, i suoi sentimenti nazionali, che da soli dimostrano l'indomabile vocazione all'indipendenza esistente nelle masse dell'isola latinoamericana.

Dobbiamo anche avvertire che il principio della consistenza pacifica non comporta il diritto di ingannare la volontà dei popoli, come succede nel caso della Guyana detta Britannica, dove il governo del Primo Ministro Cheddy Jagan è stato vittima di tutta una serie di pressioni e di manovre e dove è stato rinviato il momento di concedere l'indipendenza, per poter trovare il sistema di eludere le aspirazioni popolari e assicurarsi la docilità di un governo diverso dall'attuale, frutto dell'intrigo, al quale concedere una libertà castrata a questo pezzo di terra americana.
Quali che siano le vie che la Guayana dovrà seguire per ottenere la libertà, Cuba esprime al suo popolo il suo appoggio morale e militante.

Dobbiamo aggiungere, inoltre, che le isole della Guadalupa e della Martinica sono in lotta per la propria autonomia da tempo, senza successo, e questo stato di cose non deve continuare.

Ancora una volta, leviamo la nostra voce per denunciare al mondo quello che sta succedendo in Sud Africa; la brutale politica dell'apartheid viene applicata sotto gli occhi delle nazioni del mondo. I popoli dell'Africa sono costretti a sopportare che in quel continente sia ancora riconosciuta ufficialmente la superiorità di una razza sull'altra, che si commettano impunemente degli assassinii in nome della superiorità razziale. Le Nazioni Unite non faranno dunque nulla per impedirlo?

Vorrei riferirmi specificamente al doloroso caso del Congo, unico nella storia del mondo moderno, che indica come si può offendere nella più assoluta impunità, col cinismo più insolente, il diritto dei popoli. All'origine di tutto ciò vi sono le ingenti ricchezze del Congo che le potenze imperialiste vogliono mantenere sotto il proprio controllo. Nell'intervento che ebbe a fare in occasione della sua prima visita alle Nazioni Unite, il compagno Fidel Castro disse che tutto il problema della coesistenza fra le nazioni si riduceva al problema dell'appropriazione indebita di ricchezze altrui, ed egli fece la seguente affermazione: "cessi la filosofia della spoliazione e cesserà la filosofia della guerra." Ma la filosofia della depredazione non solo non è cessata, anzi continua più forte che mai e, per questo, le stesse forze che si servirono del nome delle Nazioni Unite per perpetrare l'assassinio di Lumumba, assassinano oggi migliaia di congolesi in nome della difesa della razza bianca.

Come è possibile dimenticare il modo in cui fu tradita la speranza che Patrice Lumumba pose nelle Nazioni Unite? Come potremmo dimenticare gli intrighi e le manovre che seguirono all'occupazione di quel paese da parte delle truppe delle Nazioni Unite, sotto i cui auspici agirono impunemente gli assassini del grande patriota africano?
Come potremmo dimenticare, signori delegati, che chi si sottrasse all'autorità delle Nazioni Unite in Congo, e non proprio per ragioni patriottiche ma in virtù della lotta fra imperialisti, fu Moise Ciombe, che diede inizio alla secessione del Katanga con l'appoggio belga?

E come giustificare, come spiegare che, alla fine di tutta l'azione delle Nazioni Unite, Ciombe, cacciato dal Catanga, ritorna padrone e signore del Congo? Chi potrebbe negare il tristo ruolo clìe gli imperialisti fecero svolgere all'Organizzazione delle Nazioni Unite? Riassumendo: è stato messo in moto tutto un vistoso apparato per evitare la scissione del Katanga e oggi, il Katanga è al potere, le ricchezze del Congo in mano agli imperialisti... e le spese debbono essere pagate da degne nazioni. Un buon affare per i mercanti della guerra! Per questo il Governo di Cuba appoggia la giusta posizione dell'Unione Sovietica, che rifiuta di pagare le spese di questo crimine.
Per colmo di scherno, ci gettano ora in faccia queste ultime azioni che hanno riempito di indignazione il mondo intero.
Chi sono gli autori? Paracadutisti belgi, trasportati da aerei nordamericani decollati da basi inglesi. Ci viene in mente che pochi anni or sono, ieri quasi, un piccolo paese d'Europa, lavoratore e civilizzato, il regno del Belgio, era invaso dille orde hitleriane; la nostra coscienza era amareggiata dal sapere che questo popolo era massacrato dall'imperialismo tedesco e lo vedevamo con affetto. Ma quest'altra faccia della medaglia imperialista era sconosciuta ai piú.
Forse son figli di patrioti belgi, morti in difesa della libertà del proprio paese, quelli che assassinano a freddo migliaia di congolesi in nome della razza bianca così come essi furono soggetti al tallone tedesco perché la loro percentuale di sangue ariano non era abbastanza alta.

I nostri occhi liberi si aprono oggi su nuovi orizzonti e sono capaci di vedere quello che ieri la nostra condizione di schiavi coloniali ci impediva di osservare: cioè che la "civiltà occidentale" nasconde sotto la sua vistosa facciata una realtà di iene e di sciacalli.
Perché non possiamo chiamare diversamente quelli che sono andati a compiere azioni cosi "umanitarie" nel Congo. Animale carnivoro che si nutre di popoli inermi; ecco a che cosa riduce l'uomo l'imperialismo, questo è ciò che distingue il "bianco" imperiale.
Tutti gli uomini liberi del mondo debbono prepararsi a vendicare il crimine del Congo.
Forse molti di quei soldati, trasformati in subumani dalla macchina imperialista, pensano in buona fede di difendere i diritti di una razza superiore; ma in questa Assemblea la maggioranza è costituita da popoli che hanno la pelle abbronzata da diversi soli, colorata da diversi pigmenti, e che hanno capito perfettamente che le differenze fra gli uomini non vengono dal colore della pelle, ma dal tipo di proprietà dei mezzi di produzione, dai rapporti di produzione.

La Delegazione Cubana invia il suo saluto ai popoli della Rhodesia del Sud e dell'Africa Sudoccidentale, oppressi da minoranze di coloni bianchi. Al Basutoland, alla Beciuania e allo Swaziland, alla Somalia francese, al popolo arabo della Palestina, ad Aden e ai protettorati, a Oman e a tutti i popoli in conflitto con l'imperialismo o il colonialismo, e ribadisce loro il suo appoggio. Si augura inoltre che venga raggiunta una giusta soluzione al conflitto fra la repubblica sorella di Indonesia e la Malaisia.
Signor Presidente, uno dei temi fondamentali di questa Assemblea è il disarmo generale e completo. Esprimiamo il nostro accordo per quanto riguarda il disarmo generale e completo; propugnamo, inoltre, la distruzione totale delle bombe termonucleari e appoggiamo la proposta per la convocazione di una conferenza di tutti i paesi del mondo che realizzi queste aspirazioni dei popoli. Il nostro Primo Ministro ha ammonito, nel suo intervento davanti a questa Assemblea, che la corsa agli armamenti ha sempre condotto alla guerra. Vi sono nuove potenze atomiche nel mondo e le possibilità di uno scontro aumentano.
Noi riteniamo che questa conferenza sia necessaria per arrivare alla totale distruzione delle armi termonucleari e, come prima misura, suggeriamo la proibizione totale degli esperimenti. Al tempo stesso, bisogna stabilire chiaramente l'obbligo per tutti i paesi di rispettare le attuali frontiere dei diversi stati; di non esercitare alcuna azione aggressiva, neppure con le armi convenzionali.
Nell'unirci alla voce di tutti i paesi del mondo che chiedono il disarmo generale e completo, la distruzione di tutto l'arsenale atomico, la cessazione assoluta della fabbricazione di nuove bombe termonucleari e degli esperimenti atomici di qualsiasi tipo, riteniamo necessario sottolineare che deve essere rispettata anche l'integrità territoriale delle nazioni e deve esser fermato il braccio armato dell'imperialismo che non è meno pericoloso per il fatto che impugna armi convenzionali. Coloro che hanno assassinato migliaia di cittadini congolesi inermi, non si sono serviti dell'arma atomica; sono state le armi convenzionali, impugnate dall'imperialismo, a provocare tanta morte.
Anche se la realizzazione delle misure qui auspicate renderebbe inutile dirlo, è bene precisare che noi non potremmo aderire a nessun patto regionale di denuclearizzazione finché gli Stati Uniti manterranno basi aggressive nel nostro stesso territorio, a Portorico, a Panama e in altri stati americani, nei quali essi ritengono loro diritto installare, senza alcuna restrizione, sia armi convenzionali che nucleìri. Senza contare che le ultime risoluzioni dell'OEA contro il nostro paese, che potrebbe essere aggredito invocando il trattato di Rio, rendono necessario il possesso di tutti i mezzi difensivi a nostra disposizione.

Crediamo che se la Conferenza di cui abbiamo parlato raggiungesse tutti questi obiettivi, cosa difficile, disgraziatamente, essa sarebbe la più importante nella storia dell'umanità. Per assicurarne il successo sarebbe indispensabile la presenza della Repubblica Popolare Cinese che renderebbe un fatto obbligato la realizzazione di una riunione di questo tipo. Ma sarebbe molto più semplice per i popoli del mondo riconoscere la verità innegabile che esiste la Repubblica Popolare Cinese, i cui governanti sono gli unici rappresentanti del suo popolo, e attribuirle il seggio che le spetta, attualmente usurpato dalla cricca che ha il suo potere con l'appoggio nordamericano, la provincia di Taiwan.
Il problema della rappresentanza cinese alle Nazioni Unite non può essere considerato in alcun modo come se si trattasse di un nuovo ingresso nell'Organizzazione; si tratta invece di restaurare nei suoi legittimi diritti la Repubblica Popolare Cinese.
Dobbiamo rifiutare energicamente il complotto delle "due Cine." La cricca di Ciang Kai-shek non può continuare ad essere rappresentata alle Nazioni Unite. Si tratta, lo ripetiamo, di espellere l'usurpatore e di insediare il legittimo rappresentante del popolo cinese.
Mettiamo in guardia, inoltre, contro l'insistenza del governo degli Stati Uniti nel presentare il problema della legittima rappresentanza della Cina all'ONU come una "questione importante," allo scopo di imporre il quorum straordinario consistente nei due terzi dei membri presenti e con diritto al voto.
L'ingresso della Repubblica Popolare Cinese alle Nazioni Unite è veramente una questione importante per il mondo intero; ma non per il meccanismo interno delle Nazioni Unite, per cui deve rappresentare una semplice questione di procedura. In questo modo sarebbe fatta giustizia; ma sarebbe quasi altrettanto importante del fare giustizia dimostrare per una volta che questa augusta Assemblea ha occhi per vedere, udito per sentire, una propria lingua per parlare, un criterio preciso per prendere delle decisioni.

La diffusione delle armi atomiche fra i paesi della NATO e, in particolare, il possesso di questi strumenti di distruzione in massa da parte della Repubblica Federale Tedesca, allontanerebbero ancora di più la possibilità di un accordo sul disarmo, cui è strettamente legato quello della riunificazione pacifica della Germania. Finché non sarà raggiunta una intesa chiara, si dovrà riconoscere l'esistenza di due Germanie, la Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica Federale. Il problema tedesco non può essere risolto se non con la partecipazione diretta ai negoziati della Repubblica Democratica Tedesca, con pieni diritti.

Faremo soltanto un accenno ai temi dello sviluppo economico e del commercio internazionale, cui l'ordine del giorno riserva ampio spazio. Proprio quest'anno si è tenuta la Conferenza di Ginevra, nella quale sono stati affrontati un gran numero di problemi relativi a questi aspetti dei rapporti internazionali. Gli avvertimenti e le previsioni della .nostra delegazione sono stati confermati pienamente, per disgrazia dei paesi economicamente dipendenti.
Vogliamo semplicemente ricordare che, per quanto riguarda Cuba, gli Stati Uniti d'America non hanno adempiuto alle raccomandazioni esplicite formulate da quella Conferenza e, recentemente, il governo nordamericano è arrivato addirittura a vietare la vendita di medicinali a Cuba, togliendosi definitivamente la maschera di umanitarismo con la quale aveva cercato di nascondere il carattere aggressivo del blocco contro il popolo di Cuba.
D'altra parte, vogliamo ripetere ancora una volta che le tare coloniali che impediscono lo sviluppo dei popoli non si esprimono soltanto attraverso rapporti di tipo politico. Il cosiddetto deterioramento della ragione di scambio non à altro che il risultato dello scambio diseguale fra paesi produttori di materie prime e paesi industriali che dominano i mercati e impongono la illusoria giustizia costituita dallo scambio uguale di valori.
Finché i popoli economicamente dipendenti non si saranno liberati dai mercati capitalistici e, costituendo un solido blocco con i paesi socialisti, non avranno imposto nuovi rapporti fra sfruttatori e sfruttati, non vi sarà sviluppo economico solido, e in alcune situazioni vi sarà regresso, e i paesi deboli torneranno a cadere sotto il dominio politico degli imperialisti e dei colonialisti.

Infine, signori delegati, è necessario che si sappia chiaramente che nella zona dei Caraibi sono in corso manovre e preparativi di aggressione contro Cuba. Sulle coste del Nicaragua, soprattutto, ma anche in Costarica, nella zona del Canale di Panama, nelle Isole Vieques di Portorico, in Florida, con ogni probabilità in altri punti del territorio degli Stati Uniti e forse anche in Honduras, si stanno addestrando mercenari cubani e di altra nazionalità e non certo per scopi pacifici.
Dopo uno scandalo clamoroso, il governo di Costarica, si dice, ha ordinato lo smantellamento di tutti i campi di addestramento di esiliati cubani esistenti in quel paese. Nessuno è in grado di dire se si di un atteggiamento sincero o di una semplice manovra diversiva, dovuta al pericolo che i mercenari che si addestravano in quel paese commettessero qualche malefatta. Speriamo che si abbia una chiara coscienza dell'esistenza reale di basi di aggressione, come noi andiamo denunciando da tempo, e si rifletta sulla responsabilità internazionale che ha il governo di un paese che autorizza e favorisce l'addestramento di mercenari per attaccare Cuba.

È opportuno far presente che le notizie sull'addestramento di mercenari in diversi punti dei Caraibi e la partecipazione a tali iniziative del governo nordamericano, è riportata in modo del tutto naturale dai giornali americani. Che noi sappiamo, nessuno in America latina ha protestato ufficialmente per questo. Cosa che ci mostra il cinismo con cui gli Stati Uniti maneggiano i loro servi. Gli acuti ministri degli Esteri dell'OEA, che ebbero occhi per vedere stemmi cubani e trovare prove "irrefutabili" sulle armi yankee presentate dal Venezuela, non vedono i preparativi di aggressione che sono cosí evidenti negli Stati Uniti, come non sentirono la voce del presidente Kennedy che si dichiarava esplicitamente aggressore di Cuba a Playa Girón.
In alcuni casi si tratta di una cecità provocata dall'odio delle classi dominanti dei paesi latinoamericani contro la nostra Rivoluzione; in altri, ancora più tristi, ciò è il risultato degli abbaglianti splendori di Mammona.

Come tutti sanno, dopo i terribili fatti noti come crisi dei Caraibì, gli Stati Uniti sottoscrissero con l'Unione Sovietica determinati impegni che culminarono col ritiro di un certo tipo di armi che le continue aggressioni di quel paese - come l'attacco mercenario di Playa Girón e le minacce di invasione della nostra patria - ci avevano costretto ad installare a Cuba per un atto ali legittima e irrinunciabile difesa.
I nordamericani volevano, inoltre, che le Nazioni Unite ispezionassero il nostro territorio, cosa che noi rifiutammo nel modo più reciso, dato che Cuba non riconosce il diritto degli Stati Uniti, né di chiunque altro al mondo, di decidere il tipo di armi che può possedere all'interno delle sue frontiere.
In questo senso potremmo aderire soltanto ad accordi multilaterali con uguali obblighi per tutte le parti.
Come ha detto Fidel Castro: "Finché esisterà il concetto di sovranità quale prerogativa delle nazioni e dei popoli indipendenti, quale diritto di tutti i popoli, noi non accetteremo l'esclusione del nostro popolo da questo diritto. Finché il mondo sarà retto da questi princìpi, finché il mondo sarà retto da questi concetti ed essi avranno valore universale, perché sono universalmente accettati e consacrati da popoli, noi non accetteremo di essere privati di nessuno di questi diritti, noi non rinunceremo a nessuno di questi diritti."
Il signor Segretario Generale delle Nazioni Unite, U Thant, comprese le nostre ragioni. Senza dubbio gli Stati Uniti volevano attribuirsi una nuova prerogativa arbitraria e illegale: quella di violare lo spazio aereo di qualsiasi piccolo paese. Così il cielo della nostra patria ha continuato ad essere solcato da aerei U-2 e da altri tipi di apparecchi spia che, nella più assoluta impunità, navigano nel nostro spazio aereo. Abbiamo fatto tutti i passi necessari al fine di far cessare le violazioni aeree, così come le provocazioni che i marines yankee attuano contro i nostri posti di vigilanza nella zona di Guantánamo, i voli radenti di aerei sulle nostre imbarcazioni e su navi di altra nazionalità in acque internazionali, gli attacchi pirata contro navi di diversa bandiera e l'infiltrazione di spie, di sabotatori e di armi nella nostra isola. Noi vogliamo costruire il socialismo; ci siamo schierati apertamente con coloro che lottano per la pace; abbiamo dichiarato di appartenere al gruppo di paesi non allineati, anche se siamo marxisti-leninisti perché i non allineati, come noi, lottano contro l'imperialismo. Vogliamo la pace, vogliamo costruire una vita migliore per il nostro popolo e, per questo, facciamo di tutto per evitare di cadere nella trappola delle provocazioni architettate dagli yankee. Ma conosciamo la mentalità dei governanti americani; vogliono farci pagare a caro prezzo questa pace. E noi rispondiamo che questo prezzo non può oltrepassare i limiti della dignità.
E Cuba riafferma, ancora una volta, il suo diritto di tenere sul suo territorio le armi che, riterrà opportuno tenere e la sua opposizione a riconoscere il diritto di qualsiasi potenza, per grande che sia, a violare il nostro suolo, le nostre acque territoriali o il nostro spazio aereo.
Se in qualche assemblea Cuba sottoscrive accordi collettivi, li rispetterà fedelmente; ma finché questo non accadrà, conserva pienamente tutti i suoi diritti, come qualsiasi altra nazione.
Di fronte alle pretese dell'imperialismo, il nostro Primo Ministro proclamò i cinque punti necessari a garantire una solida pace nei Caraibi." Essi sono:

Primo: Cessazione del blocco economico e di tutte le misure di pressione commerciale ed economica che gli Stati Uniti applicano in tutte le parti del mondo contro il nostro paese.

Secondo: Cessazione di tutte le attività sovversive, lancio o sbarco di armi ed esplosivi dall'aria o dal mare, organizzazione di invasioni di mercenari, infiltrazione di spie e di sabotatori, tutte azioni che vengono effettuate a partire dal territorio degli Stati Uniti e di alcuni paesi complici.

Terzo: Cessazione degli attacchi pirata che vengono effettuati a partire da basi esistenti negli Stati Uniti e a Portorico.

Quarto: Cessazione di tutte le violazioni del nostro spazio aereo e navale da parte di aerei e navi da guerra nordamericane.

Quinto: Ritiro della Base navale di Guantánamo e restituzione del territorio cubano occupato dagli Stati Uniti.

Nessuna di queste elementari esigenze è stata soddisfatta, e dalla Base Navale di Guantánamo continuano le azioni di provocazione contro le nostre forze. Detta Base si è trasformata in un covo di malfattori e in una catapulta per la loro introduzione nel nostro territorio.
Annoieremmo questa Assemblea se facessimo una relazione anche approssimativa della quantità di provocazioni di ogni tipo. Basti dire che il loro numero, compresi i primi giorni di questo mese di dicembre, è stato di 1.323, soltanto nel 1964.
La lista comprende provocazioni minori, come la violazione della linea di confine, lancio di oggetti dal territorio controllato dai nordamericani; atti di esibizionismo sessuale da parte dei nordamericani di ambo i sessi; insulti verbali. Ve no sono altri di carattere più grave, quali spari con armi di piccolo calibro, maneggiamento di armi prendendo di mira il nostro territorio e offese al nostro simbolo nazionale. Gravissime provocazioni sono: superamento della linea di demarcazione, con incendio di installazioni del lato cubano e spari con fucili, fatto ripetutosi 78 volte nel corso dell'anno, con il bilancio doloroso della morte del soldato Ramón López Peña, a seguito degli spari provenienti dai posti nordamericani situati a 3,5 chilometri dalla costa a nord-ovest. Questa gravissima provocazione fu fatta alle 19,07 del giorno 19 luglio 1964, e il Primo Ministro del nostro Governo disse pubblicamente, il 26 luglio, che qualora il fatto si fosse ripetuto sarebbe stato ordinato alle nostre truppe di respingere l'aggressione. Al tempo stesso venne dato ordine di ritirare le linee avanzate delle forze cubane verso posizioni più lontane dalla linea di demarcazione e di costruire adeguate casematte.
1.323 provocazioni in 340 giorni fanno circa quattro al giorno. Soltanto un esercito perfettamente disciplinato e con il morale del nostro può resistere ad una tale somma di atti ostili senza perdere la testa.

Quarantasette paesi riuniti nella Seconda Conferenza dei Capi di Stato o di Governo dei Paesi non Allineati, al Cairo, decisero, all'unanimità:
"La Conferenza, rendendosi conto con preoccupazione che le basi militari straniere rappresentano, in pratica, un mezzo per esercitare pressioni sulle nazioni, e per ostacolare la loro emancipazione e il loro sviluppo, secondo le loro concezioni ideologiche, politiche, economiche e culturali, dichiara di appoggiare senza riserve i paesi che cercano di ottenere la soppressione delle basi installate nel loro territorio e chiede a tutti gli stati l'immediata evacuazione delle truppe e delle basi che essi hanno in altri paesi.
"La Conferenza ritiene che il mantenimento da parte degli Stati Uniti d'America di una base militare a Guantánamo (Cuba), contro la volontà del governo e del popolo cubano e contro le disposizioni della Dichiarazione della Conferenza di Belgrado, costituisce una violazione della sovranità e dell'integrità territoriale di Cuba.
"La Conferenza, considerando che il governo di Cuba si dichiara disposto a risolvere la sua controversia col governo degli Stati Uniti d'America circa la base di Guantánamo su basi di uguaglianza, chiede vivamente al Governo degli Stati Uniti di intavolare negoziati con il Governo cubano il fine di evacuare quella base."
Il governo degli Stati Uniti non ha dato alcuna risposta a quella istanza della Conferenza del Cairo e pretende di mantenere occupato indefinitamente con la forza un pezzo del nostro territorio, a partire dal quale attua aggressioni come quelle esposte in precedenza.
L'organizzazione degli Stati Americani, che i popoli chiamano anche Ministero delle Colonie nordamericano, ci ha condannati "energicamente," anche se ci aveva già espulsi dal suo seno, ordinando ai paesi membri di rompere le relazioni diplomatiche e commerciali con Cuba. L'OEA ha autorizzato l'aggressione al nostro paese, in qualsiasi momento, con qualsiasi pretesto, violando le più elementari leggi internazionali e ignorando completamente l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
A quella misura si opposero con il loro voto l'Uruguay, la Bolivia, il Cile e il Messico; il governo degli Stati Uniti del Messico ritenne nulla la sanzione anche dopo che era stata approvata. Da allora non siamo più in relazione con i paesi latinoamericani, ad eccezione di quello stato, e possiamo ritenere questa la realizzazione di una delle fasi precedenti all'intervento diretto da parte dell'imperialismo.
Vogliamo chiarire, ancora una volta, che la nostra preoccupazione per l'America Latina è ispirata dai legami che ci uniscono: la lingua che parliamo, la cultura che alimentiamo, il padrone che abbiamo avuto in comune. Che non siamo animati da nessun'altra ragione per desiderare la liberazione dell'America latina dal giogo coloniale nordamericano. Se qualcuno dei paesi latinoamericani qui presenti decidesse di ristabilire le relazioni con Cuba, noi saremmo disposti a farlo sulla base dell'uguaglianza e non in base al criterio che sia un dono fatto al nostro Governo il riconoscere Cuba come un paese libero del mondo; poiché questo riconoscimento lo abbiamo conquistato con il nostro sangue nei giorni della lotta di liberazione, lo abbiamo conquistato col sangue nella difesa delle nostre spiagge dall'invasione yankee
.
Anche se respingiamo la pretesa volontà di ingerenza negli affari interni degli altri paesi che ci viene attribuita, non possiamo negare la nostra simpatia verso i popoli che lottano per la propria liberazione e dobbiamo onorare l'impegno del nostro governo e del nostro popolo di esprimere apertamente al mondo intero il nostro appoggio morale e la nostra solidarietà con i popoli che lottano in qualsiasi parte del mondo per rendere reali i diritti di piena sovranità proclamati dalla Carta delle Nazioni Unite.
Sono gli Stati Uniti invece che intervengono; lo hanno fatto da sempre in America Latina. Cuba conosce questa verità dalla fine del secolo scorso; ma la conoscono anche la Colombia, il Venezuela, il Nicaragua e l'America Centrale in generale, il Messico, Haiti e Santo Domingo.

In questi ultimi anni, oltre al nostro popolo, hanno provato l'aggressione diretta Panama, dove i marines del Canale spararono a sangue freddo sul popolo inerme; Santo Domingo, le cui coste furono violate dalla flotta yankee per evitare lo scoppio della giusta collera popolare dopo l'assassinio di Trujillo; e la Colombia, la cui capitale fu presa d'assalto a seguito della ribellione provocata dall'assassinio di Gaitán.
Interventi dissimulati si attuano attraverso le missioni militari che partecipano alla repressione interna, organizzando le forze destinate a tal fine in un buon numero di paesi, e anche in tutti i colpi di stato, detti "gorilazos," che con tanta frequenza si vanno ripetendo nel Continente americano in questi anni.

Concretamente, le forze degli Stati Uniti intervengono nella repressione dei popoli del Venezuela, della Colombia e del Guatemala, che lottano con le armi per la loro libertà. Nel primo di questi paesi non solo sono consiglieri dell'esercito e della polizia, ma dirigono anche i genocidi effettuati dall'aria contro la popolazione contadina in vaste regioni insorte, e le società yankee ivi installate fanno pressioni di ogni tipo perché l'ingerenza diretta aumenti.

Gli imperialisti si preparano a reprimere i popoli americani e stanno formando l'internazionale del crimine. Gli Stati Uniti intervengono in America traendo a pretesto la difesa delle libere istituzioni. Verrà il giorno in cui questa Assemblea avrà acquistato una maturità maggiore e chiederà al governo nordamericano di garantire la vita della popolazione negra e latinoamericana che vive in questo paese, e che è in maggioranza nordamericana di origine o d'adozione. Come può costituirsi o definirsi guardiano della libertà chi assassina i propri figli e li discrimina ogni giorno in base al colore della pelle, chi lascia in libertà gli assassini dei negri, e per di più li protegge, mentre punisce la popolazione negra che esige il rispetto dei suoi legittimi diritti di libertà?
Sappiamo che oggi l'Assemblea non è in condizioni di chiedere spiegazioni su questi fatti; ma deve essere assolutamente chiaro che il governo degli Stati Uniti non è guardiano della libertà, ma perpetra lo sfruttamento e l'oppressione contro i popoli del mondo e contro buona parte del suo stesso popolo.

Al linguaggio ambiguo con cui alcuni delegati hanno presentato il caso di Cuba e dell'OEA noi rispondiamo con parole chiare e proclamiamo ad alta voce che i popoli d'America chiederanno conto ai governi prevaricatori del loro tradimento.
Cuba, signori delegati, libera e sovrana, senza catene che la leghino a nessuno, senza investimenti stranieri nel suo territorio, senza proconsoli che orientino la sua politica, può parlare a fronte alta in questa Assemblea e dimostrare la giustezza della frase: "Territorio Libero di America" con cui è stata battezzata.
Il nostro esempio darà i suoi frutti nel continente, come già in certa misura sta accadendo in Guatemala, Colombia e Venezuela.
E se il nemico non è piccolo neppure la nostra forza è disprezzabile, poiché i popoli non sono isolati. Come afferma la Seconda Dichiarazione dell'Avana: "Nessun popolo dell'America latina è debole, perché fa parte di una famiglia di duecento milioni di fratelli che soffrono le stesse miserie, sono animati dagli stessi sentimenti, hanno lo stesso nemico, aspirano tutti ad uno stesso destino migliore e godono della solidarietà di tutti gli uomini e le donne del mondo.
"Questa epopea che sta davanti a noi la scriveranno le masse affamate degli indios, dei contadini senza terra, degli operai sfruttati; la scriveranno le masse progressiste, gli intellettuali onesti e brillanti che sono cosí abbondanti nelle nostre sofferenti terre d'America latina. Lotta di masse e di idee, epopea che sarà portata avanti dai nostri popoli maltrattati e disprezzati dall'imperialismo, i nostri popoli sconosciuti fino ad oggi, che già cominciano a non farlo più dormire. Ci considerava come un gregge impotente e sottomesso e già comincia ad aver timore di questo gregge, gregge gigante di duecento milioni di latinoamericani nei quali il capitalismo monopolistico yankee vede già i suoi affossatori.

"L'ora della sua rivincita, l'ora che essa stessa si è scelta, viene indicata con precisione da un estremo all'altro del continente. Ora questa massa anonima, questa America di colore, scura, taciturna, che canta in tutto il continente con la stessa tristezza e disinganno; ora questa massa è quella che comincia ad entrare definitivamente nella sua storia, comincia a scriverla col suo sangue, comincia a soffrirla e a morire; perché ora per le campagne e per i monti d'America, per le balze delle sue terre, per i suoi piani e le sue foreste, fra la solitudine o il traffico delle città, lungo le coste dei grandi oceani e le rive dei fiumi comincia a scuotersi questo mondo ricco di cuori ardenti, pieni di desiderio di morire per 'quello che è suo,' di conquistare i suoi diritti irrisi per quasi cinquecento anni da questo o da quello. Ora sì la storia dovrà prendere in considerazione i poveri d'America, gli sfruttati e i vilipesi, che hanno deciso di cominciare a scrivere essi stessi, per sempre, la propria storia. Già si vedono, un giorno dopo l'altro, per le strade, a piedi, in marce senza fine di centinaia di chilometri, per arrivare fino agli 'olimpi' dei governanti e riconquistare i loro diritti. Già si vedono, armati di pietre, di bastoni, di machetes, dovunque, ogni giorno, occupare le terre, immergere le mani nelle terre che gli appartengono e difenderle con la loro vita; si vedono con i loro cartelli, le loro bandiere, le loro parole d'ordine, fatte correre al vento, per le montagne e lungo le pianure. E quest'onda di commosso rancore, di giustizia reclamati, di diritto calpestato, che comincia a levarsi fra le terre dell'America latina, quest'onda ormai non si fermerà. Essa andrà crescendo col passar dei giorni; perché formata dai più; dalle maggioranze sotto tutti gli aspetti, coloro che accumulano con il loro lavoro le ricchezze, creano i valori, fanno andare le ruote della storia e che ora si svegliano dal lungo sonno di abbrutimento al quale li hanno sottomessi.
"Perché questa grande umanità ha detto basta e si è messa in marcia. E la sua marcia, di giganti, non si arresterà fino alla conquista della vera indipendenza per cui sono morti già più di una volta inutilmente. Ora, ad ogni modo, quelli che muoiono, moriranno come quelli di Cuba, quelli di Playa Girón; moriranno per la loro unica, vera e irrinunciabile indipendenza."

Tutto ciò, signori delegati, questa nuova disposizione di un Continente, dell'America, è plasmata e riassunta nel grido che, ogni giorno, le nostre masse proclamano come espressione irrefutabile della loro decisione di lotta, paralizzando la mano armata dell'invasore. Motto che conta sull'appoggio e la comprensione di tutti i popoli del mondo e, soprattutto, del campo socialista, con alla testa l'Unione Sovietica.

LucaJeep
21-10-2010, 20:11
:happy4::happy4::happy4:

willieroero
21-10-2010, 20:43
Tony, che è successo?

non hai scritto: "senza polemica" ne "fetentoni"

dobbiamo preoccuparci? :mm:

gru-nt
21-10-2010, 21:03
Io aggiungerei...

Signor presidente, signori delegati,
la delegazione di Cuba a questa Assemblea ha il piacere di adempiere, in primo luogo, al grato dovere di salutare l'ingresso di tre nuove nazioni nel novero di quelle che qui discutono i problemi del mondo. Salutiamo cioè, nelle persone dei loro Presidenti e Primi Ministri, i popoli della Zambia, del Malawi e di Malta e facciamo voti perché questi paesi entrino a far parte fin dal primo momento del gruppo di nazioni non allineate che lottano contro l'imperialismo, il colonialismo e il neocolonialismo.
. Facciamo pervenire i nostri rallegramenti anche al Presidente di questa Assemblea, la cui investitura ad una così alta carica ha un singolare significato, poiché essa è il riflesso di questa nuova fase storica di straordinari trionfi per i popoli dell'Africa, fino a ieri soggetti al sistema coloniale dell'imperialismo e che oggi, nella loro immensa maggioranza, nell'esercizio legittimo della loro libera determinazione, si sono costituiti in stati sovrani. È suonata ormai l'ultima ora del colonialismo e milioni di abitanti d'Africa, Asia e America latina si sollevano per conquistare una nuova vita ed impongono il loro insopprimibile diritto all'autodeterminazione e allo sviluppo indipendente delle loro nazioni. Le auguriamo, signor Presidente, il migliore successo nel compito che le è stato affidato dai paesi membri.
Cuba viene ad esporre la sua posizione sui punti più importanti di controversia e lo farà con tutto il senso di responsabilità che comporta il far uso di questa tribuna, ma al tempo stesso rispondendo al dovere imprescindibile di parlare con piena franchezza e chiarezza.

Esprimiamo il desiderio di vedere questa Assemblea mettersi alacremente al lavoro e andare avanti; vorremmo che le Commissioni iniziassero il loro lavoro senza doversi arrestare al primo confronto. L'imperialismo vuole trasformare questa riunione in una vana tribuna oratoria, e non vuole che vengano risolti i gravi problemi del mondo; dobbiamo impedirlo. Questa Assemblea non dovrebbe essere ricordata in futuro soltanto per il numero IX che la contraddistingue. Al raggiungimento di questo fine sono tesi i nostri sforzi.
Riteniamo che sia nostro diritto e nostro dovere agire in questo modo, dato che il nostro paese è uno dei punti di costante frizione, uno dei posti in cui i princìpi che sono a sostegno dei diritti dei piccoli paesi alla loro sovranità sono messi alla prova giorno per giorno e minuto per minuto e, il tempo stesso, è una delle trincee della libertà del mondo, una trincea a pochi passi dall'imperialismo nordamericano, e che mostra con la sua azione, con il suo esempio quotidiano, che i popoli possono liberarsi e possono mantenersi liberi nelle attuali condizioni dell'umanità. Indubbiamente oggi esiste un campo socialista sempre più forte, provvisto di armi di dissuasione sempre più potenti. Ma per sopravvivere sono necessarie anche altre condizioni: mantenere la coesione interna, avere fede nel proprio destino e possedere una decisione irriducibile di lottare fino alla morte in difesa del paese e della rivoluzione. A Cuba queste condizioni ci sono, signori delegati.

Fra tutti i problemi scottanti che debbono essere trattati da questa Assemblea, uno di quelli che per noi hanno maggior significato e di cui crediamo sia necessario dire una definizione che non lasci dubbi in nessuno, è quello della consistenza pacifica fra stati con diversi regimi economico-sociali. Notevoli sono i passi in avanti compiuti dal mondo in questo campo; tuttavia l'imperialismo - soprattutto quello nordamericano - ha la pretesa di far credere che la consistenza pacifica sia di uso esclusivo delle grandi potenze della terra. Noi esprimiamo qui la stessa posizione sostenuta dal nostro Presidente al Cairo e che doveva poi essere alla base della Dichiarazione della Seconda Conferenza dei Capi di Stato e di Governo dei Paesi non Allineati: e cioè che la consistenza pacifica non deve essere limitata soltanto ai potenti, se si vuole garantire la pace del mondo. La coesistenza pacifica deve essere praticata fra tutti gli stati, indipendentemente dalla loro importanza, dalle relazioni storiche che li legavano in precedenza e dai problemi sorti fra alcuni di essi in un momento dato.

Attualmente, il tipo di coesistenza pacifica alla quale noi aspiriamo non viene rispettata in un gran numero di casi. Il regno di Cambogia, semplicemente perché ha una posizione neutrale e non ha voluto piegarsi alle macchinazioni dell'imperialismo nordamericano, è stato oggetto di ogni tipo di attacchi proditori e brutali lanciati dalle basi che gli yankee hanno nel Vietnam del Sud. Il Laos, paese diviso, è stato anch'esso oggetto di aggressioni imperialiste di ogni tipo; il suo popolo, massacrato dal cielo; gli accordi firmati a Ginevra, violati, e una parte del territorio in costante pericolo di essere attaccato impunemente dalle forze imperialiste. La Repubblica Democratica del Vietnam, che conosce tutte queste storie di aggressione come pochi popoli sulla terra, ha visto ancora una volta violate le sue frontiere, ha visto come gli aerei da bombardamento e da caccia nemici sparavano contro le sue installazioni, come le navi da guerra nordamericane, violando le acque territoriali, attaccavano i suoi porti. In questo momento, sulla Repubblica Democratica del Vietnam pesa la minaccia dei guerrafondai nordamericani estendano apertamente sul suo territorio e sul suo popolo la guerra che da diversi anni stanno conducendo contro il popolo del Vietnam del Sud. L'Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese hanno seriamente ammonito gli Stati Uniti. Ci troviamo di fronte ad una situazione in cui è in pericolo la pace del mondo; non solo, la vita di milioni di esseri di tutta questa zona dell'Asia è costantemente minacciata, poiché dipende dai capricci dell'invasore nordamericano.
La coesistenza pacifica, inoltre, è stata messa a dura prova anche a Cipro, a seguito delle pressioni del governo turco e della NATO, che hanno costretto il popolo e il governo ciprioti ad una eroica ed energica difesa della loro sovranità.
In tutti questi paesi l'imperialismo cerca di imporre la sua versione della coesistenza pacifica: sono i popoli oppressi, in alleanza con il campo socialista, che debbono dire quale sia la vera coesistenza, ed è obbligo delle Nazioni Unite appoggiarli.
Bisogna anche chiarire che il concetto di consistenza pacifica deve essere ben definito, non soltanto per quanto riguarda i rapporti fra stati sovrani. In quanto marxisti, abbiamo sempre sostenuto che la coesistenza pacifica fra le nazioni non comporta la coesistenza fra sfruttatori e sfruttati, fra oppressori ed oppressi. Il diritto alla piena indipendenza, contro ogni forma di oppressione coloniale, è, inoltre, un principio proclamato in seno a questa Organizzazione. Per questo esprimiamo la nostra solidarietà ai popoli, ancora oggi soggetti al dominio coloniale, della Guinea detta portoghese, dell'Angola e del Mozambico, massacrati per il delitto di chiedere la propria libertà, e siamo disposti ad aiutarli nella misura delle nostre forze, coerentemente con la Dichiarazione del Cairo.

Esprimiamo la nostra solidarietà al popolo di Portorico e il suo leader, Pedro Albizu Campos che, con un ennesimo atto di ipocrisia, à stato rimesso in libertà all'età di 72 anni, privo quasi della parola, paralitico, dopo aver trascorso in carcere tutta la vita. Albizu Campos è il simbolo dell'America ancora irredenta e indomita. Anni e anni di prigione, pressioni quasi insopportabili nel carcere, torture mentali, la solitudine, il totale isolamento dal suo popolo e dalla sua famiglia, l'insolenza del conquistatore e dei suoi lacchè nella terra che lo vide nascere: nulla riuscì a piegare la sua volontà. La Delegazione di Cuba, a nome del suo popolo, tributa un omaggio di ammirazione e di gratitudine ad un patriota che dà lustro e dignità alla nostra America.

I nordamericani si sono ostinati per anni a voler trasformare Portorico in una vetrina di cultura ibrida; lingua spagnola con inflessioni inglesi, lingua spagnola con cerniera sul dorso per piegarla davanti al soldato yankee. Soldati portoricani sono stati utilizzati come carne da cannone nelle guerre dell'impero, come in Corea, e addirittura per sparare contro i propri fratelli, come nel massacro perpetrato dall'esercito nordamericano, alcuni mesi fa, contro il popolo inerme di Panama, uno dei più recenti crimini dell'imperialismo yankee.
Eppure, nonostante questa tremenda violazione della sua volontà e del suo destino storico, il popolo di Portorico ha conservato la sua cultura, il suo carattere latino, i suoi sentimenti nazionali, che da soli dimostrano l'indomabile vocazione all'indipendenza esistente nelle masse dell'isola latinoamericana.

Dobbiamo anche avvertire che il principio della consistenza pacifica non comporta il diritto di ingannare la volontà dei popoli, come succede nel caso della Guyana detta Britannica, dove il governo del Primo Ministro Cheddy Jagan è stato vittima di tutta una serie di pressioni e di manovre e dove è stato rinviato il momento di concedere l'indipendenza, per poter trovare il sistema di eludere le aspirazioni popolari e assicurarsi la docilità di un governo diverso dall'attuale, frutto dell'intrigo, al quale concedere una libertà castrata a questo pezzo di terra americana.
Quali che siano le vie che la Guayana dovrà seguire per ottenere la libertà, Cuba esprime al suo popolo il suo appoggio morale e militante.

Dobbiamo aggiungere, inoltre, che le isole della Guadalupa e della Martinica sono in lotta per la propria autonomia da tempo, senza successo, e questo stato di cose non deve continuare.

Ancora una volta, leviamo la nostra voce per denunciare al mondo quello che sta succedendo in Sud Africa; la brutale politica dell'apartheid viene applicata sotto gli occhi delle nazioni del mondo. I popoli dell'Africa sono costretti a sopportare che in quel continente sia ancora riconosciuta ufficialmente la superiorità di una razza sull'altra, che si commettano impunemente degli assassinii in nome della superiorità razziale. Le Nazioni Unite non faranno dunque nulla per impedirlo?

Vorrei riferirmi specificamente al doloroso caso del Congo, unico nella storia del mondo moderno, che indica come si può offendere nella più assoluta impunità, col cinismo più insolente, il diritto dei popoli. All'origine di tutto ciò vi sono le ingenti ricchezze del Congo che le potenze imperialiste vogliono mantenere sotto il proprio controllo. Nell'intervento che ebbe a fare in occasione della sua prima visita alle Nazioni Unite, il compagno Fidel Castro disse che tutto il problema della coesistenza fra le nazioni si riduceva al problema dell'appropriazione indebita di ricchezze altrui, ed egli fece la seguente affermazione: "cessi la filosofia della spoliazione e cesserà la filosofia della guerra." Ma la filosofia della depredazione non solo non è cessata, anzi continua più forte che mai e, per questo, le stesse forze che si servirono del nome delle Nazioni Unite per perpetrare l'assassinio di Lumumba, assassinano oggi migliaia di congolesi in nome della difesa della razza bianca.

Come è possibile dimenticare il modo in cui fu tradita la speranza che Patrice Lumumba pose nelle Nazioni Unite? Come potremmo dimenticare gli intrighi e le manovre che seguirono all'occupazione di quel paese da parte delle truppe delle Nazioni Unite, sotto i cui auspici agirono impunemente gli assassini del grande patriota africano?
Come potremmo dimenticare, signori delegati, che chi si sottrasse all'autorità delle Nazioni Unite in Congo, e non proprio per ragioni patriottiche ma in virtù della lotta fra imperialisti, fu Moise Ciombe, che diede inizio alla secessione del Katanga con l'appoggio belga?

E come giustificare, come spiegare che, alla fine di tutta l'azione delle Nazioni Unite, Ciombe, cacciato dal Catanga, ritorna padrone e signore del Congo? Chi potrebbe negare il tristo ruolo clìe gli imperialisti fecero svolgere all'Organizzazione delle Nazioni Unite? Riassumendo: è stato messo in moto tutto un vistoso apparato per evitare la scissione del Katanga e oggi, il Katanga è al potere, le ricchezze del Congo in mano agli imperialisti... e le spese debbono essere pagate da degne nazioni. Un buon affare per i mercanti della guerra! Per questo il Governo di Cuba appoggia la giusta posizione dell'Unione Sovietica, che rifiuta di pagare le spese di questo crimine.
Per colmo di scherno, ci gettano ora in faccia queste ultime azioni che hanno riempito di indignazione il mondo intero.
Chi sono gli autori? Paracadutisti belgi, trasportati da aerei nordamericani decollati da basi inglesi. Ci viene in mente che pochi anni or sono, ieri quasi, un piccolo paese d'Europa, lavoratore e civilizzato, il regno del Belgio, era invaso dille orde hitleriane; la nostra coscienza era amareggiata dal sapere che questo popolo era massacrato dall'imperialismo tedesco e lo vedevamo con affetto. Ma quest'altra faccia della medaglia imperialista era sconosciuta ai piú.
Forse son figli di patrioti belgi, morti in difesa della libertà del proprio paese, quelli che assassinano a freddo migliaia di congolesi in nome della razza bianca così come essi furono soggetti al tallone tedesco perché la loro percentuale di sangue ariano non era abbastanza alta.

I nostri occhi liberi si aprono oggi su nuovi orizzonti e sono capaci di vedere quello che ieri la nostra condizione di schiavi coloniali ci impediva di osservare: cioè che la "civiltà occidentale" nasconde sotto la sua vistosa facciata una realtà di iene e di sciacalli.
Perché non possiamo chiamare diversamente quelli che sono andati a compiere azioni cosi "umanitarie" nel Congo. Animale carnivoro che si nutre di popoli inermi; ecco a che cosa riduce l'uomo l'imperialismo, questo è ciò che distingue il "bianco" imperiale.
Tutti gli uomini liberi del mondo debbono prepararsi a vendicare il crimine del Congo.
Forse molti di quei soldati, trasformati in subumani dalla macchina imperialista, pensano in buona fede di difendere i diritti di una razza superiore; ma in questa Assemblea la maggioranza è costituita da popoli che hanno la pelle abbronzata da diversi soli, colorata da diversi pigmenti, e che hanno capito perfettamente che le differenze fra gli uomini non vengono dal colore della pelle, ma dal tipo di proprietà dei mezzi di produzione, dai rapporti di produzione.

La Delegazione Cubana invia il suo saluto ai popoli della Rhodesia del Sud e dell'Africa Sudoccidentale, oppressi da minoranze di coloni bianchi. Al Basutoland, alla Beciuania e allo Swaziland, alla Somalia francese, al popolo arabo della Palestina, ad Aden e ai protettorati, a Oman e a tutti i popoli in conflitto con l'imperialismo o il colonialismo, e ribadisce loro il suo appoggio. Si augura inoltre che venga raggiunta una giusta soluzione al conflitto fra la repubblica sorella di Indonesia e la Malaisia.
Signor Presidente, uno dei temi fondamentali di questa Assemblea è il disarmo generale e completo. Esprimiamo il nostro accordo per quanto riguarda il disarmo generale e completo; propugnamo, inoltre, la distruzione totale delle bombe termonucleari e appoggiamo la proposta per la convocazione di una conferenza di tutti i paesi del mondo che realizzi queste aspirazioni dei popoli. Il nostro Primo Ministro ha ammonito, nel suo intervento davanti a questa Assemblea, che la corsa agli armamenti ha sempre condotto alla guerra. Vi sono nuove potenze atomiche nel mondo e le possibilità di uno scontro aumentano.
Noi riteniamo che questa conferenza sia necessaria per arrivare alla totale distruzione delle armi termonucleari e, come prima misura, suggeriamo la proibizione totale degli esperimenti. Al tempo stesso, bisogna stabilire chiaramente l'obbligo per tutti i paesi di rispettare le attuali frontiere dei diversi stati; di non esercitare alcuna azione aggressiva, neppure con le armi convenzionali.
Nell'unirci alla voce di tutti i paesi del mondo che chiedono il disarmo generale e completo, la distruzione di tutto l'arsenale atomico, la cessazione assoluta della fabbricazione di nuove bombe termonucleari e degli esperimenti atomici di qualsiasi tipo, riteniamo necessario sottolineare che deve essere rispettata anche l'integrità territoriale delle nazioni e deve esser fermato il braccio armato dell'imperialismo che non è meno pericoloso per il fatto che impugna armi convenzionali. Coloro che hanno assassinato migliaia di cittadini congolesi inermi, non si sono serviti dell'arma atomica; sono state le armi convenzionali, impugnate dall'imperialismo, a provocare tanta morte.
Anche se la realizzazione delle misure qui auspicate renderebbe inutile dirlo, è bene precisare che noi non potremmo aderire a nessun patto regionale di denuclearizzazione finché gli Stati Uniti manterranno basi aggressive nel nostro stesso territorio, a Portorico, a Panama e in altri stati americani, nei quali essi ritengono loro diritto installare, senza alcuna restrizione, sia armi convenzionali che nucleìri. Senza contare che le ultime risoluzioni dell'OEA contro il nostro paese, che potrebbe essere aggredito invocando il trattato di Rio, rendono necessario il possesso di tutti i mezzi difensivi a nostra disposizione.

Crediamo che se la Conferenza di cui abbiamo parlato raggiungesse tutti questi obiettivi, cosa difficile, disgraziatamente, essa sarebbe la più importante nella storia dell'umanità. Per assicurarne il successo sarebbe indispensabile la presenza della Repubblica Popolare Cinese che renderebbe un fatto obbligato la realizzazione di una riunione di questo tipo. Ma sarebbe molto più semplice per i popoli del mondo riconoscere la verità innegabile che esiste la Repubblica Popolare Cinese, i cui governanti sono gli unici rappresentanti del suo popolo, e attribuirle il seggio che le spetta, attualmente usurpato dalla cricca che ha il suo potere con l'appoggio nordamericano, la provincia di Taiwan.
Il problema della rappresentanza cinese alle Nazioni Unite non può essere considerato in alcun modo come se si trattasse di un nuovo ingresso nell'Organizzazione; si tratta invece di restaurare nei suoi legittimi diritti la Repubblica Popolare Cinese.
Dobbiamo rifiutare energicamente il complotto delle "due Cine." La cricca di Ciang Kai-shek non può continuare ad essere rappresentata alle Nazioni Unite. Si tratta, lo ripetiamo, di espellere l'usurpatore e di insediare il legittimo rappresentante del popolo cinese.
Mettiamo in guardia, inoltre, contro l'insistenza del governo degli Stati Uniti nel presentare il problema della legittima rappresentanza della Cina all'ONU come una "questione importante," allo scopo di imporre il quorum straordinario consistente nei due terzi dei membri presenti e con diritto al voto.
L'ingresso della Repubblica Popolare Cinese alle Nazioni Unite è veramente una questione importante per il mondo intero; ma non per il meccanismo interno delle Nazioni Unite, per cui deve rappresentare una semplice questione di procedura. In questo modo sarebbe fatta giustizia; ma sarebbe quasi altrettanto importante del fare giustizia dimostrare per una volta che questa augusta Assemblea ha occhi per vedere, udito per sentire, una propria lingua per parlare, un criterio preciso per prendere delle decisioni.

La diffusione delle armi atomiche fra i paesi della NATO e, in particolare, il possesso di questi strumenti di distruzione in massa da parte della Repubblica Federale Tedesca, allontanerebbero ancora di più la possibilità di un accordo sul disarmo, cui è strettamente legato quello della riunificazione pacifica della Germania. Finché non sarà raggiunta una intesa chiara, si dovrà riconoscere l'esistenza di due Germanie, la Repubblica Democratica Tedesca e la Repubblica Federale. Il problema tedesco non può essere risolto se non con la partecipazione diretta ai negoziati della Repubblica Democratica Tedesca, con pieni diritti.

Faremo soltanto un accenno ai temi dello sviluppo economico e del commercio internazionale, cui l'ordine del giorno riserva ampio spazio. Proprio quest'anno si è tenuta la Conferenza di Ginevra, nella quale sono stati affrontati un gran numero di problemi relativi a questi aspetti dei rapporti internazionali. Gli avvertimenti e le previsioni della .nostra delegazione sono stati confermati pienamente, per disgrazia dei paesi economicamente dipendenti.
Vogliamo semplicemente ricordare che, per quanto riguarda Cuba, gli Stati Uniti d'America non hanno adempiuto alle raccomandazioni esplicite formulate da quella Conferenza e, recentemente, il governo nordamericano è arrivato addirittura a vietare la vendita di medicinali a Cuba, togliendosi definitivamente la maschera di umanitarismo con la quale aveva cercato di nascondere il carattere aggressivo del blocco contro il popolo di Cuba.
D'altra parte, vogliamo ripetere ancora una volta che le tare coloniali che impediscono lo sviluppo dei popoli non si esprimono soltanto attraverso rapporti di tipo politico. Il cosiddetto deterioramento della ragione di scambio non à altro che il risultato dello scambio diseguale fra paesi produttori di materie prime e paesi industriali che dominano i mercati e impongono la illusoria giustizia costituita dallo scambio uguale di valori.
Finché i popoli economicamente dipendenti non si saranno liberati dai mercati capitalistici e, costituendo un solido blocco con i paesi socialisti, non avranno imposto nuovi rapporti fra sfruttatori e sfruttati, non vi sarà sviluppo economico solido, e in alcune situazioni vi sarà regresso, e i paesi deboli torneranno a cadere sotto il dominio politico degli imperialisti e dei colonialisti.

Infine, signori delegati, è necessario che si sappia chiaramente che nella zona dei Caraibi sono in corso manovre e preparativi di aggressione contro Cuba. Sulle coste del Nicaragua, soprattutto, ma anche in Costarica, nella zona del Canale di Panama, nelle Isole Vieques di Portorico, in Florida, con ogni probabilità in altri punti del territorio degli Stati Uniti e forse anche in Honduras, si stanno addestrando mercenari cubani e di altra nazionalità e non certo per scopi pacifici.
Dopo uno scandalo clamoroso, il governo di Costarica, si dice, ha ordinato lo smantellamento di tutti i campi di addestramento di esiliati cubani esistenti in quel paese. Nessuno è in grado di dire se si di un atteggiamento sincero o di una semplice manovra diversiva, dovuta al pericolo che i mercenari che si addestravano in quel paese commettessero qualche malefatta. Speriamo che si abbia una chiara coscienza dell'esistenza reale di basi di aggressione, come noi andiamo denunciando da tempo, e si rifletta sulla responsabilità internazionale che ha il governo di un paese che autorizza e favorisce l'addestramento di mercenari per attaccare Cuba.

È opportuno far presente che le notizie sull'addestramento di mercenari in diversi punti dei Caraibi e la partecipazione a tali iniziative del governo nordamericano, è riportata in modo del tutto naturale dai giornali americani. Che noi sappiamo, nessuno in America latina ha protestato ufficialmente per questo. Cosa che ci mostra il cinismo con cui gli Stati Uniti maneggiano i loro servi. Gli acuti ministri degli Esteri dell'OEA, che ebbero occhi per vedere stemmi cubani e trovare prove "irrefutabili" sulle armi yankee presentate dal Venezuela, non vedono i preparativi di aggressione che sono cosí evidenti negli Stati Uniti, come non sentirono la voce del presidente Kennedy che si dichiarava esplicitamente aggressore di Cuba a Playa Girón.
In alcuni casi si tratta di una cecità provocata dall'odio delle classi dominanti dei paesi latinoamericani contro la nostra Rivoluzione; in altri, ancora più tristi, ciò è il risultato degli abbaglianti splendori di Mammona.

Come tutti sanno, dopo i terribili fatti noti come crisi dei Caraibì, gli Stati Uniti sottoscrissero con l'Unione Sovietica determinati impegni che culminarono col ritiro di un certo tipo di armi che le continue aggressioni di quel paese - come l'attacco mercenario di Playa Girón e le minacce di invasione della nostra patria - ci avevano costretto ad installare a Cuba per un atto ali legittima e irrinunciabile difesa.
I nordamericani volevano, inoltre, che le Nazioni Unite ispezionassero il nostro territorio, cosa che noi rifiutammo nel modo più reciso, dato che Cuba non riconosce il diritto degli Stati Uniti, né di chiunque altro al mondo, di decidere il tipo di armi che può possedere all'interno delle sue frontiere.
In questo senso potremmo aderire soltanto ad accordi multilaterali con uguali obblighi per tutte le parti.
Come ha detto Fidel Castro: "Finché esisterà il concetto di sovranità quale prerogativa delle nazioni e dei popoli indipendenti, quale diritto di tutti i popoli, noi non accetteremo l'esclusione del nostro popolo da questo diritto. Finché il mondo sarà retto da questi princìpi, finché il mondo sarà retto da questi concetti ed essi avranno valore universale, perché sono universalmente accettati e consacrati da popoli, noi non accetteremo di essere privati di nessuno di questi diritti, noi non rinunceremo a nessuno di questi diritti."
Il signor Segretario Generale delle Nazioni Unite, U Thant, comprese le nostre ragioni. Senza dubbio gli Stati Uniti volevano attribuirsi una nuova prerogativa arbitraria e illegale: quella di violare lo spazio aereo di qualsiasi piccolo paese. Così il cielo della nostra patria ha continuato ad essere solcato da aerei U-2 e da altri tipi di apparecchi spia che, nella più assoluta impunità, navigano nel nostro spazio aereo. Abbiamo fatto tutti i passi necessari al fine di far cessare le violazioni aeree, così come le provocazioni che i marines yankee attuano contro i nostri posti di vigilanza nella zona di Guantánamo, i voli radenti di aerei sulle nostre imbarcazioni e su navi di altra nazionalità in acque internazionali, gli attacchi pirata contro navi di diversa bandiera e l'infiltrazione di spie, di sabotatori e di armi nella nostra isola. Noi vogliamo costruire il socialismo; ci siamo schierati apertamente con coloro che lottano per la pace; abbiamo dichiarato di appartenere al gruppo di paesi non allineati, anche se siamo marxisti-leninisti perché i non allineati, come noi, lottano contro l'imperialismo. Vogliamo la pace, vogliamo costruire una vita migliore per il nostro popolo e, per questo, facciamo di tutto per evitare di cadere nella trappola delle provocazioni architettate dagli yankee. Ma conosciamo la mentalità dei governanti americani; vogliono farci pagare a caro prezzo questa pace. E noi rispondiamo che questo prezzo non può oltrepassare i limiti della dignità.
E Cuba riafferma, ancora una volta, il suo diritto di tenere sul suo territorio le armi che, riterrà opportuno tenere e la sua opposizione a riconoscere il diritto di qualsiasi potenza, per grande che sia, a violare il nostro suolo, le nostre acque territoriali o il nostro spazio aereo.
Se in qualche assemblea Cuba sottoscrive accordi collettivi, li rispetterà fedelmente; ma finché questo non accadrà, conserva pienamente tutti i suoi diritti, come qualsiasi altra nazione.
Di fronte alle pretese dell'imperialismo, il nostro Primo Ministro proclamò i cinque punti necessari a garantire una solida pace nei Caraibi." Essi sono:

Primo: Cessazione del blocco economico e di tutte le misure di pressione commerciale ed economica che gli Stati Uniti applicano in tutte le parti del mondo contro il nostro paese.

Secondo: Cessazione di tutte le attività sovversive, lancio o sbarco di armi ed esplosivi dall'aria o dal mare, organizzazione di invasioni di mercenari, infiltrazione di spie e di sabotatori, tutte azioni che vengono effettuate a partire dal territorio degli Stati Uniti e di alcuni paesi complici.

Terzo: Cessazione degli attacchi pirata che vengono effettuati a partire da basi esistenti negli Stati Uniti e a Portorico.

Quarto: Cessazione di tutte le violazioni del nostro spazio aereo e navale da parte di aerei e navi da guerra nordamericane.

Quinto: Ritiro della Base navale di Guantánamo e restituzione del territorio cubano occupato dagli Stati Uniti.

Nessuna di queste elementari esigenze è stata soddisfatta, e dalla Base Navale di Guantánamo continuano le azioni di provocazione contro le nostre forze. Detta Base si è trasformata in un covo di malfattori e in una catapulta per la loro introduzione nel nostro territorio.
Annoieremmo questa Assemblea se facessimo una relazione anche approssimativa della quantità di provocazioni di ogni tipo. Basti dire che il loro numero, compresi i primi giorni di questo mese di dicembre, è stato di 1.323, soltanto nel 1964.
La lista comprende provocazioni minori, come la violazione della linea di confine, lancio di oggetti dal territorio controllato dai nordamericani; atti di esibizionismo sessuale da parte dei nordamericani di ambo i sessi; insulti verbali. Ve no sono altri di carattere più grave, quali spari con armi di piccolo calibro, maneggiamento di armi prendendo di mira il nostro territorio e offese al nostro simbolo nazionale. Gravissime provocazioni sono: superamento della linea di demarcazione, con incendio di installazioni del lato cubano e spari con fucili, fatto ripetutosi 78 volte nel corso dell'anno, con il bilancio doloroso della morte del soldato Ramón López Peña, a seguito degli spari provenienti dai posti nordamericani situati a 3,5 chilometri dalla costa a nord-ovest. Questa gravissima provocazione fu fatta alle 19,07 del giorno 19 luglio 1964, e il Primo Ministro del nostro Governo disse pubblicamente, il 26 luglio, che qualora il fatto si fosse ripetuto sarebbe stato ordinato alle nostre truppe di respingere l'aggressione. Al tempo stesso venne dato ordine di ritirare le linee avanzate delle forze cubane verso posizioni più lontane dalla linea di demarcazione e di costruire adeguate casematte.
1.323 provocazioni in 340 giorni fanno circa quattro al giorno. Soltanto un esercito perfettamente disciplinato e con il morale del nostro può resistere ad una tale somma di atti ostili senza perdere la testa.

Quarantasette paesi riuniti nella Seconda Conferenza dei Capi di Stato o di Governo dei Paesi non Allineati, al Cairo, decisero, all'unanimità:
"La Conferenza, rendendosi conto con preoccupazione che le basi militari straniere rappresentano, in pratica, un mezzo per esercitare pressioni sulle nazioni, e per ostacolare la loro emancipazione e il loro sviluppo, secondo le loro concezioni ideologiche, politiche, economiche e culturali, dichiara di appoggiare senza riserve i paesi che cercano di ottenere la soppressione delle basi installate nel loro territorio e chiede a tutti gli stati l'immediata evacuazione delle truppe e delle basi che essi hanno in altri paesi.
"La Conferenza ritiene che il mantenimento da parte degli Stati Uniti d'America di una base militare a Guantánamo (Cuba), contro la volontà del governo e del popolo cubano e contro le disposizioni della Dichiarazione della Conferenza di Belgrado, costituisce una violazione della sovranità e dell'integrità territoriale di Cuba.
"La Conferenza, considerando che il governo di Cuba si dichiara disposto a risolvere la sua controversia col governo degli Stati Uniti d'America circa la base di Guantánamo su basi di uguaglianza, chiede vivamente al Governo degli Stati Uniti di intavolare negoziati con il Governo cubano il fine di evacuare quella base."
Il governo degli Stati Uniti non ha dato alcuna risposta a quella istanza della Conferenza del Cairo e pretende di mantenere occupato indefinitamente con la forza un pezzo del nostro territorio, a partire dal quale attua aggressioni come quelle esposte in precedenza.
L'organizzazione degli Stati Americani, che i popoli chiamano anche Ministero delle Colonie nordamericano, ci ha condannati "energicamente," anche se ci aveva già espulsi dal suo seno, ordinando ai paesi membri di rompere le relazioni diplomatiche e commerciali con Cuba. L'OEA ha autorizzato l'aggressione al nostro paese, in qualsiasi momento, con qualsiasi pretesto, violando le più elementari leggi internazionali e ignorando completamente l'Organizzazione delle Nazioni Unite.
A quella misura si opposero con il loro voto l'Uruguay, la Bolivia, il Cile e il Messico; il governo degli Stati Uniti del Messico ritenne nulla la sanzione anche dopo che era stata approvata. Da allora non siamo più in relazione con i paesi latinoamericani, ad eccezione di quello stato, e possiamo ritenere questa la realizzazione di una delle fasi precedenti all'intervento diretto da parte dell'imperialismo.
Vogliamo chiarire, ancora una volta, che la nostra preoccupazione per l'America Latina è ispirata dai legami che ci uniscono: la lingua che parliamo, la cultura che alimentiamo, il padrone che abbiamo avuto in comune. Che non siamo animati da nessun'altra ragione per desiderare la liberazione dell'America latina dal giogo coloniale nordamericano. Se qualcuno dei paesi latinoamericani qui presenti decidesse di ristabilire le relazioni con Cuba, noi saremmo disposti a farlo sulla base dell'uguaglianza e non in base al criterio che sia un dono fatto al nostro Governo il riconoscere Cuba come un paese libero del mondo; poiché questo riconoscimento lo abbiamo conquistato con il nostro sangue nei giorni della lotta di liberazione, lo abbiamo conquistato col sangue nella difesa delle nostre spiagge dall'invasione yankee
.
Anche se respingiamo la pretesa volontà di ingerenza negli affari interni degli altri paesi che ci viene attribuita, non possiamo negare la nostra simpatia verso i popoli che lottano per la propria liberazione e dobbiamo onorare l'impegno del nostro governo e del nostro popolo di esprimere apertamente al mondo intero il nostro appoggio morale e la nostra solidarietà con i popoli che lottano in qualsiasi parte del mondo per rendere reali i diritti di piena sovranità proclamati dalla Carta delle Nazioni Unite.
Sono gli Stati Uniti invece che intervengono; lo hanno fatto da sempre in America Latina. Cuba conosce questa verità dalla fine del secolo scorso; ma la conoscono anche la Colombia, il Venezuela, il Nicaragua e l'America Centrale in generale, il Messico, Haiti e Santo Domingo.

In questi ultimi anni, oltre al nostro popolo, hanno provato l'aggressione diretta Panama, dove i marines del Canale spararono a sangue freddo sul popolo inerme; Santo Domingo, le cui coste furono violate dalla flotta yankee per evitare lo scoppio della giusta collera popolare dopo l'assassinio di Trujillo; e la Colombia, la cui capitale fu presa d'assalto a seguito della ribellione provocata dall'assassinio di Gaitán.
Interventi dissimulati si attuano attraverso le missioni militari che partecipano alla repressione interna, organizzando le forze destinate a tal fine in un buon numero di paesi, e anche in tutti i colpi di stato, detti "gorilazos," che con tanta frequenza si vanno ripetendo nel Continente americano in questi anni.

Concretamente, le forze degli Stati Uniti intervengono nella repressione dei popoli del Venezuela, della Colombia e del Guatemala, che lottano con le armi per la loro libertà. Nel primo di questi paesi non solo sono consiglieri dell'esercito e della polizia, ma dirigono anche i genocidi effettuati dall'aria contro la popolazione contadina in vaste regioni insorte, e le società yankee ivi installate fanno pressioni di ogni tipo perché l'ingerenza diretta aumenti.

Gli imperialisti si preparano a reprimere i popoli americani e stanno formando l'internazionale del crimine. Gli Stati Uniti intervengono in America traendo a pretesto la difesa delle libere istituzioni. Verrà il giorno in cui questa Assemblea avrà acquistato una maturità maggiore e chiederà al governo nordamericano di garantire la vita della popolazione negra e latinoamericana che vive in questo paese, e che è in maggioranza nordamericana di origine o d'adozione. Come può costituirsi o definirsi guardiano della libertà chi assassina i propri figli e li discrimina ogni giorno in base al colore della pelle, chi lascia in libertà gli assassini dei negri, e per di più li protegge, mentre punisce la popolazione negra che esige il rispetto dei suoi legittimi diritti di libertà?
Sappiamo che oggi l'Assemblea non è in condizioni di chiedere spiegazioni su questi fatti; ma deve essere assolutamente chiaro che il governo degli Stati Uniti non è guardiano della libertà, ma perpetra lo sfruttamento e l'oppressione contro i popoli del mondo e contro buona parte del suo stesso popolo.

Al linguaggio ambiguo con cui alcuni delegati hanno presentato il caso di Cuba e dell'OEA noi rispondiamo con parole chiare e proclamiamo ad alta voce che i popoli d'America chiederanno conto ai governi prevaricatori del loro tradimento.
Cuba, signori delegati, libera e sovrana, senza catene che la leghino a nessuno, senza investimenti stranieri nel suo territorio, senza proconsoli che orientino la sua politica, può parlare a fronte alta in questa Assemblea e dimostrare la giustezza della frase: "Territorio Libero di America" con cui è stata battezzata.
Il nostro esempio darà i suoi frutti nel continente, come già in certa misura sta accadendo in Guatemala, Colombia e Venezuela.
E se il nemico non è piccolo neppure la nostra forza è disprezzabile, poiché i popoli non sono isolati. Come afferma la Seconda Dichiarazione dell'Avana: "Nessun popolo dell'America latina è debole, perché fa parte di una famiglia di duecento milioni di fratelli che soffrono le stesse miserie, sono animati dagli stessi sentimenti, hanno lo stesso nemico, aspirano tutti ad uno stesso destino migliore e godono della solidarietà di tutti gli uomini e le donne del mondo.
"Questa epopea che sta davanti a noi la scriveranno le masse affamate degli indios, dei contadini senza terra, degli operai sfruttati; la scriveranno le masse progressiste, gli intellettuali onesti e brillanti che sono cosí abbondanti nelle nostre sofferenti terre d'America latina. Lotta di masse e di idee, epopea che sarà portata avanti dai nostri popoli maltrattati e disprezzati dall'imperialismo, i nostri popoli sconosciuti fino ad oggi, che già cominciano a non farlo più dormire. Ci considerava come un gregge impotente e sottomesso e già comincia ad aver timore di questo gregge, gregge gigante di duecento milioni di latinoamericani nei quali il capitalismo monopolistico yankee vede già i suoi affossatori.

"L'ora della sua rivincita, l'ora che essa stessa si è scelta, viene indicata con precisione da un estremo all'altro del continente. Ora questa massa anonima, questa America di colore, scura, taciturna, che canta in tutto il continente con la stessa tristezza e disinganno; ora questa massa è quella che comincia ad entrare definitivamente nella sua storia, comincia a scriverla col suo sangue, comincia a soffrirla e a morire; perché ora per le campagne e per i monti d'America, per le balze delle sue terre, per i suoi piani e le sue foreste, fra la solitudine o il traffico delle città, lungo le coste dei grandi oceani e le rive dei fiumi comincia a scuotersi questo mondo ricco di cuori ardenti, pieni di desiderio di morire per 'quello che è suo,' di conquistare i suoi diritti irrisi per quasi cinquecento anni da questo o da quello. Ora sì la storia dovrà prendere in considerazione i poveri d'America, gli sfruttati e i vilipesi, che hanno deciso di cominciare a scrivere essi stessi, per sempre, la propria storia. Già si vedono, un giorno dopo l'altro, per le strade, a piedi, in marce senza fine di centinaia di chilometri, per arrivare fino agli 'olimpi' dei governanti e riconquistare i loro diritti. Già si vedono, armati di pietre, di bastoni, di machetes, dovunque, ogni giorno, occupare le terre, immergere le mani nelle terre che gli appartengono e difenderle con la loro vita; si vedono con i loro cartelli, le loro bandiere, le loro parole d'ordine, fatte correre al vento, per le montagne e lungo le pianure. E quest'onda di commosso rancore, di giustizia reclamati, di diritto calpestato, che comincia a levarsi fra le terre dell'America latina, quest'onda ormai non si fermerà. Essa andrà crescendo col passar dei giorni; perché formata dai più; dalle maggioranze sotto tutti gli aspetti, coloro che accumulano con il loro lavoro le ricchezze, creano i valori, fanno andare le ruote della storia e che ora si svegliano dal lungo sonno di abbrutimento al quale li hanno sottomessi.
"Perché questa grande umanità ha detto basta e si è messa in marcia. E la sua marcia, di giganti, non si arresterà fino alla conquista della vera indipendenza per cui sono morti già più di una volta inutilmente. Ora, ad ogni modo, quelli che muoiono, moriranno come quelli di Cuba, quelli di Playa Girón; moriranno per la loro unica, vera e irrinunciabile indipendenza."

Tutto ciò, signori delegati, questa nuova disposizione di un Continente, dell'America, è plasmata e riassunta nel grido che, ogni giorno, le nostre masse proclamano come espressione irrefutabile della loro decisione di lotta, paralizzando la mano armata dell'invasore. Motto che conta sull'appoggio e la comprensione di tutti i popoli del mondo e, soprattutto, del campo socialista, con alla testa l'Unione Sovietica.

http://www.youtube.com/watch?v=f2-zzmCmMVI
tdctdctdctdc

hondo-lio
21-10-2010, 21:12
E' arrivata una nuova droga sul mercato, BARBONI chiamateeeeeee:happy4::happy4::happy4::happy4:

Bella Tony quando vuoi ci facciamo un tour con rustichella sulla Salerno-Reggio(Emilia):happy6::happy6::happy6::happy6:

London dude
21-10-2010, 21:36
Io aggiungerei..

Riconosco lo stile, pure il Che era un fetentone de Citanò? :vhappy1:

il Conte
21-10-2010, 23:06
Scusa Tony, ti auguro ogni bene di questo mondo, ma non ce la faccio a leggere tutto il post.
Quando lo apro mi brillano gli occhi!!
Non ce la fai ad essere un po' più sintetico?

Nipo
21-10-2010, 23:57
Non ho capito bene cosa succede in Laos mentre Tony era ad Ascoli col tour pack....

TonyTheDuke
22-10-2010, 10:09
Ciao Tony,

Come Andrea, anche io voglio dire la mia e collaborare......

.........E con questo ho detto tutto!!!.........

Enzo,da te proprio non me lo aspettavo che ti saresti ammalato di logorroicità scrittoria,mi dispiace caro amico e sappi che non ci sono antibiotici o altre medicine (manco la penicillina) che potranno curarti.
Un consiglio da amico sincero,forse sei anora in tempo,visto che è la "tua prima volta",bloccate fichè puoi ! ! :happy6::happy4:
Tony



Io aggiungerei...

Signor presidente, signori delegati,...............

Orca vacca Bas,te sei beccato pure tu la Tonyte acuta ! !
E non c è cura,questo è il bello,comunque Bas ha fregato tutti,non c è storia,il suo è il piu lungo (vince una intera giornata col sottoscritto e ...orca miseria manco je posso raccontà la storia del Web Chapter,per certi versi lui la sà meglio die me :happy6: :happy4:).
Tony


[QUOTE=willieroero;1056135]Tony, che è successo?

non hai scritto: "senza polemica" ne "fetentoni"

dobbiamo preoccuparci? :mm:

willy,credimi,in 10 anni mai ho voluto creare fastidiose polemiche e quando scrivo queste cose è semplicemente perchè proprio non voglio e temo che quello che ho scritto o stò scrivendo sia frainteso e dia il là alle cose che hai citato,ma purtroppo diverse volte (troppe a mio giudizio) si è fatto volutamente il contrario.
Comunque dopo l ultima storia che ha portato al mio ban per 5 giorni (ne ho scritto al ritorno,assumendomi le mie responsabilità) ho capito diverse cose,ma sia chiaro non violenetrò iil mio essere e resto quello che seono come uomo,persona ed essere umano,semplicemente mi modererò e conterò fino a tre.
Per il "fetentoni" è come sapete bene tutti,il mio modo,uno dei tanti,per dirvi quanto vi amo.(ma non ho scritto nemmeno "grande famiglia allargata" o "miei amatissimi amici" e "gruppo non gruppo",in quel momento non ci ho pensato,anzi preciso,non mi è uscito dal cuore)
Tony

p.s. non ho manco scritto Bestione,Transatlantico,etc



Scusa Tony, ti auguro ogni bene di questo mondo, ma non ce la faccio a leggere tutto il post.
Quando lo apro mi brillano gli occhi!!
Non ce la fai ad essere un po' più sintetico?

Vedi Leonardo,io sono cosi,come ho appena scritto espongo di getto le cose (sentimenti emozioni e quant altro) che provo in quel momento e mi capita di essere un "pochetto lungo",mai per nulla al mondo rinuncerei a restare la persona che conoscete,ed in fondo mi volete bene anche per questo.
Tony


Andrè,non ho postato niente di tuo perchè avevo cliccato ma non me lo ha riportato quà,non sono riuscito a riprenderlo,ma sappi che comunque sei nel mio cuore.
Da ultimo na cosetta,io scrivo di getto le cose che mi vengono dal cuore,non faccio posta / incolla,ma se vede no ?Vi voglio bene (eh,ce la vò che cacchio ! !)
Tony

Il Barbiere di Nociglia
22-10-2010, 10:13
permettete anche a me, una volta tanto, di seguire l'esempio di Tony e dire la mia:

Compagni in ascolto:

La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell'anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell'apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.

Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito.

Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi.

Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita.

In questi momenti passano gli aerei. Potrebbero mitragliarci. Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi. Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell'incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche.

In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della Patria, mi appello a voi per dirvi di avere fede. La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine. Questa è una tappa che sarà superata. Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino. Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L'umanità avanza verso la conquista di una vita migliore.

Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria. Coloro i quali non hanno rispettato i loro impegni saranno coperti di vergogna per essere venuti meno alla parola data e ha rotto la dottrina delle Forze Armate.

Il popolo deve stare in allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, né deve lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le proprie conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il proprio sforzo una vita degna e migliore.

Sicuramente questa sarà l'ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l'ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell'Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!

Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.

Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l'ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l'imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.

Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.

Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all'allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l'obbligo di procedere.

Erano d'accordo. La storia li giudicherà.

Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.

Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.

Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore.

Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!

Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.

willieroero
22-10-2010, 10:17
p.s. non ho manco scritto Bestione,Transatlantico,etc





In passato ho spesso raccontato e condiviso con voi le mie emozioni,lascio da parte il perché,lo sapete bene,dunque anche ora mi accingo a farlo con molta serenità.
Beh,inutile rivangare la storia dei miei problemi culi…...nari (na battuta ce la vò) di questi ultimi mesi,ma certo avere la moto rotta (sensore della temperatura dell aria) dalla vigilia di ferragosto mi ha come dire,fatto sicuramente in****are molto di meno,ve lo immaginate che sarebbe accaduto se fosse stata a posto e non potevo usarla ?
Orca vacca,fino a 3 / 4 settimane fa avevo diificoltà a stare seduto (pure in auto e in ufficio) per un po’ di tempo dato che mi faceva male e potete comprendere come me la sarei presa avendo il bestione (e uno) a posto in garage e non poterlo usare.
Ora tutto è passato,tant è che sabato e domenica sono praticamente stato sempre seduto,tra il viaggio andata e ritorno,pranzo (due,con la ulteriore magnata de pesce tet a tet di domenica con Amadus) e la cena della sera prima.

Beh,credo di avere scritto che lavorativamente dopo l entusiasmo di circa un anno fa,non stò passando un buon momento,anzi,per come sono sempre stato,è davvero un disastro e stò cercando una nuova e duratura fonte di reddito,ma sia chiaro,non sono abbattuto,troppo ce ne vole pe fregamme e famme stà male,co tutto quello che ho passato,poi capi,mi rimbocco le maniche e ricomincio daccapo con il solito ottimismo.
Bah,sono cosciente e sò bene che se non avessi questo carattere forse non sarei cosi,ma non mi sono mai fermato dietro a nessun ostacolo e ne sono sempre venuto fuori alla grande.

Lunedi mattina,ho portato la piccola (questo è un termine che non ho mai usato,m è venuto ora spontaneo) dal meccanico e l ho fatta riparare e vi dirò che quando la sera l ho presa per riportarla in garage pareva che mi diceva “brutto scemotto era ora…….e che ***** ! ” (ce la vò,chiedo scusa)
Beh,ho scritto credo diverse volte che nella mia vita la moto oltre ad essere la mia unica immensa passione,a volte ha rappresentato una sorta di valvola di sfogo quando vivevo delle situazioni particolari,una grandissima passione,ma anche se raramente (per il carattere mattoide e follemente sempre ottimista che ho,mai mi abbatto,al piu per un secondo ho avuto un leggerissimo scoramento,ma so stati una decina in quasi 53 anni,ve lo garantisco) prendevo,salivo,partivo e non pensavo piu a nulla per un po’,perché da sognatore quale sono,mi immaginavo (lo faccio e lo farò ancora,sia chiaro) di essere ovunque e con chiunque nel mondo.

Beh,me sa che stò scrivendo un pistolotto,mi perdonerete,poi il Barbiere riassumerà.

Insomma,stamattina dovevo andare sotto Ascoli e …….vista la Ultra a posto,visto il “retrotreno” personale sistemato,potete capire,me so coperto bene e viaaaaaaa.
Certo non era na temperatura estiva,11 gradi (poi capi,ho viaggiato anche con temperature sotto zero),ma mi sono sempre saputo attrezzare bene e freddo non ne sento mai,tranne un tantino sul viso visto che dopo l apertura della capoccia non posso portare l integrale e uso il Vemar con la visiera,ma me so messo foular sulla faccia e uno intorno al collo,dunque ok cosi.

Se vi dovessi scrivere tutte l emozioni che mi hanno pervaso nei 150 km tra andata e ritorno starei qua fino a domattina,ve lo risparmio,però è bello riprendere a girare sulla moto dopo 3 mesi,sentire l arietta fresca che ti entra nella visiera e la sensazione strana di freschetto intorno agli occhi (e porto pure gli occhiali),unica parte del mio corpo dove posso sentire freddo perché il resto,manco portassi una tuta da astronauta,giuro.
Alle mani non ho freddo,perché sul manubrio ho i manicotti con l interno in lanetta ed anzi stamattina come mi è capitato spesso,guidavo a mani nude.

Me la sono goduta,potete capirmi,ed ho fatto quasi tutta statale,senza manco accendere la radio,perché oggi piu che mai ascoltare il suono della moto,mi dava davvero una sorta di piacevole sensazione e ……beh,lo devo dire,quando passavo dentro i paesi dove la strada si stringeva un pochetto,na sgasatella leggera la davo,ahhhaaaaaa che godimento (scemo eh?)
Ve lascio immaginà la faccia del cliente dove sono andato,che pur conoscendomi mi ha visto arrivare in salopette e giacca HD in cordura e pure gli stivali invernali comprati nel 97 sono in cordura dentro.
E questo è niente,non avevo voglia di spogliarmi e stavo talmente “calletto” (dialetto,significa calduccio) che ho preso la 24 ore dal TourPack e sono entrato cosi nel suo ufficio e cosi ci ho parlato,penso che la sua segretaria stia ancora valutando se chiamare la neuro.

Ostia quanto ho scritto ! !
Ve beh,vi risparmio le emozioni la gioia e le sensazioni che ho vissuto,tanto come di certo scriverà qualcuno,basta andare a leggere qualche altro mio post e siete a posto.
Chiudo riportandomi al titolo del mio post,non so se capita pure a voi,ma specialmente questo anno,non aver potuto usare il…..…Transatlantico (e vai,l ho detti tutti? Bho?) con i tempi degli ultimi 3 mesi,mi ha fatto un tantino,ma solo un tantino (ho già spiegato perchè) girare le cose….come se chiamano…le scatole…no…..i…..(quelli)…no…sono una persona a modo,dirò semplicemente ….le palle (ce le ho,non sono mai stato a Casablanca) e dunque oggi me la so goduta particolarmente.

Certo,dopo l intervento di revisione,non riuscita,(anzi proprio fallita) alla capoccia,non posso (onestamente ammetto che sono io a non sentirmela) usare piu la Ultra qualsiasi mese dell anno (epica la mia partenza con 30 cm di neve a Fermo per andare a Rimini per l Hog Inverno,credo nel 97 o 98),ma non dispero,in fondo solo 3 anni fa non sapevo nemmeno se avrei piu potuto guidarla e invece quarda te come so ridotto,so bene di poterla usare e sono io che me ……(va beh,passatemela) …cago sotto (in termine buono),ma tanto alla fine me levo pure sta fissa,aivoglia se me la levo.
Perdonatemi,la “leggera lungaggine” (mo non me ne dite de tutti i colori che poi ce armango male) considerate che erano mesi che non lo facevo.
Tony



:happy3:

TonyTheDuke
22-10-2010, 10:22
[QUOTE=Il Barbiere di Nociglia;1056615]permettete anche a me, una volta tanto, di seguire l'esempio di Tony e dire la mia:

Compagni in ascolto:
.................................................. ..

Barbiè,ma tu sei il mio "riassuntore storico" e te metti a scrive,anzi a postà pistolotti ?
E a te chi te riassume ? IO NO ! !
Tony

Comunque miei amati amici,non fate i furbi,se dovete scrive fatelo col cuore,guardate dentro di voi,esponete le vostre emozioni,,fare posta / incolla non và bene,troppo facile.........fetentoni matricolati ! ! (letto ? Ne ho coniata un altra) :smashfreakb::beer::happy6::happy4:
Tony

basman
22-10-2010, 10:46
Cavolo... questa me la sono riletta sul serio.
Ricordo con commozione quei giorni. :ok:


permettete anche a me, una volta tanto, di seguire l'esempio di Tony e dire la mia:

Compagni in ascolto:

La situazione è critica, siamo in presenza di un colpo di Stato che vede coinvolta la maggioranza delle Forze Armate. In questo momento infausto voglio ricordarvi alcune delle mie parole pronunciate nell'anno 1971, ve lo dico con calma, con assoluta tranquillità, io non ho la stoffa dell'apostolo né del messia. Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato. Ma stiano sicuri coloro che vogliono far regredire la storia e disconoscere la volontà maggioritaria del Cile; pur non essendo un martire, non retrocederò di un passo. Che lo sappiano, che lo sentano, che se lo mettano in testa: lascerò la Moneda nel momento in cui porterò a termine il mandato che il popolo mi ha dato, difenderò questa rivoluzione cilena e difenderò il Governo perchè è il mandato che il popolo mi ha affidato. Non ho alternative. Solo crivellandomi di colpi potranno fermare la volontà volta a portare a termine il programma del popolo. Se mi assassinano, il popolo seguirà la sua strada, seguirà il suo cammino, con la differenza forse che le cose saranno molto più dure, molto più violente, perché il fatto che questa gente non si fermi davanti a nulla sarà una lezione oggettiva molto chiara per le masse.

Io avevo messo in conto questa possibilità, non la offro né la facilito.

Il processo sociale non scomparirà se scompare un dirigente. Potrà ritardare, potrà prolungarsi, ma alla fine non potrà fermarsi.

Compagni, rimanete attenti alle informazioni nei vostri posti di lavoro, il compagno Presidente non abbandonerà il suo popolo né il suo posto di lavoro. Rimarrò qui nella Moneda anche a costo della mia propria vita.

In questi momenti passano gli aerei. Potrebbero mitragliarci. Ma sappiate che noi siamo qui, almeno con il nostro esempio, che in questo paese ci sono uomini che sanno tener fede ai loro obblighi. Io lo farò su mandato del popolo e su mandato cosciente di un Presidente che ha dignità dell'incarico assegnatogli dal popolo in elezioni libere e democratiche.

In nome dei più sacri interessi del popolo, in nome della Patria, mi appello a voi per dirvi di avere fede. La storia non si ferma né con la repressione né con il crimine. Questa è una tappa che sarà superata. Questo è un momento duro e difficile: è possibile che ci schiaccino. Ma il domani sarà del popolo, sarà dei lavoratori. L'umanità avanza verso la conquista di una vita migliore.

Pagherò con la vita la difesa dei principi cari a questa Patria. Coloro i quali non hanno rispettato i loro impegni saranno coperti di vergogna per essere venuti meno alla parola data e ha rotto la dottrina delle Forze Armate.

Il popolo deve stare in allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, né deve lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le proprie conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il proprio sforzo una vita degna e migliore.

Sicuramente questa sarà l'ultima opportunità in cui posso rivolgermi a voi. La Forza Aerea ha bombardato le antenne di Radio Magallanes. Le mie parole non contengono amarezza bensì disinganno. Che siano esse un castigo morale per coloro che hanno tradito il giuramento: soldati del Cile, comandanti in capo titolari, l'ammiraglio Merino, che si è autodesignato comandante dell'Armata, oltre al signor Mendoza, vile generale che solo ieri manifestava fedeltà e lealtà al Governo, e che si è anche autonominato Direttore Generale dei carabinieri. Di fronte a questi fatti non mi resta che dire ai lavoratori: Non rinuncerò!

Trovandomi in questa tappa della storia, pagherò con la vita la lealtà al popolo. E vi dico con certezza che il seme affidato alla coscienza degna di migliaia di Cileni, non potrà essere estirpato completamente. Hanno la forza, potranno sottometterci, ma i processi sociali non si fermano né con il crimine né con la forza. La storia è nostra e la fanno i popoli.

Lavoratori della mia Patria: voglio ringraziarvi per la lealtà che avete sempre avuto, per la fiducia che avete sempre riservato ad un uomo che fu solo interprete di un grande desiderio di giustizia, che giurò di rispettare la Costituzione e la Legge, e cosi fece. In questo momento conclusivo, l'ultimo in cui posso rivolgermi a voi, voglio che traiate insegnamento dalla lezione: il capitale straniero, l'imperialismo, uniti alla reazione, crearono il clima affinché le Forze Armate rompessero la tradizione, quella che gli insegnò il generale Schneider e riaffermò il comandante Ayala, vittime dello stesso settore sociale che oggi starà aspettando, con aiuto straniero, di riconquistare il potere per continuare a difendere i loro profitti e i loro privilegi.

Mi rivolgo a voi, soprattutto alla modesta donna della nostra terra, alla contadina che credette in noi, alla madre che seppe della nostra preoccupazione per i bambini. Mi rivolgo ai professionisti della Patria, ai professionisti patrioti che continuarono a lavorare contro la sedizione auspicata dalle associazioni di professionisti, dalle associazioni classiste che difesero anche i vantaggi di una società capitalista.

Mi rivolgo alla gioventù, a quelli che cantarono e si abbandonarono all'allegria e allo spirito di lotta. Mi rivolgo all'uomo del Cile, all'operaio, al contadino, all'intellettuale, a quelli che saranno perseguitati, perché nel nostro paese il fascismo ha fatto la sua comparsa già da qualche tempo; negli attentati terroristi, facendo saltare i ponti, tagliando le linee ferroviarie, distruggendo gli oleodotti e i gasdotti, nel silenzio di coloro che avevano l'obbligo di procedere.

Erano d'accordo. La storia li giudicherà.

Sicuramente Radio Magallanes sarà zittita e il metallo tranquillo della mia voce non vi giungerà più. Non importa. Continuerete a sentirla. Starò sempre insieme a voi. Perlomeno il mio ricordo sarà quello di un uomo degno che fu leale con la Patria.

Il popolo deve difendersi ma non sacrificarsi. Il popolo non deve farsi annientare né crivellare, ma non può nemmeno umiliarsi.

Lavoratori della mia Patria, ho fede nel Cile e nel suo destino. Altri uomini supereranno questo momento grigio e amaro in cui il tradimento pretende di imporsi. Sappiate che, più prima che poi, si apriranno di nuovo i grandi viali per i quali passerà l'uomo libero, per costruire una società migliore.

Viva il Cile! Viva il popolo! Viva i lavoratori!

Queste sono le mie ultime parole e sono certo che il mio sacrificio non sarà invano, sono certo che, almeno, sarà una lezione morale che castigherà la fellonia, la codardia e il tradimento.

Il Barbiere di Nociglia
22-10-2010, 10:50
Cavolo... questa me la sono riletta sul serio.
Ricordo con commozione quei giorni. :ok:

sapevo che non ti sarebbe sfuggita
io non c'ero ancora
la sentii per la prima volta in tv (tradotta ovviamente)
mi commossi
incredibile pensare che siano le ultime parole di un Presidente che sa che sta per essere ucciso
questi sono gli eroi: chi difende la propria coerenza fino all'estremo, indipendentemente dall'idea che difende

moxa
22-10-2010, 11:44
http://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/1/1b/Stamp_Salvador_Allende.jpg

Raggio
22-10-2010, 14:36
complimenti Tony,
anche se non le hai espressamente scritte,
le tue emozioni si potevano percepire...
mi associo per la "valvola di sfogo"...

un rigraziamento a bart,cava,basman e il barbiere per avermi riempito di lettura l'intera pausa...adesso ci vuole una sigaretta...

Bart
22-10-2010, 14:43
sapevo che non ti sarebbe sfuggita
io non c'ero ancora
la sentii per la prima volta in tv (tradotta ovviamente)
mi commossi
incredibile pensare che siano le ultime parole di un Presidente che sa che sta per essere ucciso
questi sono gli eroi: chi difende la propria coerenza fino all'estremo, indipendentemente dall'idea che difende

Curioso: un post di tony finirà in fossa mentre lui ancora se ne domanda il motivo :vhappy1:

ziojack1340
22-10-2010, 17:31
Ho letto solo qualche riga di quanto scritto da Tony ( nun cia facce) e non consco i precedenti.....ma quando leggo certi vostri commenti, mi fate morire dal ridere :beer: Lunga vita al WC

Fuzdyna
22-10-2010, 17:38
Orchite
Infiammazione dei testicoli. L'orchite, che può essere causata da batteri o virus, può provocare la sterilità maschile. La causa virale più comune è la parotite (orecchioni). Solitamente, in questo caso si ha un'interruzione momentanea della produzione di spermatozoi; tuttavia, è possibile l'atrofia (diminuzione di volume) dei testicoli, che, invece, provoca sterilità irreversibile. Poiché non esistono terapie per questa malattia l'unica forma di prevenzione è vaccinare i bambini contro gli orecchioni. Le infiammazioni di origine batterica (che coinvolgono spesso anche l'epididimo, sicché si parla anche di epididimite o orchiepididimite) sono causate da infezioni provenienti soprattutto dalle vie urinarie e spesso sono la manifestazione di malattie sessualmente trasmissibili. Nei maschi sessualmente attivi, infatti, i batteri più spesso coinvolti sono la chlamydia, il gonococco e mycoplasma, mentre nei bambini e negli anziani sono più comuni escherichia coli, proteus, psudomonas, enterococchi. Solitamente, all'origine della malattia ci sono una cistite (infezione della vescica), un'uretrite (infiammazione dell'uretra, che è il canale che porta l'urina dalla vescica all'esterno del corpo) o una prostatite (infiammazione della prostata, che è una ghiandola che produce una parte dello sperma), che a loro volta possono essere dovute a molti fattori. Nei casi in cui non c'è trasmissione sessuale l'infezione può essere causata da anomalie congenite (cioè malformazioni presenti dalla nascita) dell'uretra o da problemi alla prostata, oppure da esami strumentali o manovre chirurgiche effettuate (ad esempio cateteri, esami endoscopici). Le infiammazioni acute (che insorgono improvvisamente e si sviluppano in un tempo molto breve) si manifestano con dolore al testicolo e rigonfiamento o senso di pesantezza dello scroto, spesso accompagnati da forte bruciore nell'urinare e talvolta da dolore anche durante i rapporti sessuali e l'eiaculazione. Spesso, però, questi sintomi non sono presenti e ciò le rende particolarmente pericolose: se non vengono curate per tempo e, soprattutto, se diventano croniche (cioè durano a lungo) si possono avere danni permanenti alla fertilità. Per la diagnosi si eseguono analisi cliniche finalizzate alla ricerca del microrganismo responsabile dell'infezione (analisi delle urine con urinocultura, tampone uretrale per clamidia e gonococco). La terapia è eseguita essenzialmente con farmaci (antibiotici). Si consiglia visita andrologica.

hdmorgan
22-10-2010, 17:53
Quel ramo del lago di Como , che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un'ampia costiera dall'altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all'occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l'Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l'acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni. La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l'uno detto di san Martino, l'altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talché non è chi, al primo vederlo, purché sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l'ossatura de' due monti, e il lavoro dell'acque. Il lembo estremo, tagliato dalle foci de' torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna. Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d'oggi, e che s'incammina a diventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, que1 borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l'onore d'alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell'estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l'uve, e alleggerire a' contadini le fatiche della vendemmia. Dall'una all'altra di quelle terre, dall'alture alla riva, da un poggio all'altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti: e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di que1 vasto e variato specchio dell'acqua; di qua lago, chiuso all'estremità o piùttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l'acqua riflette capovolti, co' paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra' monti che l'accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch'essi nell'orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que' vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d'intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v'era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l'ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell'altre vedute.
Per una di queste stradicciole , tornava bel bello dalla passeggiata verso casa, sulla sera del giorno 7 novembre dell'anno 1628, don Abbondio, curato d'una delle terre accennate di sopra: il nome di questa, né il casato del personaggio, non si trovan nel manoscritto, né a questo luogo né altrove. Diceva tranquillamente il suo ufizio, e talvolta, tra un salmo e l'altro, chiudeva il breviario, tenendovi dentro, per segno, l'indice della mano destra, e, messa poi questa nell'altra dietro la schiena, proseguiva il suo cammino, guardando a terra, e buttando con un piede verso il muro i ciottoli che facevano inciampo nel sentiero: poi alzava il viso, e, girati oziosamente gli occhi all'intorno, li fissava alla parte d'un monte, dove la luce del sole già scomparso, scappando per i fessi del monte opposto, si dipingeva qua e là sui massi sporgenti, come a larghe e inuguali pezze di porpora. Aperto poi di nuovo il breviario, e recitato un altro squarcio, giunse a una voltata della stradetta, dov'era solito d'alzar sempre gli occhi dal libro, e di guardarsi dinanzi: e così fece anche quel giorno. Dopo la voltata, la strada correva diritta, forse un sessanta passi, e poi si divideva in due viottole, a foggia d'un ipsilon: quella a destra saliva verso il monte, e menava alla cura: l'altra scendeva nella valle fino a un torrente; e da questa parte il muro non arrivava che all'anche del passeggiero. I muri interni delle due viottole, in vece di riunirsi ad angolo, terminavano in un tabernacolo, sul quale eran dipinte certe figure lunghe, serpeggianti, che finivano in punta, e che, nell'intenzion dell'artista, e agli occhi degli abitanti del vicinato, volevan dir fiamme; e, alternate con le fiamme, cert'altre figure da non potersi descrivere, che volevan dire anime del purgatorio: anime e fiamme a color di mattone, sur un fondo bigiognolo, con qualche scalcinatura qua e là. Il curato, voltata la stradetta, e dirizzando, com'era solito, lo sguardo al tabernacolo, vide una cosa che non s'aspettava, e che non avrebbe voluto vedere. Due uomini stavano , l'uno dirimpetto all'altro, al confluente, per dir così, delle due viottole: un di costoro, a cavalcioni sul muricciolo basso, con una gamba spenzolata al di fuori, e l'altro piede posato sul terreno della strada; il compagno, in piedi, appoggiato al muro, con le braccia incrociate sul petto. L'abito, il portamento, e quello che, dal luogo ov'era giunto il curato, si poteva distinguer dell'aspetto, non lasciavan dubbio intorno alla lor condizione. Avevano entrambi intorno al capo una reticella verde, che cadeva sull'omero sinistro, terminata in una gran nappa, e dalla quale usciva sulla fronte un enorme ciuffo: due lunghi mustacchi arricciati in punta: una cintura lucida di cuoio, e a quella attaccate due pistole: un piccol corno ripieno di polvere, cascante sul petto, come una collana: un manico di coltellaccio che spuntava fuori d'un taschino degli ampi e gonfi calzoni: uno spadone, con una gran guardia traforata a lamine d'ottone, congegnate come in cifra, forbite e lucenti: a prima vista si davano a conoscere per individui della specie de' bravi.
Questa specie, ora del tutto perduta, era allora floridissima in Lombardia, e già molto antica. Chi non ne avesse idea, ecco alcuni squarci autentici, che potranno darne una bastante de' suoi caratteri principali, degli sforzi fatti per ispegnerla, e della sua dura e rigogliosa vitalità.
Fino dall'otto aprile dell'anno 1583, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo signor don Carlo d'Aragon, Principe di Castelvetrano, Duca di Terranuova, Marchese d'Avola, Conte di Burgeto, grande Ammiraglio, e gran Contestabile di Sicilia, Governatore di Milano e Capitan Generale di Sua Maestà Cattolica in Italia, pienamente informato della intollerabile miseria in che è vivuta e vive questa città di Milano, per cagione dei bravi e vagabondi, pubblica un bando contro di essi. Dichiara e diffinisce tutti coloro essere compresi in questo bando, e doversi ritenere bravi e vagabondi à i quali, essendo forestieri o del paese, non hanno esercizio alcuno, od avendolo, non lo fanno... ma, senza salario, o pur con esso, s'appoggiano a qualche cavaliere o gentiluomo, officiale o mercante... per fargli spalle e favore, o veramente, come si può presumere, per tendere insidie ad altri... A tutti costoro ordina che, nel termine di giorni sei, abbiano a sgomberare il paese, intima la galera a' renitenti, e dà a tutti gli ufiziali della giustizia le più stranamente ampie e indefinite facoltà, per l'esecuzione dell'ordine. Ma, nell'anno seguente, il 12 aprile, scorgendo il detto signore, che questa Città è tuttavia piena di detti bravi... tornati a vivere come prima vivevano, non punto mutato il costume loro, né scemato il numero, dà fuori un'altra grida, ancor più vigorosa e notabile, nella quale, tra l'altre ordinazioni, prescrive:
Che qualsivoglia persona, così di questa Città, come forestiera, che per due testimonj consterà esser tenuto, e comunemente riputato per bravo, et aver tal nome, ancorché non si verifichi aver fatto delitto alcuno... per questa sola riputazione di bravo, senza altri indizj, possa dai detti giudici e da ognuno di loro esser posto alla corda et al tormento, per processo informativo... et ancorché non confessi delitto alcuno, tuttavia sia mandato alla galea, per detto triennio, per la sola opinione e nome di bravo, come di sopra. Tutto ciò, e il di più che si tralascia, perché Sua Eccellenza è risoluta di voler essere obbedita da ognuno.
All'udir parole d'un tanto signore, così gagliarde e sicure, e accompagnate da tali ordini, viene una gran voglia di credere che, al solo rimbombo di esse, tutti i bravi siano scomparsi per sempre. Ma la testimonianza d'un signore non meno autorevole, né meno dotato di nomi, ci obbliga a credere tutto il contrario. E' questi l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signor Juan Fernandez de Velasco, Contestabile di Castiglia, Cameriero maggiore di Sua Maestà, Duca della Città di Frias, Conte di Haro e Castelnovo, Signore della Casa di Velasco, e di quella delli sette Infanti di Lara, Governatore dello Stato di Milano, etc. Il 5 giugno dell'anno 1593, pienamente informato anche lui di quanto danno e rovine sieno... i bravi e vagabondi, e del pessimo effetto che tal sorta di gente, fa contra il ben pubblico, et in delusione della giustizia, intima loro di nuovo che, nel termine di giorni sei, abbiano a sbrattare il paese, ripetendo a un dipresso le prescrizioni e le minacce medesime del suo predecessore. Il 23 maggio poi dell'anno 1598, informato, con non poco dispiacere dell'animo suo, che... ogni dì più in questa Città e Stato va crescendo il numero di questi tali (bravi e vagabondi), né di loro, giorno e notte, altro si sente che ferite appostatamente date, omicidii e ruberie et ogni altra qualità di delitti, ai quali si rendono più facili, confidati essi bravi d'essere aiutati dai capi e fautori loro,... prescrive di nuovo gli stessi rimedi, accrescendo la dose, come s'usa nelle malattie ostinate. Ognuno dunque, conchiude poi, onninamente si guardi di contravvenire in parte alcuna alla grida presente, perché, in luogo di provare la clemenza di Sua Eccellenza, proverà il rigore, e l'ira sua... essendo risoluta e determinata che questa sia l'ultima e perentoria monizione.
Non fu però di questo parere l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Pietro Enriquez de Acevedo, Conte di Fuentes, Capitano, e Governatore dello Stato di Milano; non fu di questo parere, e per buone ragioni. Pienamente informato della miseria in che vive questa Città e Stato per cagione del gran numero di bravi che in esso abbonda... e risoluto di totalmente estirpare seme tanto pernizioso, dà fuori, il 5 decembre 1600, una nuova grida piena anch'essa di severissime comminazioni, con fermo proponimento che, con ogni rigore, e senza speranza di remissione, siano onninamente eseguite.
Convien credere però che non ci si mettesse con tutta quella buona voglia che sapeva impiegare nell'ordir cabale, e nel suscitar nemici al suo gran nemico Enrico IV; giacché, per questa parte, la storia attesta come riuscisse ad armare contro quel re il duca di Savoia, a cui fece perder più d'una città; come riuscisse a far congiurare il duca di Biron, a cui fece perder la testa; ma, per ciò che riguarda quel seme tanto pernizioso de' bravi, certo è che esso continuava a germogliare, il 22 settembre dell'anno 1612. In quel giorno l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Giovanni de Mendozza, Marchese de la Hynojosa, Gentiluomo etc., Governatore etc., pensò seriamente ad estirparlo. A quest'effetto, spedì a Pandolfo e Marco Tullio Malatesti, stampatori regii camerali, la solita grida, corretta ed accresciuta, perché la stampassero ad esterminio de' bravi. Ma questi vissero ancora per ricevere, il 24 decembre dell'anno 1618, gli stessi e più forti colpi dall'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Don Gomez Suarez de Figueroa, Duca di Feria, etc., Governatore etc. Però, non essendo essi morti neppur di quelli, l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, il Signor Gonzalo Fernandez di Cordova, sotto il cui governo accadde la passeggiata di don Abbondio, s'era trovato costretto a ricorreggere e ripubblicare la solita grida contro i bravi, il giorno 5 ottobre del 1627, cioè un anno, un mese e due giorni prima di quel memorabile avvenimento.
Né fu questa l'ultima pubblicazione; ma noi delle posteriori non crediamo dover far menzione, come di cosa che esce dal periodo della nostra storia. Ne accenneremo soltanto una del 13 febbraio dell'anno 1632, nella quale l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Signore, el Duque de Feria, per la seconda volta governatore, ci avvisa che le maggiori sceleraggini procedono da quelli che chiamano bravi. Questo basta ad assicurarci che, nel tempo di cui noi trattiamo, c'era de' bravi tuttavia.
Che i due descritti di sopra stessero ivi ad aspettar qualcheduno, era cosa troppo evidente; ma quel che più dispiacque a don Abbondio fu il dover accorgersi, per certi atti, che l'aspettato era lui. Perché, al suo apparire, coloro s'eran guardati in viso, alzando la testa, con un movimento dal quale si scorgeva che tutt'e due a un tratto avevan detto: è lui; quello che stava a cavalcioni s'era alzato, tirando la sua gamba sulla strada; l'altro s'era staccato dal muro; e tutt'e due gli s'avviavano incontro. Egli, tenendosi sempre il breviario aperto dinanzi, come se leggesse, spingeva lo sguardo in su, per ispiar le mosse di coloro; e, vedendoseli venir proprio incontro, fu assalito a un tratto da mille pensieri. Domandò subito in fretta a se stesso, se, tra i bravi e lui, ci fosse qualche uscita di strada, a destra o a sinistra; e gli sovvenne subito di no. Fece un rapido esame, se avesse peccato contro qualche potente, contro qualche vendicativo; ma, anche in quel turbamento, il testimonio consolante della coscienza lo rassicurava alquanto: i bravi però s'avvicinavano, guardandolo fisso. Mise l'indice e il medio della mano sinistra nel collare, come per raccomodarlo; e, girando le due dita intorno al collo, volgeva intanto la faccia all'indietro, torcendo insieme la bocca, e guardando con la coda dell'occhio, fin dove poteva, se qualcheduno arrivasse; ma non vide nessuno. Diede un'occhiata, al di sopra del muricciolo, ne' campi: nessuno; un'altra più modesta sulla strada dinanzi; nessuno, fuorché i bravi. Che fare? tornare indietro, non era a tempo: darla a gambe, era lo stesso che dire, inseguitemi, o peggio. Non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro, perché i momenti di quell'incertezza erano allora così penosi per lui, che non desiderava altro che d'abbreviarli. Affrettò il passo, recitò un versetto a voce più alta, compose la faccia a tutta quella quiete e ilarità che poté, fece ogni sforzo per preparare un sorriso; quando si trovò a fronte dei due galantuomini, disse mentalmente: ci siamo; e si fermò su due piedi.
- Signor curato, - disse un di que' due, piantandogli gli occhi in faccia.
- Cosa comanda? - rispose subito don Abbondio, alzando i suoi dal libro, che gli restò spalancato nelle mani, come sur un leggìo.
- Lei ha intenzione, - proseguì l'altro, con l'atto minaccioso e iracondo di chi coglie un suo inferiore sull'intraprendere una ribalderia, - lei ha intenzione di maritar domani Renzo Tramaglino e Lucia Mondella!
- Cioè... - rispose, con voce tremolante, don Abbondio: - cioè. Lor signori son uomini di mondo, e sanno benissimo come vanno queste faccende. Il povero curato non c'entra: fanno i loro pasticci tra loro, e poi... e poi, vengon da noi, come s'anderebbe a un banco a riscotere; e noi... noi siamo i servitori del comune.
- Or bene, - gli disse il bravo, all'orecchio, ma in tono solenne di comando, - questo matrimonio non s'ha da fare, né domani, né mai.
- Ma, signori miei, - replicò don Abbondio, con la voce mansueta e gentile di chi vuol persuadere un impaziente, - ma, signori miei, si degnino di mettersi ne' miei panni. Se la cosa dipendesse da me,... vedon bene che a me non me ne vien nulla in tasca...
- Orsù, - interruppe il bravo, - se la cosa avesse a decidersi a ciarle, lei ci metterebbe in sacco. Noi non ne sappiamo, né vogliam saperne di più. Uomo avvertito... lei c'intende.
- Ma lor signori son troppo giusti, troppo ragionevoli...
- Ma, - interruppe questa volta l'altro compagnone, che non aveva parlato fin allora, - ma il matrimonio non si farà, o... - e qui una buona bestemmia, - o chi lo farà non se ne pentirà, perché non ne avrà tempo, e... - un'altra bestemmia.
- Zitto, zitto, - riprese il primo oratore: - il signor curato è un uomo che sa il viver del mondo; e noi siam galantuomini, che non vogliam fargli del male, purché abbia giudizio. Signor curato, l'illustrissimo signor don Rodrigo nostro padrone la riverisce caramente.
Questo nome fu, nella mente di don Abbondio, come, nel forte d'un temporale notturno, un lampo che illumina momentaneamente e in confuso gli oggetti, e accresce il terrore. Fece, come per istinto, un grand'inchino, e disse: - se mi sapessero suggerire...
- Oh! suggerire a lei che sa di latino! - interruppe ancora il bravo, con un riso tra lo sguaiato e il feroce. - A lei tocca. E sopra tutto, non si lasci uscir parola su questo avviso che le abbiam dato per suo bene; altrimenti... ehm... sarebbe lo stesso che fare quel tal matrimonio. Via, che vuol che si dica in suo nome all'illustrissimo signor don Rodrigo?
- Il mio rispetto...
- Si spieghi meglio!
-... Disposto... disposto sempre all'ubbidienza -. E, proferendo queste parole, non sapeva nemmen lui se faceva una promessa, o un complimento. I bravi le presero, o mostraron di prenderle nel significato più serio.
- Benissimo, e buona notte, messere, - disse l'un d'essi, in atto di partir col compagno. Don Abbondio, che, pochi momenti prima, avrebbe dato un occhio per iscansarli, allora avrebbe voluto prolungar la conversazione e le trattative. - Signori... - cominciò, chiudendo il libro con le due mani; ma quelli, senza più dargli udienza, presero la strada dond'era lui venuto, e s'allontanarono, cantando una canzonaccia che non voglio trascrivere. Il povero don Abbondio rimase un momento a bocca aperta, come incantato; poi prese quella delle due stradette che conduceva a casa sua, mettendo innanzi a stento una gamba dopo l'altra, che parevano aggranchiate. Come stesse di dentro, s'intenderà meglio, quando avrem detto qualche cosa del suo naturale, e de' tempi in cui gli era toccato di vivere.
Don Abbondio (il lettore se n'è già avveduto) non era nato con un cuor di leone. Ma, fin da' primi suoi anni, aveva dovuto comprendere che la peggior condizione, a que' tempi, era quella d'un animale senza artigli e senza zanne, e che pure non si sentisse inclinazione d'esser divorato. La forza legale non proteggeva in alcun conto l'uomo tranquillo, inoffensivo, e che non avesse altri mezzi di far paura altrui. Non già che mancassero leggi e pene contro le violenze private. Le leggi anzi diluviavano; i delitti erano enumerati, e particolareggiati, con minuta prolissità; le pene, pazzamente esorbitanti e, se non basta, aumentabili, quasi per ogni caso, ad arbitrio del legislatore stesso e di cento esecutori; le procedure, studiate soltanto a liberare il giudice da ogni cosa che potesse essergli d'impedimento a proferire una condanna: gli squarci che abbiam riportati delle gride contro i bravi, ne sono un piccolo, ma fedel saggio. Con tutto ciò, anzi in gran parte a cagion di ciò, quelle gride, ripubblicate e rinforzate di governo in governo, non servivano ad altro che ad attestare ampollosamente l'impotenza de' loro autori; o, se producevan qualche effetto immediato, era principalmente d'aggiunger molte vessazioni a quelle che i pacifici e i deboli già soffrivano da' perturbatori, e d'accrescer le violenze e l'astuzia di questi. L'impunità era organizzata, e aveva radici che le gride non toccavano, o non potevano smovere. Tali eran gli asili, tali i privilegi d'alcune classi, in parte riconosciuti dalla forza legale, in parte tollerati con astioso silenzio, o impugnati con vane proteste, ma sostenuti in fatto e difesi da quelle classi, con attività d'interesse, e con gelosia di puntiglio. Ora, quest'impunità minacciata e insultata, ma non distrutta dalle gride, doveva naturalmente, a ogni minaccia, e a ogni insulto, adoperar nuovi sforzi e nuove invenzioni, per conservarsi. Così accadeva in effetto; e, all'apparire delle gride dirette a comprimere i violenti, questi cercavano nella loro forza reale i nuovi mezzi più opportuni, per continuare a far ciò che le gride venivano a proibire. Potevan ben esse inceppare a ogni passo, e molestare l'uomo bonario, che fosse senza forza propria e senza protezione; perché, col fine d'aver sotto la mano ogni uomo, per prevenire o per punire ogni delitto, assoggettavano ogni mossa del privato al volere arbitrario d'esecutori d'ogni genere. Ma chi, prima di commettere il delitto, aveva prese le sue misure per ricoverarsi a tempo in un convento, in un palazzo, dove i birri non avrebber mai osato metter piede; chi, senz'altre precauzioni, portava una livrea che impegnasse a difenderlo la vanità e l'interesse d'una famiglia potente, di tutto un ceto, era libero nelle sue operazioni, e poteva ridersi di tutto quel fracasso delle gride. Di quegli stessi ch'eran deputati a farle eseguire, alcuni appartenevano per nascita alla parte privilegiata, alcuni ne dipendevano per clientela; gli uni e gli altri, per educazione, per interesse, per consuetudine, per imitazione, ne avevano abbracciate le massime, e si sarebbero ben guardati dall'offenderle, per amor d'un pezzo di carta attaccato sulle cantonate. Gli uomini poi incaricati dell'esecuzione immediata, quando fossero stati intraprendenti come eroi, ubbidienti come monaci, e pronti a sacrificarsi come martiri, non avrebber però potuto venirne alla fine, inferiori com'eran di numero a quelli che si trattava di sottomettere, e con una gran probabilità d'essere abbandonati da chi, in astratto e, per così dire, in teoria, imponeva loro di operare. Ma, oltre di ciò, costoro eran generalmente de' più abbietti e ribaldi soggetti del loro tempo; l'incarico loro era tenuto a vile anche da quelli che potevano averne terrore, e il loro titolo un improperio. Era quindi ben naturale che costoro, in vece d'arrischiare, anzi di gettar la vita in un'impresa disperata, vendessero la loro inazione, o anche la loro connivenza ai potenti, e si riservassero a esercitare la loro esecrata autorità e la forza che pure avevano, in quelle occasioni dove non c'era pericolo; nell'opprimer cioè, e nel vessare gli uomini pacifici e senza difesa.
L'uomo che vuole offendere, o che teme, ogni momento, d'essere offeso, cerca naturalmente alleati e compagni. Quindi era, in que' tempi, portata al massimo punto la tendenza degl'individui a tenersi collegati in classi, a formarne delle nuove, e a procurare ognuno la maggior potenza di quella a cui apparteneva. Il clero vegliava a sostenere e ad estendere le sue immunità, la nobiltà i suoi privilegi, il militare le sue esenzioni. I mercanti, gli artigiani erano arrolati in maestranze e in confraternite, i giurisperiti formavano una lega, i medici stessi una corporazione. Ognuna di queste piccole oligarchie aveva una sua forza speciale e propria; in ognuna l'individuo trovava il vantaggio d'impiegar per sé, a proporzione della sua autorità e della sua destrezza, le forze riunite di molti. I più onesti si valevan di questo vantaggio a difesa soltanto; gli astuti e i facinorosi ne approfittavano, per condurre a termine ribalderie, alle quali i loro mezzi personali non sarebber bastati, e per assicurarsene l'impunità. Le forze però di queste varie leghe eran molto disuguali; e, nelle campagne principalmente, il nobile dovizioso e violento, con intorno uno stuolo di bravi, e una popolazione di contadini avvezzi, per tradizione famigliare, e interessati o forzati a riguardarsi quasi come sudditi e soldati del padrone, esercitava un potere, a cui difficilmente nessun'altra frazione di lega avrebbe ivi potuto resistere.
Il nostro Abbondio non nobile, non ricco, coraggioso ancor meno, s'era dunque accorto, prima quasi di toccar gli anni della discrezione, d'essere, in quella società, come un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare in compagnia di molti vasi di ferro. Aveva quindi, assai di buon grado, ubbidito ai parenti, che lo vollero prete. Per dir la verità, non aveva gran fatto pensato agli obblighi e ai nobili fini del ministero al quale si dedicava: procacciarsi di che vivere con qualche agio, e mettersi in una classe riverita e forte, gli eran sembrate due ragioni più che sufficienti per una tale scelta. Ma una classe qualunque non protegge un individuo, non lo assicura, che fino a un certo segno: nessuna lo dispensa dal farsi un suo sistema particolare. Don Abbondio, assorbito continuamente ne' pensieri della propria quiete, non si curava di que' vantaggi, per ottenere i quali facesse bisogno d'adoperarsi molto, o d'arrischiarsi un poco. Il suo sistema consisteva principalmente nello scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in quelli che non poteva scansare. Neutralità disarmata in tutte le guerre che scoppiavano intorno a lui, dalle contese, allora frequentissime, tra il clero e le podestà laiche, tra il militare e il civile, tra nobili e nobili, fino alle questioni tra due contadini, nate da una parola, e decise coi pugni, o con le coltellate. Se si trovava assolutamente costretto a prender parte tra due contendenti, stava col più forte, sempre però alla retroguardia, e procurando di far vedere all'altro ch'egli non gli era volontariamente nemico: pareva che gli dicesse: ma perché non avete saputo esser voi il più forte? ch'io mi sarei messo dalla vostra parte. Stando alla larga da' prepotenti, dissimulando le loro soverchierie passeggiere e capricciose, corrispondendo con sommissioni a quelle che venissero da un'intenzione più seria e più meditata, costringendo, a forza d'inchini e di rispetto gioviale, anche i più burberi e sdegnosi, a fargli un sorriso, quando gl'incontrava per la strada, il pover'uomo era riuscito a passare i sessant'anni, senza gran burrasche.
Non è però che non avesse anche lui il suo po' di fiele in corpo; e quel continuo esercitar la pazienza, quel dar così spesso ragione agli altri, que' tanti bocconi amari inghiottiti in silenzio, glielo avevano esacerbato a segno che, se non avesse, di tanto in tanto, potuto dargli un po' di sfogo, la sua salute n'avrebbe certamente sofferto. Ma siccome v'eran poi finalmente al mondo, e vicino a lui, persone ch'egli conosceva ben bene per incapaci di far male, così poteva con quelle sfogare qualche volta il mal umore lungamente represso, e cavarsi anche lui la voglia d'essere un po' fantastico, e di gridare a torto. Era poi un rigido censore degli uomini che non si regolavan come lui, quando però la censura potesse esercitarsi senza alcuno, anche lontano, pericolo. Il battuto era almeno almeno un imprudente; l'ammazzato era sempre stato un uomo torbido. A chi, messosi a sostener le sue ragioni contro un potente, rimaneva col capo rotto, don Abbondio sapeva trovar sempre qualche torto; cosa non difficile, perché la ragione e il torto non si dividon mai con un taglio così netto, che ogni parte abbia soltanto dell'una o dell'altro. Sopra tutto poi, declamava contro que' suoi confratelli che, a loro rischio, prendevan le parti d'un debole oppresso, contro un soverchiatore potente. Questo chiamava un comprarsi gl'impicci a contanti, un voler raddirizzar le gambe ai cani; diceva anche severamente, ch'era un mischiarsi nelle cose profane, a danno della dignità del sacro ministero. E contro questi predicava, sempre però a quattr'occhi, o in un piccolissimo crocchio, con tanto più di veemenza, quanto più essi eran conosciuti per alieni dal risentirsi, in cosa che li toccasse personalmente. Aveva poi una sua sentenza prediletta, con la quale sigillava sempre i discorsi su queste materie: che a un galantuomo, il qual badi a sé, e stia ne' suoi panni, non accadon mai brutti incontri.
Pensino ora i miei venticinque lettori che impressione dovesse fare sull'animo del poveretto, quello che s'è raccontato. Lo spavento di que' visacci e di quelle parolacce, la minaccia d'un signore noto per non minacciare invano, un sistema di quieto vivere, ch'era costato tant'anni di studio e di pazienza, sconcertato in un punto, e un passo dal quale non si poteva veder come uscirne: tutti questi pensieri ronzavano tumultuariamente nel capo basso di don Abbondio. «Se Renzo si potesse mandare in pace con un bel no, via; ma vorrà delle ragioni; e cosa ho da rispondergli, per amor del cielo? E, e, e, anche costui è una testa: un agnello se nessun lo tocca, ma se uno vuol contraddirgli... ih! E poi, e poi, perduto dietro a quella Lucia, innamorato come... Ragazzacci, che, per non saper che fare, s'innamorano, voglion maritarsi, e non pensano ad altro; non si fanno carico de' travagli in che mettono un povero galantuomo. Oh povero me! vedete se quelle due figuracce dovevan proprio piantarsi sulla mia strada, e prenderla con me! Che c'entro io? Son io che voglio maritarmi? Perché non son andati piùttosto a parlare... Oh vedete un poco: gran destino è il mio, che le cose a proposito mi vengan sempre in mente un momento dopo l'occasione. Se avessi pensato di suggerir loro che andassero a portar la loro imbasciata...» Ma, a questo punto, s'accorse che il pentirsi di non essere stato consigliere e cooperatore dell'iniquità era cosa troppo iniqua; e rivolse tutta la stizza de' suoi pensieri contro quell'altro che veniva così a togliergli la sua pace. Non conosceva don Rodrigo che di vista e di fama, né aveva mai avuto che far con lui, altro che di toccare il petto col mento, e la terra con la punta del suo cappello, quelle poche volte che l'aveva incontrato per la strada. Gli era occorso di difendere, in più d'un'occasione, la riputazione di quel signore, contro coloro che, a bassa voce, sospirando, e alzando gli occhi al cielo, maledicevano qualche suo fatto: aveva detto cento volte ch'era un rispettabile cavaliere. Ma, in quel momento gli diede in cuor suo tutti que' titoli che non aveva mai udito applicargli da altri, senza interrompere in fretta con un oibò. Giunto, tra il tumulto di questi pensieri, alla porta di casa sua, ch'era in fondo del paesello, mise in fretta nella toppa la chiave, che già teneva in mano; aprì, entrò, richiuse diligentemente; e, ansioso di trovarsi in una compagnia fidata, chiamò subito: - Perpetua! Perpetua! -, avviandosi pure verso il salotto, dove questa doveva esser certamente ad apparecchiar la tavola per la cena. Era Perpetua, come ognun se n'avvede, la serva di don Abbondio: serva affezionata e fedele, che sapeva ubbidire e comandare, secondo l'occasione, tollerare a tempo il brontolìo e le fantasticaggini del padrone, e fargli a tempo tollerar le proprie, che divenivan di giorno in giorno più frequenti, da che aveva passata l'età sinodale dei quaranta, rimanendo celibe, per aver rifiutati tutti i partiti che le si erano offerti, come diceva lei, o per non aver mai trovato un cane che la volesse, come dicevan le sue amiche.
- Vengo, - rispose , mettendo sul tavolino, al luogo solito, il fiaschetto del vino prediletto di don Abbondio, e si mosse lentamente; ma non aveva ancor toccata la soglia del salotto, ch'egli v'entrò, con un passo così legato, con uno sguardo così adombrato, con un viso così stravolto, che non ci sarebbero nemmen bisognati gli occhi esperti di Perpetua, per iscoprire a prima vista che gli era accaduto qualche cosa di straordinario davvero.
- Misericordia! cos'ha, signor padrone?
- Niente, niente, - rispose don Abbondio, lasciandosi andar tutto ansante sul suo seggiolone.
- Come, niente? La vuol dare ad intendere a me? così brutto com'è? Qualche gran caso è avvenuto.
- Oh, per amor del cielo! Quando dico niente, o è niente, o è cosa che non posso dire.
- Che non può dir neppure a me? Chi si prenderà cura della sua salute? Chi le darà un parere?...
- Ohimè! tacete, e non apparecchiate altro: datemi un bicchiere del mio vino.
- E lei mi vorrà sostenere che non ha niente! - disse Perpetua, empiendo il bicchiere, e tenendolo poi in mano, come se non volesse darlo che in premio della confidenza che si faceva tanto aspettare.
- Date qui, date qui, - disse don Abbondio, prendendole il bicchiere, con la mano non ben ferma, e votandolo poi in fretta, come se fosse una medicina.
- Vuol dunque ch'io sia costretta di domandar qua e là cosa sia accaduto al mio padrone? - disse Perpetua, ritta dinanzi a lui, con le mani arrovesciate sui fianchi, e le gomita appuntate davanti, guardandolo fisso, quasi volesse succhiargli dagli occhi il segreto.
- Per amor del cielo! non fate pettegolezzi, non fate schiamazzi: ne va... ne va la vita!
- La vita!
- La vita.
- Lei sa bene che, ogni volta che m'ha detto qualche cosa sinceramente, in confidenza, io non ho mai...
- Brava! come quando...
Perpetua s'avvide d'aver toccato un tasto falso; onde, cambiando subito il tono, - signor padrone, - disse, con voce commossa e da commovere, - io le sono sempre stata affezionata; e, se ora voglio sapere, è per premura, perché vorrei poterla soccorrere, darle un buon parere, sollevarle l'animo...
Il fatto sta che don Abbondio aveva forse tanta voglia di scaricarsi del suo doloroso segreto, quanta ne avesse Perpetua di conoscerlo; onde, dopo aver respinti sempre più debolmente i nuovi e più incalzanti assalti di lei, dopo averle fatto più d'una volta giurare che non fiaterebbe, finalmente, con molte sospensioni, con molti ohimè, le raccontò il miserabile caso. Quando si venne al nome terribile del mandante, bisognò che Perpetua proferisse un nuovo e più solenne giuramento; e don Abbondio, pronunziato quel nome, si rovesciò sulla spalliera della seggiola, con un gran sospiro, alzando le mani, in atto insieme di comando e di supplica, e dicendo: - per amor del cielo!
- Delle sue! - esclamò Perpetua. - Oh che birbone! oh che soverchiatore! oh che uomo senza timor di Dio!
- Volete tacere? o volete rovinarmi del tutto?
- Oh! siam qui soli che nessun ci sente. Ma come farà, povero signor padrone?
- Oh vedete, - disse don Abbondio, con voce stizzosa: - vedete che bei pareri mi sa dar costei! Viene a domandarmi come farò, come farò; quasi fosse lei nell'impiccio, e toccasse a me di levarnela.
- Ma! io l'avrei bene il mio povero parere da darle; ma poi...
- Ma poi, sentiamo.
- Il mio parere sarebbe che, siccome tutti dicono che il nostro arcivescovo è un sant'uomo, e un uomo di polso, e che non ha paura di nessuno, e, quando puç fare star a dovere un di questi prepotenti, per sostenere un curato, ci gongola; io direi, e dico che lei gli scrivesse una bella lettera, per informarlo come qualmente...
- Volete tacere? volete tacere? Son pareri codesti da dare a un pover'uomo? Quando mi fosse toccata una schioppettata nella schiena, Dio liberi! l'arcivescovo me la leverebbe?
- Eh! le schioppettate non si dànno via come confetti: e guai se questi cani dovessero mordere tutte le volte che abbaiano! E io ho sempre veduto che a chi sa mostrare i denti, e farsi stimare, gli si porta rispetto; e, appunto perché lei non vuol mai dir la sua ragione, siam ridotti a segno che tutti vengono, con licenza, a...
- Volete tacere?
- Io taccio subito; ma è però certo che, quando il mondo s'accorge che uno, sempre, in ogni incontro, è pronto a calar le...
- Volete tacere? E' tempo ora di dir codeste baggianate?
- Basta: ci penserà questa notte; ma intanto non cominci a farsi male da sé, a rovinarsi la salute; mangi un boccone.
- Ci penserò io, - rispose, brontolando, don Abbondio: - sicuro; io ci penserò, io ci ho da pensare - E s'alzò, continuando: - non voglio prender niente; niente: ho altra voglia: lo so anch'io che tocca a pensarci a me. Ma! la doveva accader per l'appunto a me.
- Mandi almen giù quest'altro gocciolo, - disse Perpetua, mescendo. - Lei sa che questo le rimette sempre lo stomaco.
- Eh! ci vuol altro, ci vuol altro, ci vuol altro. Così dicendo prese il lume, e, brontolando sempre: - una piccola bagattella! a un galantuomo par mio! e domani com'andrà? - e altre simili lamentazioni, s'avviò per salire in camera. Giunto su la soglia, si voltò indietro verso Perpetua, mise il dito sulla bocca, disse, con tono lento e solenne : - per amor del cielo! -, e disparve.

TonyTheDuke
23-10-2010, 16:16
La questione si chiude quà,sennò alla fine posterete tutta la Divina Commedia al completo e non è questo il senso del mio post.
Vabbè m'avete preso per il culo (e che dè na cosa nova ? NONEEEE,fetenti che non siete altro) e sapete bene che ci stò sempre,in fondo è una dimostrazione di affetto anche questo.
Comunque se devo dire la verità,dovendo scegliere tra le cose che avete postato quella del Barbiere mi ha molto colpito,non avevo mai avuto occasione di leggerla.
Statevi bene,scemotti (eccone un altra,con grande amore sia chiaro) mo me ne vado dallo studio (lo stò smontando,ma questa e' un'altra storia),ci si rileggerà lunedi,

BUON FINE SETTIMANA ! ! :happy6::beer::happy4:

Tony

gru-nt
23-10-2010, 16:28
Se cerchi un po' tra mulo, youtube od altro, la potrai anche ascoltare dalla viva voce di Allende, coi rumori di battaglia che vengono da fuori..

Gianpy
23-10-2010, 16:30
Tony...ma ti fai le canne???