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springer 94
15-03-2005, 09:03
visto che volevi qualcosa di interesante ... adesso lo leggi tutto e me lo commenti http://www.webchapter.it/smiles/happy4.gif http://www.webchapter.it/smiles/happy4.gif http://www.webchapter.it/smiles/happy4.gif http://www.webchapter.it/smiles/happy4.gif


Enrico Fermi



Cento anni fa nasceva lo scienziato che fece entrare il mondo nell'era atomica. Con un solo scopo: il progresso della scienza.

Dalla torre della Columbia University a New York, che dominava tutta Manhattan, in un giorno del febbraio 1939 un uomo si soffermò a guardare la vita che brulicava nel più affollato centro del mondo occidentale. Unì le mani a coppa e disse: "Una bombetta così e sparirebbe tutto". L'uomo era Enrico Fermi. Era sbarcato negli Stati Uniti con la moglie Laura e i figli Nella e Giulio, appena un mese prima, il 2 gennaio. L'emanazione delle leggi razziali, che prima o poi avrebbero colpito sua moglie, ebrea, l'avevano convinto a lasciare l'Italia. L'occasione si era presentata a dicembre, quando Fermi seppe dall'Accademia delle Scienze di Svezia di aver vinto il premio Nobel per la fisica. Partì da Roma con la famiglia alla volta di Stoccolma e dopo la cerimonia del Nobel, invece di tornare in patria, si imbarcò sul transatlantico Franconia per raggiungere gli Stati Uniti. Erano gli ultimi giorni del 1938, nessuno al mondo sospettava che l'energia nucleare sarebbe stata così a portata di mano. Ma solo un mese dopo sulla lavagna dell'Istituto di Fisica della Columbia comparve il primo, rozzo disegno di una bomba atomica. Cos'era mai accaduto? La strada che condusse alla bomba atomica iniziò ai primi del Novecento, con la definizione della radioattivitÃ* da parte di Marie Curie. Questo fenomeno inizialmente misterioso cominciò a essere compreso sempre più in dettaglio grazie alle esperienze della figlia di Marie Curie, Irène, col marito Frédéric Joliot (anche essi premi Nobel). Nel 1932 Irène e Frédéric Joliot-Curie avevano mostrato che utilizzando particelle del nucleo atomico (i neutroni) come dei proiettili da scagliare contro gli atomi era possibile creare la radioattivitÃ* artificiale, facendo cioè diventare radioattive sostanze neutre. La scoperta spinse molti ricercatori europei ad approfondire il fenomeno. Fra questi c'erano i "ragazzi di via Panisperna", un gruppo di fisici diretti da Enrico Fermi all'UniversitÃ* di Roma, che verso la fine del 1934 cominciarono a bombardare atomi di uranio con i neutroni. Il loro obiettivo era di creare nuove sostanze radioattive, ma osservando i risultati degli esperimenti si resero conto di trovarsi davanti a fenomeni inspiegabili. Come ricordava il premio Nobel Emilio Segrè, uno dei "ragazzi" di Fermi, con quegli esperimenti fu ottenuta a via Panisperna la prima fissione dell'atomo, cioè la prima reazione nucleare della storia. Ma nessuno se ne rese conto. "Si aveva l'impressione", scrisse successivamente Segrè, "che ci dovesse essere sotto un mistero, ma naturalmente non si sapeva in che cosa consistesse". A nascondere la veritÃ* fu un foglio di alluminio utilizzato durante gli esperimenti, senza il quale, probabilmente, sarebbe stata l'Italia di Mussolini a raggiungere per prima l'energia atomica, con cinque anni di anticipo. L'esperimento di via Panisperna non finì però nel nulla: l'atomo stava per svelare il suo segreto più terribile. "Hitler non avrÃ* la bomba atomica". Pochi giorni prima del Natale del 1938 il fisico tedesco Otto Hahn al Kaiser Wilhelm Institut di Berlino aveva ottenuto la prima reazione di fissione (cioè di scissione) nucleare in laboratorio. Bombardando un atomo di uranio con neutroni si era accorto che tra i prodotti della reazione si trovavano atomi di massa molto inferiore all'uranio. Evidentemente l'uranio si era spaccato più o meno in due originando atomi più piccoli. Non solo, ma poiché gli atomi finali avevano complessivamente meno neutroni dell'atomo di uranio, la reazione avrebbe prodotto anche un "surplus" di neutroni e un'immensa energia ottenuta dalla trasformazione della materia, come Albert Einstein aveva predetto trent'anni prima con la fatidica formula E = mc2. Dopo l'esperimento Hahn, consapevole delle possibili conseguenze delle sue ricerche, radunò i suoi collaboratori e disse loro: "Voi non costruirete mai una bomba atomica. Se Hitler riesce ad avere in mano un'arma del genere, io mi suicido". In questo fu aiutato dal fatto che lo stesso Führer non aveva una grande stima di lui e giudicava quasi con disprezzo le sue ricerche. La notizia dell'esperimento però non rimase confinata tra i muri del laboratorio: lo stesso Hahn decise di informarne il mondo libero. Per non destare sospetti illustrò l'esperimento in una lettera che spedì a una sua ex allieva, la scienziata austriaca Lise Meitner, in esilio a Stoccolma. La Meitner ne parlò a sua volta al suo assistente e nipote Otto Frisch, giunto a trascorrere le vacanze di Natale dalla zia, il quale infine tornò a Copenaghen per sottoporre il risultato al grande fisico danese Niels Bohr, lo scienziato che per primo aveva formulato la teoria sulla struttura dell'atomo. Era il 3 gennaio 1939 e Bohr era in partenza per gli Stati Uniti, invitato a un seminario di fisica. E così il segreto sulla fissione dell'atomo attraversò l'Atlantico. Bohr arrivò a New York il 16 gennaio e fu accolto sulla banchina da Enrico e Laura Fermi. Quella sera stessa, a un seminario a Princeton, l'universitÃ* dove insegnava Einstein, i maggiori fisici americani furono messi al corrente del raggiungimento della fissione nucleare. "L'universitÃ*", come disse il fisico Leo Szilard, un ungherese riparato come tanti altri fisici ebrei negli Usa, "assomigliava a un formicaio in subbuglio". L'intuizione della reazione a catena. Il 29 gennaio dello stesso anno, tre settimane dopo il suo arrivo negli Stati Uniti, Enrico Fermi formulò la prima teoria sulla possibilitÃ* di ottenere energia atomica dalla fissione dell'atomo. A Roma, Fermi e il suo gruppo avevano osservato che rallentando i neutroni con l'acqua (nella fattispecie quella della vasca dei pesci rossi nel cortile dell'Istituto di Fisica) il loro potere collisionatore aumentava invece di ridursi. Fu la scoperta dei neutroni lenti, chiave delle reazioni di fissione dell'atomo. Senza accorgersene Fermi ottenne così la prima scissione dell'atomo. Nel 1934 questa ipotesi sembrava fantascientifica. "Non avevamo avuto abbastanza immaginazione", disse poi lo scienziato italiano, "per capire che con l'uranio un processo di disintegrazione nucleare avrebbe potuto essere completamente diverso da quelli ottenuti con qualsiasi altro elemento". Ma ora, a New York, dopo essere stato messo al corrente dei risultati di Otto Hahn, Fermi ricompose il mosaico. "Ci vuole un neutrone", disse "per dividere un atomo di uranio. Ammettiamo che la mia ipotesi sia esatta e che, dividendosi, un atomo di uranio emetta due neutroni: si avrebbero così altri neutroni senza doverli produrre. È dunque pensabile che essi colpiscano atomi di uranio, scatenando la fissione e facendo emettere a ciascuno due neutroni. A questo punto i neutroni sarebbero quattro e dividerebbero quattro atomi. Un altro passo e potrebbero diventare otto. Insomma, con pochi neutroni da noi prodotti per bombardare un certo quantitativo di uranio potremmo produrre una serie di reazioni che continuerebbe da sola". Non si trattava ora che di riprodurre l'esperimento di Hahn e vedere se effettivamente l'uranio bombardato con neutroni si comportava in questo modo. Per questo compito Fermi riunì alla Columbia University i maggiori specialisti dell'uranio: Leo Szilard, Herbert Anderson e il canadese Walter Zinn. Questo sarebbe stato il quartetto leader che nel giro di tre anni avrebbe portato alla realizzazione della prima pila atomica (2 dicembre 1942) e dopo altri due anni alla prima bomba atomica. A marzo (sempre del 1939) fu tutto chiaro. Nella reazione di fissione dell'uranio ogni atomo colpito produceva due neutroni, esattamente come Fermi aveva previsto. Szilard disse: "c'erano ben pochi dubbi che fossimo diretti verso mete dolorose". Ma non si limitò a pensarlo. E procurò a Fermi un appuntamento con un ammiraglio dello Stato maggiore della Marina americana, Stanford Hooper. Gelidamente annunciato come "uno spaghetti", Fermi presentò a Hooper i risultati, sentendosi rispondere soltanto frasi di circostanza.D'altra parte chi era questo italiano, anche se premio Nobel, che parlava di "uranio usato come un esplosivo capace di liberare milioni di volte più energia di quasiasi esplosivo conosciuto?" Era il 16 marzo 1939. Il transatlantico di Bohr era attraccato al porto di New York soltanto due mesi prima. Ma poi tutto prese a rallentare. Mentre Fermi cominciava gli esperimenti per trasformare queste idee in realtÃ*, l'instancabile Szilard si riprese dallo smacco subito dallo Stato maggiore della Marina e decise di puntare più in alto: al vertice del potere. Il 2 agosto insieme a Wigner e Teller andò a trovare Einstein, che si trovava in vacanza a Long Island, e lo persuase a scrivere una lettera, poi diventata celebre, al presidente Roosevelt. "Recenti ricerche", scrisse Einstein al presidente, "mi spingono a credere che con l'uranio, in un prossimo avvenire, si potranno concepire bombe di nuovo tipo e di estrema potenza...". Roosevelt riuscì a leggere la lettera di Einstein soltanto l'11 ottobre, dopo incredibili acrobazie diplomatiche di Szilard. E disse: "Qui bisogna fare in modo che i nazisti non facciano saltare in aria noi. È necessario agire". Neanche un anno dopo la scoperta di Otto Hahn a Berlino l'ipotesi della fattibilitÃ* di una bomba atomica era di dominio pubblico nella comunitÃ* mondiale dei fisici, anche perché le riviste scientifiche internazionali pubblicavano i lavori sulla fissione nucleare e anche lo scienziato più sprovveduto sarebbe riuscito a fare due più due. Via al Progetto Manhattan. In Germania, nonostante le reticenze di Hahn, il fisico Paul Harteck ne aveva informato il Ministero della Guerra giÃ* il 29 aprile 1939. In Giappone, il generale e ingegnere Takeo Yasuda si mise al lavoro nella primavera del 1940. Gli Stati Uniti iniziarono a sovvenzionare gli esperimenti di Fermi alla Columbia all'inizio del 1940. Il problema principale consisteva nel realizzare l'elemento che avrebbe dovuto rallentare i neutroni e che Fermi individuò nella grafite. Poi nel 1941 il gruppo si trasferì a Chicago, dove esisteva un laboratorio avanzato di ricerche sull'uranio, diretto dal fisico Arthur Compton. All'epoca un'eventuale minaccia nucleare nei confronti degli Stati Uniti giungeva soltanto da Hitler. Ma il 7 dicembre 1941 i giapponesi distrussero Pearl Harbour... Nei primi mesi del 1942 gli Stati Uniti decisero di intensificare le ricerche e i finanziamenti sull'energia nucleare. Fermi si era ormai trasferito a Chicago, per costruire la prima pila atomica, cioè la prima sorgente di energia nucleare controllata. Nell'estate di quell'anno, prima che si sapesse se la pila avrebbe funzionato, Roosevelt avviò il progetto per la costruzione della bomba, il celebre "Progetto Manhattan". A differenza della pila, in cui tutto è rivolto a tenere sotto controllo la produzione di energia nucleare, evitando che la reazione a catena diventi incontrollabile, nella bomba accade il contrario: bisogna rendere talmente incontrollato il processo da farlo diventare esplosivo. Il 2 dicembre 1942 la pila di Fermi, chiamata CP1 (Chicago Pile 1), entrò in funzione nello Stagg Field dell'UniversitÃ* di Chicago. Era costituita da uranio e ossido di uranio insieme a blocchi di grafite. L'elemento moderatore della reazione era rappresentato da barre di cadmio, in grado di assorbire i neutroni prodotti nella reazione. Alle 14 e 20 la barra di controllo fu estratta, per dare avvio alla reazione nucleare. Fermi lesse gli strumenti e con il tono più calmo possibile annunciò: "La reazione a catena è iniziata". Uno dei colleghi di Fermi, Eugen Wigner, tirò fuori un fiasco di Chianti e tutti bevvero in silenzio. Poi firmarono sulla paglia del fiasco. "È stato più difficile trovare del vino italiano a Chicago in quegli anni che realizzare la pila atomica", commentò poi Wigner. Appena la pila atomica si mise in funzione, Arthur Compton informò l'ufficio di Roosevelt del successo con la frase in codice "Il navigatore italiano è arrivato nel nuovo mondo". "E come si comportano gli indigeni [cioè gli atomi, ndr]?" chiesero all'altro capo del filo. "Molto bene" rispose Compton. E il mondo ebbe una nuova fonte di energia. Uno scienziato fino in fondo. Nel frattempo il Progetto Manhattan entrava nel vivo. Il responsabile militare del progetto, il generale Leslie Groves e il suo direttore, il fisico Robert Oppenheimer, scelsero come sede una mesa, un altopiano a 2100 metri nel New Mexico, dove sorgeva una scuola maschile battezzata Los Alamos. Per tutti gli altri sarebbe rimasta nota come LocalitÃ* Y: come indirizzo, la casella postale 1663 di Santa Fe. L'assoluta segretezza imponeva che perfino le seimila persone che vi lavoravano cambiassero la propria identitÃ*. Niels Bohr, per esempio, divenne Nick Barker, Enrico Fermi si tramutò in Eugene Farmer e fu messo a capo della Divisione F, cioè la Divisione Fermi. Una divisione senza compiti precisi, specializzata nell'aiutare tutte le altre divisioni, grazie all'eccezionale capacitÃ* di Fermi e al suo modo fulmineo di impadronirsi dei nuovi problemi e risolverli. Questo gruppo eccezionale di fisici (Fermi, Emilio Segrè, Bruno Benedetto Rossi, Edward Teller, Eugen Wigner, James Chadwick, John von Neumann, Hans Bethe, Viktor Weisskopf, Niels Bohr, Ernest Orlando Lawrence e Arthur Compton, otto dei quali premi Nobel) lavorava a due progetti distinti: la bomba all'uranio e quella al plutonio. Infatti, non era ancora ben chiaro quale sarebbe stato il combustibile ideale per la bomba: l'uranio-235 o il plutonio-238. Per questo motivo a Los Alamos si fabbricarono due bombe diverse: quella all'uranio, nome in codice "Little Boy", sarebbe poi stata sganciata su Hiroshima; quella al plutonio, "Fat Man", su Nagasaki. A mano a mano che il lavoro procedeva e il momento della prima esplosione atomica si avvicinava, l'agitazione degli scienziati di Los Alamos diveniva sempre più palpabile. L'unico a mantenere la sua proverbiale calma e la sua sdrammatizzante ironia era proprio Fermi. Qualche giorno prima dell'ora X si lanciò in una delle sue provocazioni scientifiche chiedendosi se la bomba avrebbe incendiato anche l'atmosfera distruggendo la Terra. "In tal caso", disse tranquillamente, "avremo comunque raggiunto un risultato scientifico, dimostrando che un'esplosione atomica non è possibile". Agli occhi di Fermi tutto il lavoro di Los Alamos consisteva in un gigantesco esperimento scientifico. E nel giorno fatidico, il 16 luglio 1945, quando la prima esplosione nucleare della storia squarciò il cielo della pianura di Jornada del Muerto (Il cammino del morto), non pronunciò alcun commento che non riguardasse gli aspetti tecnici della bomba. Oppenheimer mormorò alcuni versi di un poema sacro indù, Segrè pensò all'apocalisse, altri fisici fecero commenti sulla violenza dell'esplosione e sul futuro dell'umanitÃ*. Fermi era impegnato a calcolare empiricamente, gettando in aria dei pezzetti di carta, lo spostamento d'aria e quindi la potenza della bomba e si immerse talmente nei suoi conti che, come disse Laura, "non avvertì neppure il tremendo rumore dello scoppio". Soltanto alla sera, tornando a Los Alamos dal sito dell'esplosione, per la prima volta in vita sua non riuscì a guidare. Neppure dopo le esplosioni di Hiroshima e Nagasaki Enrico Fermi commentò pubblicamente quell'evento. Scrisse Laura Fermi nella biografia Atomi in famiglia: "Secondo Enrico cercare di arrestare il progresso scientifico non serve a nulla. Gli uomini devono accettare quanto la natura tiene in riserva per loro, qualunque cosa sia, anche se sgradevole e dolorosa, perché l'ignoranza non è mai migliore della conoscenza".

harleyindiano
15-03-2005, 09:04
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springer 94
15-03-2005, 09:05
Scritto da: harleyindiano 15/03/2005Â*10.04
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GiPe
15-03-2005, 09:10
Vuoi vedere che adesso la Harleyndiano motorcycle funzionerÃ* con la pila atomica! http://www.webchapter.it/smiles/happy4.gif http://www.webchapter.it/smiles/happy4.gif

springer 94
15-03-2005, 09:11
Scritto da: GiPe 15/03/2005Â*10.10
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stai a vedere che adesso gli abbiamo messo in testa qualche strana idea http://www.webchapter.it/smiles/claudyo2.gif http://www.webchapter.it/smiles/claudyo2.gif